« ... | Fra Cristoforo » |
Ecco, ed io gitto con grazia il cappello,
poscia comodamente, pian pianino,
mi libero del mio vasto mantello
che mi attabarra, e lo spadon sguaìno.
Di Celandone più gentil, più fino
di Scaramuccia al gioco dello stocco,
vi prevengo, mio caro paladino,
che giusto in fin della licenza io tocco.
Meglio v'era tacer, signor mio bello!
Dove t'infilzerò, dimmi, tacchino?
Sotto il giubbetto, al fianco, ti sbudello?
nel cuor, sotto l'azzurro cordoncino?
— Volteggia la mia punta: un moscerino!
Tintinnano le cocce, odi che schiocco!
Sì, certamente... in mezzo del pancino,
giusto alla fin della licenza io tocco!
Mentre io vò in cerca di una rima in ello...
tu rompi, bianco come un pannolino!
Vuoi forse darmi la parola: agnello?
— Tac! e la punta io paro onde il festino
ti pensavi di farmi, o malandrino! —
Ecco: t'apro la via, — chiudo lo sbocco...
Su, reggi bene, guattero, l'uncino!
Giusto alla fin della licenza io tocco.
Raccomàndati a Dio, bel principino!
Ecco: io m'inquarto, io paro, io fingo, io scocco...
Eh, là! prendi, piccino!
Giusto alla fin della licenza, ho tôcco.
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