Creato da gioa.boffa il 30/09/2012
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i calcoli biliari ed i calcoli urinari

Post n°7 pubblicato il 26 Maggio 2013 da gioa.boffa

ominciamo col capire come è fatto il fegato, la cistifellea (o colecisti ed altri annessi (vedere in figura 1 FEGATO E DINTORNI).  La funzione del fegato è quella di ripulire il materiale proveniente dalla digestione dalle sostanze tossiche presenti in detto materiale. Vi perviene trasportato dal sangue attraverso la vena porta. Il fegato, oltre a questa funzione ne ha anche altre tra cui, importantissima, la capacità di favorire la digestione tramite la bile (miscela di acqua, lecitina [=fosfolipidi], colesterolo ed altre sostanze, principalmente sali biliari). La bile si raccoglie in un sacchettino denominato cistifellea. Talvolta per una variazione della concentrazione dei componenti il secreto si insolubilzza formando una specie di sabbia che può crescere fino a perventre ai calcoli biliari.

La litiasi biliare comprende i calcoli delle vie biliari e della cistifellea. Questi ultimi sono visibili in figura 1 nell’ìimmagine CALCOLI ENTRO LA CISTIFELLEA. La’ formazione dei calcoli avviene proprio in questo organo che si può anche infettare ed infiammare e rompersi a cauasa di ostruzione. I calcoli possono essere costituiti da colesterolo puro o da sali biliari o da una loro miscela. I sali biliari ed i fosfolipidi in condizioni fisiologiche normali, incorporandolo, impediscono la precipitazione del colesterolo. Quando in condizioni patologiche il colesterolo si soprassatura può avvenire che precipiti.
I  calcoli presenti nel coledoco all’incrocio col dotto pancreatico, impedendo il libero sbocco intestinale (vedere immagine CALCOLI NEL COLEDOCO, etc. della figura 1), possono provocare l’ittero (colorazione giallastra della pelle dovuta ad aumento di bilirubina nel sangue) o la pancreatite acuta o cronica.D’altronde  pancreatite, con emissione di feci miste a grassi di origine alimentare non digeriti, può originarsi anche per calcoli prodotti dal pancreas stesso che ostruiscono il suo dotto. La funzione specifica dei sali biliari è quella di emulsificare i lipidi per abbassamento della loro tensione superficiale.  I lipidi possono essere conseguentemente attaccati dalla lipasi pancreatica. I sali biliari  sono sali di sodio o di potassio dell’acido colico o di suoi derivati (ad esempio l’acido desossicolico), di struttura simile al colesterolo, a loro volta combinati mediante legame ammidico) CO-NH con taurina H2N-CH2-CH2-SO3H o glicina H2N-CH2-COOH. Vedere le loro formule di struttura in figura 1 assieme a quella del colesterolo.

le immagini ed il seguito dell'articolo sono su http://boffa.blog.tiscali.it   molecole, che passione!  del 25.05.2013

 
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le molecole dell'amore

Post n°6 pubblicato il 02 Aprile 2013 da gioa.boffa

gli scienziati dicono che l'amore (quello tra i due sessi) è una tempesta biochimica, od anche un'emozione primordiale. Vediamo il perché. Intanto cominciamo a definire cosa sono i sessi. Il maschio è tale perché ha ereditato dal padre il cromosoma Y che, associato al cromosoma X ereditato dalla madre ne fa un maschio, appunto. Se avesse ereditato dal padre un cromosoma X sarebbe una femmina. Un cromosoma X, sia nel maschio che nella femmina, è sempre fornito dalla madre. Esistono anche delle anomalie, tra cui il supermaschio XYY, la femmina dalla sindrome XXX (probabilità 1/500, entrambi fertili), ed il maschio colla sindrome Klinefelter XXY, sterile, con probabilità 1/700). Quando nacque l'amore come noi lo intendiamo (cioè in senso romantico)? Gli scienziati hanno calcolato che dev'essere avvenuto circa 4 milioni di anni quando i partner del gioco, antenati africani della nostra specie, erano eretti e potevano guardarsi in faccia e l'aspetto e l'attrazione personale divennero fattori importanti per proseguire nella relazione. Ma l'amore di questi nostri primitivi antenati non durava tanto a lungo come (in generale) accade adesso. Nella savana quattro anni erano già troppi per completare le cure al rampollo che era il frutto della loro passione. Nuove diversificate avventure e nuovi figli avrebbero assicurato, istintivamente, il perpetuarsi della specie. Sarà per tale antico retaggio evoluzionistico che i picchi dei divorzi attuali si hanno al quarto anno di matrimonio, quando è già abbastanza grande il primo figlio, oppure al settimo anno quando è comparso e cresciuto anche il secondo. Malgrado ciò, la scienza con i suoi fondamenti evoluzionistici non è stata in grado finora di spiegare l'amore omosessuale che non produce alcuna prole. Il maschio si differenzia fisicamente dalla femmina perché durante la vita fetale entrano in azione gli ormoni androgeni, il più importante dei quali è il testosterone che ha la funzione di sviluppare i caratteri sessuali secondari maschili e successivamente di mantenerli ed ampliarli. La produzione dell'ormone avviene prevalentemente nei testicoli sotto l'azione dell'ipofisi (o ghiandola pituitaria), con gli intermedi chimici del processo, cioè GnRH = fattore di rilascio delle gonadotropine (Gonadotropin Releasing Hormone), LH = ormone gonadotropo luteinizzante, FSH = ormone follicolo stimolante. La produzione del testosterone viene stimolata dall'ormone ipofisario LH che a sua volta viene stimolato dal GnRH.

 

segue su http://boffa.blog.tiscali.it dello 01.04.2013

 
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artrite ed artrosi

Post n°5 pubblicato il 16 Febbraio 2013 da gioa.boffa

artrite ed artrosi sono due termini che si rassomigliano spesso nei sintomi, ma sono due cose concettualmente diverse. La prima è un'infiammazione di una o più articolazioni o per traumi o per infezioni o per disturbi del ricambio (gotta), la seconda è un assottigliamento delle cartilagini articolari con tentativi di autoriparazione, depositi di calcio e distrofie ossee. Se si approfondiscono le manifestazioni dei sintomi si trovano sostanziali differenze. I dolori artrosici si riducono se si riduce il movimento, quelli artritici sono insensibili al movimento e proseguono anche quando si è a letto. La rigidità negli artrosici è presente solo nelle forme gravi, mentre negli artritici è presente sempre, specialmente al mattino. Altro sintomo caratteristico dell'artrite è il gonfiore, che è raro nell'artrosi.

segue su http://boffa.blog.tiscali.it del 13.02.2013

 

 
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anche gli scienziati si sbagliano

Einstein, il rivoluzionario della scienza, il padre della relatività, si sbagliò perché non credette mai nei buchi neri (corpi celesti dotati di una forza di gravità talmente intensa che nemmeno i raggi luminosi riescono ad uscirne e che talvolta “divorano”l e stelle).  Eppure, erano stati previsti da altri scienziati manipolando proprio le sue equazioni. Oggi non c’è più dubbio: gli astronomi, anche se non vedono i buchi neri, li individuano per il fatto che fanno da lenti gravitazionali per certe stelle lontane e perché i dischi di accrescimento formati da nubi di gas che in essi precipitano emettono raggi X che possono essere captati da particolari telescopi. Einstein si sbagliò anche quando comparve la teoria di Werner Heisenberg secondo cui “non è possibile conoscere con precisione di una particella elementare velocità e posizione nello spazio” (principio di indeterminazione). Non gli andava giù soprattutto l’affermazione di Heisenberg che “gli atomi e le stesse particelle elementari non sono reali: costituiscono un mondo di potenzialità, più che un mondo di oggetti” (in questa frase è racchiusa l’essenza del gatto di Schrödinger che non si può sapere se è vivo o morto finché non si apre la scatola in cui è chiuso assieme ad un meccanismo su cui lui l’animale non può interferire che fa sprigionare un veleno letale, apribile a caso). Einstein a questa idea dei sostenitori degli stati quantistici sovrapposti che si separano solo quando arriva l’osservatore, controbatté: “Non riesco ad accettare la meccanica quantistica perché voglio credere che la luna sia là anche se io non la guardo”. A malincuore si ricredette in seguito; ma in cuor suo conservò sempre la speranza che qualcuno potesse dimostrare che questa incertezza fosse solo un limite umano. Non fu mai propenso a credere all’entanglement (intreccio inseparabile), stato quantico di due particelle spazialmente separate, come i due elettroni dello strato più esterno di un atomo con spin opposti (somiglianti a due trottole ruotanti in senso contrario con spin su e spin giù) perché solo in questo modo possono condividere la stessa orbita. Vedere in figura PARTICELLE A SPIN OPPOSTO e l’immagine di Einstein accanto a quella di Heisenberg. La teoria quantistica porta ad una conclusione difficilmente accettabile dalla nostra mente razionale: se una delle particelle cambia lo spin pure l’altra lo cambia (anche se si trova ad anni luce di distanza). Si avrebbe cioè un’azione a distanza istantanea che contraddirebbe con la teoria della relatività ristretta secondo cui nell’Universo la velocità massima raggiungibile è quella della luce (ed invece in questo caso l’informazione tra le due particelle viaggerebbe alla velocità del nostro pensiero). Questo paradosso fu indicato con la nomenclatura Epr dal nome dei tre scienziati Einstein, Podolsky e Rosen che lo formularono. Un caso analogo a quello dei due elettroni ruotanti attorno ad un nucleo aventi spin opposti, pure contestato da Einstein, è quello delle due particelle elettrone-positrone provenienti da una stessa sorgente aventi opposte direzioni di magnetizzazione. In base alla teoria dei quanti, indipendentemente dalla distanza alla quale si trovano le due particelle, facendo una misura su di una avremmo immediatamente anche la misura dell’altra. Un altro caso analogo è quello delle due particelle mesone-antimesone. Se cambia lo spin di uno cambia anche lo spin dell’altro indipendentemente dalla distanza a cui si trovano, analogamente al caso già indicato per l’elettrone. Adesso con la misura di un certo parametro S (inventato da John Stewart Bell, un fisico scozzese, nel 1964), operando proprio su di una coppia mesone-antimesone, alcuni scienziati facenti capo ad Apollo Go (Cern di Ginevra, Università di Formosa e Centro Kek in Giappone) hanno potuto stabilire con quasi assoluta certezza che la teoria quantistica dell’entanglement è giusta, malgrado il paradosso Epr: le particelle del mondo microscopico non sono separabili quando sono tra di loro correlate, ed è un errore voler considerare i due stati separatamente. Dobbiamo piuttosto combinare i due stati e trattare il risultato come quello di una particella singola.   Teoria dei quanti  Einstein sbagliava.htm
Altrettanto clamoroso fu l’errore del fisico inglese Fred Hoyle che in una trasmissione radiofonica definì ironicamente, perché non vi credeva, Big Bang (Grosso botto) l’esplosione che dette origine all’inizio dell’Universo secondo la teoria propugnata dal fisico americano George Gamow nel 1946. Ebbene, da allora in avanti, per ironia della sorte, l’immane esplosione di quella concentrazione dello spazio racchiusa in un punto, dimostratasi sempre più verosimile, venne chiamata Big Bang.
Vedere nella figura SIMULAZIONE DEL BIG BANG, etc tratta da The Big Bang in pictures Scientists produce computer images of particle explosions similar to the greatest galactic light show  Mail Online.htm.
Il grande Bohr si sbagliò quando affermò che i neutrini introdotti da Pauli erano implausibili e fece una nuova teoria, poi risultata sbagliata, per spiegare la violazione del principio della conservazione dell'energia e del momento angolare nei decadimenti radioattivi. Si dice che queste fantomatiche particelle furono introdotte da Pauli “per disperazione” per rispettare i principi suddetti; ma furono accettati dall’italiano Enrico Fermi che assieme a Pauli si può dire sia stato l'inventore del neutrino (particella neutra, con spin = 1/2, massa o nulla od estremamente piccola). Oggi il neutrino è una realtà tangibile.
Uscendo fuori dal campo della fisica teorica ed entrando in quello della scienza strettamente sperimentale, l'errore più frequente è quello dell'interpretazione di un esperimento. Vorrei raccontare una storiella, che tira in ballo una spia (chiedo scusa, nel nostro caso equivale ad uno scienziato) che vuole entrare in un castello fortemente sorvegliato (nel nostro caso il difficile oggetto della ricerca). La spia viene uccisa a causa di un suo errore. La guardia, che ha l'obbligo di ammazzare chiunque risponda sbagliando ad una certa parola d'ordine, dice “Ventiquattro!” Un individuo che vuole entrare risponde “Dodici!” e la guardia lo fa passare. Un secondo individuo chiede di entrare. La guardia dice “Dodici!” La risposta è “Sei” ed il nuovo richiedente può passare. Un terzo vuole pure entrare e la guardia dice “Dieci!” La risposta è “Cinque”. Tutto procede normalmente, perché anche quest'altro richiedente viene accettato per l'ingresso. Ad un altro successivo che vuole entrare la guardia dice “Otto”. La risposta è “Quattro”. Anche questo quarto ha l'accesso consentito. Anche un quinto può entrare, perché ha risposto “Tre” alla richiesta “Sei”. La spia adesso è sicura di sé. Si fa avanti. Gli viene chiesta la risposta di “Quattro!”. Lui con sicurezza risponde “Due”, ma viene fucilato. La risposta giusta sarebbe stata «Sette» poiché «Quattro» è un numero di sette cifre. (Non bisognava considerare il numero nel suo valore, ma il suo nome).
L’astronomo Schiaparelli nel 1877 col suo telescopio vide e descrisse i “canali” di Marte. Ciò poteva essere l’indizio che Marte fosse un pianeta abitato da esseri intelligenti, ed invece era solo un’illusione ottica. In verità Schiaparelli non parlava di canali artificiali, ma di linee di territorio colleganti zone che lui chiamava “mari”, come si può osservare in un’immagine della figura (ma oggi sappiamo che su Marte i mari non ci sono, ma solo ghiaccio, ai poli). Fu, tra gli altri, lo scienziato americano Percival Lowell che parlò di canali artificiali ed avanzò l’ipotesi che il pianeta fosse abitato da esseri intelligenti. Si trattava in ogni caso di errori dovuti a cattiva risoluzione delle immagini con conseguenti illusioni ottiche.
Galvani si sbagliò perché interpretò il movimento degli arti delle rane scuoiate ed attaccate ad un materiale bimetallico come dovuto ad un'elettricità prodotta dal corpo degli animali, ma per Volta l'elettricità era generata dai due conduttori di specie diversa a stretto contatto tra di loro, e le rane erano solo dei rivelatori di tale elettricità messa in evidenza dalle famose contrazioni muscolari. Ebbe ragione Volta. Tra i due ci furono dotte dispute che venivano recepite anche dal pubblico dell’epoca. Alla fine la ebbe vinta Volta.
Non meno importante fu l'errore di Edison, che, pur essendo stato nel 1982 il creatore della prima centrale elettrica non credette nella corrente alternata di Tesla, quella che poi si impose in tutto il mondo. Già, perché la corrente alternata di Tesla, tanto screditata da Edison, permetteva di salire di scala e fare grandi centrali che avrebbero trasmesso la corrente ad alto voltaggio per lunghe distanze, mentre per la sua corrente Edison avrebbe avuto bisogno di una centrale ogni pochi chilometri quadrati. Il ragionamento di Edison (ed anche di tanti altri scienziati degli anni '80 del secolo XIX) era anche quello che la corrente alternata non potesse essere utilizzata nei motori, perché si inverte 50 volte al secondo. Tesla, che era stato preceduto da altri studiosi della corrente alternata (tra cui un grande italiano, Pacinotti, che aveva inventato un indotto a forma di anello), risolse il problema e dimostrò che il ragionamento dei suoi avversari era sbagliato.
Ad Enrico Fermi va ascritta la scoperta della disintegrazione dell'uranio per bombardamento con neutroni rallentati; però lui inizialmente non si accorse  che si trattava di fissione, ed infatti non fu corretta la sua interpretazione della reazione. Non trovando tra i prodotti né l'attinio, né il protoattinio, né il torio (elementi noti con numero atomico Z vicino, ma inferiore a quello dell'uranio, che ha Z= 92) Fermi dedusse che i prodotti del bombardamento dovessero essere elementi transuranici con Z = 93, 94, etc. Il grande scienziato si era sbagliato! Ma sembra che sia stato tradito anche dalla fretta, perché era sotto sollecitazione di Orso Maria Corbino, fisico e politico fascista del Ventennio che spasimava per dare il nome ad uno degli elementi transuranici presunti: quel nome doveva essere “mussolinio”. Soprattutto per la scoperta dei transuranici Fermi ebbe il premio Nobel! La smentita venne dai tedeschi  Hahn e Strassmann che si accorsero che in detto bombardamento si rinveniva il bario a numero atomico 56. L. Meitner e R. Frisch interpretarono alla fine il processo come una spaccatura del nucleo e lo definirono fissione nucleare. In realtà studi successivi hanno dimostrato che con apposite reazioni nucleari si riesce a preparare elementi transuranici, difficili da studiare perché di vita estremamente breve, salvo il plutonio 239 di numero atomico 94 con tempo di dimezzamento di 24.000 anni.
John Herschel era stato maestro di Darwin ed autore di un famoso trattato di filosofia naturale, ma non credette mai nella teoria delle variazioni casuali (oggi diremmo le mutazioni del DNA) che sono alla base dell'evoluzione, permettendo la comparsa di nuove forme viventi. Secondo Herschel, Darwin non aveva nessuna spiegazione della fonte delle variazioni, per cui la sua teoria non era sufficiente per spiegare l'origine delle specie. Eppure oggi, dopo 150 anni circa dalla comparsa del libro di Darwin L'origine delle specie e dopo che il genoma di tanti individui è stato decifrato, abbiamo la certezza che i cambiamenti “spontanei” del DNA sono la causa delle mutazioni. Oggi sappiamo che, quando il genoma si trasmette dai genitori ai figli, numerose mutazioni hanno luogo. Tra queste c'è una piccola percentuale che può migliorare la specie, e la selezione spesso ne approfitta, mantenendola costante nelle generazioni successive. É la sequenza delle basi del DNA che fa la differenza tra i piselli rugosi e quelli lisci e tra i levrieri silhouette ed i levrieri massicci.
Nel 1903 lo studioso francese René Blondiot annunciò la scoperta di strani raggi da lui chiamati raggi N capaci di passare attraverso l'alluminio. Altri scienziati ne dimostrarono l'inesistenza.
Altro caso è quello di Cesare Lombroso, lo scienziato torinese che riteneva che il fisico di un individuo (testa piccola, fronte sfuggente, occhi assai mobili, ma soprattutto la forma del cranio), fosse la causa prevalente della criminalità. Malgrado le prove sperimentali addotte da Lombroso, la chiave di lettura, cioè “il delinquente nato”, non era quella giusta. Oggi si ritiene che la teoria di Lombroso, pur essendo stato decisivo il suo contributo alla riforma degli Istituti di pena, sia erronea. Semmai, per l’infermità mentale si guarda ad anomalie del cervello e non alla costituzione esteriore od all’aspetto del reo.
In tempi a noi più vicini (1988) un altro scienziato, il medico ed immunologo francese Jacques Benveniste, pubblicò un articolo su Nature in cui affermava che i basofili, una categoria di globuli bianchi, liberavano istamina se messi a contatto con acqua talmente diluita di allergene da essere praticamente esente da esso. Senza essere riuscito a spiegare il meccanismo dello straordinario fenomeno, l'Autore avanzò l'ipotesi che l'acqua avesse conservato memoria dell'allergene. Si parlò pertanto di “memoria dell'acqua”. Successivi esperimenti condotti da altri scienziati dimostrarono che la scoperta era fasulla e la smentita fu di nuovo pubblicata su Nature. Benveniste ed il suo team avevano condotto male gli esperimenti e tratto conclusioni non veritiere. Peccato che la scoperta non era vera: sarebbe bastato aggiungere degli anticorpi all’acqua e quest’ultima li avrebbe ricordati anche quando non c’erano più, per cui quest’acqua avrebbe continuato ad avere effetto biologico. Si sarebbero convalidate al cento per cento le ipotesi della medicina omeopatica

 

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il grafene ed il mondo in 2D

Post n°3 pubblicato il 08 Novembre 2012 da gioa.boffa

quando io andavo all'Università, si insegnava che il carbonio elementare esisteva in solo tre forme allotropiche: il carbone amorfo, la grafite ed il diamante. Ma quanta strada è stata fatta poi! Prima è venuto fuori il carbonio in fibre (da un polimero precursore, raion o poliacrilonitrile, che viene pirolizzato sotto stiro e poi grafitizzato in forma fibrosa). Oggi è di così largo impiego nella nautica, nell'aeronautica, nella missilistica. Poi sono comparsi i nanotubi di carbonio che stanno rivoluzionando la tecnologia. Ad essi ho già accennato in un precedente articolo avente proprio quel titolo (in Archivi di http://boffa.blog.tiscali.it, gennaio 2006) . Infine, il grafene. La scoperta di questa supersottile variante della grafite (avvenuta nel 2004) ha valso il premio Nobel 2010 per la fisica ai due professori Andre Geim e Konstantin Novoselov dell'Università di Manchester. Il grafene ha proprietà straordinarie: è completamente trasparente, è il migliore conduttore del calore tra i materiali conosciuti, ha una conduttività elettrica uguale a quella del rame, non è permeabile neppure ad un gas con molecola piccolissima come l'elio. Un metro quadrato di questo materiale teso su due lati sopporta un peso di 4 kg, pur pesando meno di un mg. Lo strato ha lo spessore di un atomo. È un parente prossimo dei nanotubi di carbonio, che si possono considerare costituti da grafene arrotolato, e del buckminsterfullerene, detto anche buckyball (sfera poliedrica a 60 atomi di carbonio). La sua struttura a nido d'ape è fatta di tanti esagoni contigui (vedere nella figura allegata). Occorrono 7 milioni di strati per fare lo spessore di 1 mm. La grafite è in realtà costituita da tantissimi strati di grafene sovrapposti (vedere immagine nella figura). Quando si scrive con una matita gli strati che si trovano sulla punta si sfaldano e sulla carta si trovano anche strati di grafene. In altre parole scrivendo con una matita produciamo anche grafene. Usando un mezzo di imaging sofisticato (qual’è il  microscopio a femtosecondi o microscopio 4D, detto così perché permette di vedere sia nello spazio che nel tempo) si è potuto osservare che i legami della grafite, sottoposti all'impatto di impulsi laser, sono elastici nella direzione perpendicolare ai piani degli atomi e che tendono a rassomigliare durante la compressione a quelli del grafene. Lo spessore del grafene è quello dell'atomo di carbonio più la nuvola elettronica delocalizzata tipica dei composti aromatici, cioè circa un quindicesimo di nanometro. Per avere informazioni sul microscopio 4D di cui è stato artefice, assieme ai suoi collaboratori, il premio Nobel Ahmed H. Zewail del California Institute of Technology, si veda sul Web l’articolo Microscopia in 4D per le scale atomiche - Le Scienze.htm. Un metodo pratico per produrre (in quantitativi di grammi) il grafene è la pirolisi a 1100 gradi centigradi dell'etossido di sodio seguita da un lavaggio con acqua. Qualcuno ha detto che è possibile preparare il grafene dalla grafite con la semplicissima tecnica dello scotch tape (nastro adesivo). Altri parlano della trasformazione della grafite in ossido e successiva riduzione con una sostanza aromatica solforata, il TTF, la cui formula è indicata in figura. Questo metodo è dell’Institute of Physical Chemistry of the Polish Academy of Sciences [Graphene  From any lab!.htm (giugno 2012)]. Altri fanno passare a bassa pressione e ad alta temperatura il gas metano su di un substrato di rame opportunamente pretrattato [pubblicazione del 17.10.2011 da parte dell’Università di California - Santa Barbara]. Ma altri sostengono che in linea generale la produzione del grafene attualmente non è né facile né affidabile e che non si conosce un metodo sicuro e su vasta scala per farlo nascere e crescere in forme idonee per i dispositivi che si vogliono creare. Vedere a questo proposito Graphene Repairs Holes By Knitting Itself Back Together, Say Physicists - Technology Review.htm [THE PHYSICS ARXIV BLOG del 10.07.2012, edito da MIT].
Una delle applicazioni del grafene è una nuova tecnica per il sequenziamento elettronico del DNA basata sulla proprietà che ha questo materiale di assorbirne - sotto l'azione di un campo elettrico - i filamenti nei suoi nanopori, e sulla risposta elettrica diversa delle 4 basi che compongono i filamenti. Ognuna delle basi ha infatti una specifica impronta digitale elettronica. Lo strato grafenico, ricoperto da un altro strato di biossido di titanio (per migliorarne le proprietà elettriche e meccaniche), viene interposto tra due camere contenenti una soluzione elettrolitica. Le molecole di DNA, aggiunte ad una delle due soluzioni, vengono sottoposte ad un campo elettrico passando attraverso un nanoporo allo stesso modo di un filo che passa attraverso la cruna di un ago e trovando una resistenza dovuta agli ioni che entrano contemporaneamente nei pori, e questa resistenza varia a seconda delle basi che lo compongono. Applicando una differenza di potenziale (dell’ordine dei 200 mV) attraverso la membrana di grafene, si osserva una serie di  picchi corrispondenti a cadute di conduttanza, ognuna delle quali determinata da una delle 4 basi (A, C, G e T) presenti nel DNA quando esso passa attraverso lo squarcio. In altre parole, dalla perdita di corrente che attraversa i pori si risale alle basi presenti nella catena di DNA. I pori vengono praticati sullo strato di grafene da un apposito fascio di elettroni [Graphene could revolutionize DNA sequencing - physicsworld_com.htm]. Pori di diametro al di sotto del nanometro molto adatti per il sequenziamento sono stati realizzati all’Università del Texas a Dallas [Sub-nanometer graphene nanopores for low-cost DNA sequencing  KurzweilAI.htm]. Vedere anche N. Lu, et al., In-situ studies on the shrinkage and expansion of graphene nanopores under electron beam irradiation at temperatures in the range of 400-1200°C, Carbon, 2012 riportato come riferimento nel precedente articolo. Ho posto l’immagine di un nanoporo visto al microscopio TEM tratta da Sub-nanometer graphene nanopores for low-cost DNA sequencing  KurzweilAI.htm. Circa il funzionamento del TEM (microscopio elettronico a trasmissione), il più comune dei microscopi elettronici, per una sua generica conoscenza si rimanda a How electron microscopes work A simple introduction.htm. Ci chiediamo a questo punto perché il grafene nanoporoso è il materiale ideale per la determinazione delle sequenze. Ciò è dovuto alla sua estrema sottigliezza. L’azoturo di silicio (che viene anche impiegato per supportare il grafene) può avere pori di uno spessore minimo da 10 a 100 volte quello della distanza tra due nucleotidi della catena del DNA (pertanto troppo larghi), cosa che, nel caso lo si usasse da solo per lo scopo, renderebbe praticamente impossibile determinare la sequenza del DNA in base alle variazioni registrate nella corrente elettrica.

segue su http://boffa.blog.tiscali.it novembre 2012

 

 
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