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Hugh Hefner se ne va a 91 anni e con lui un pezzo della nostra storia e del nostro costume. Una leggenda che nel 1953 cambiò la società, la concezione della sessualità e le visioni contorte dei bacchettoni, dei puritani e dei benpensanti. La donna nuda entrò di prepotenza nelle case di molti grazie alla rivista Playboy che chiese a Hefner un investimento minimo all'epoca, ma divenne subito un ricco strumento per scuotere il torpore di quegli anni immediatamente dopo la guerra. L'America si avviava ad essere fulcro e pilota dell'economia, delle novità assolute in tutti i campi e il resto del mondo era lì pronto a recepire tutto ciò che gli USA sfornavano. Così la storia si arricchì di nuovi mezzi di comunicazione, non solo cronaca e servizi utili alla comunità, ma riviste come Playboy che segnarono l'epocale svolta che oggi sappiamo essere stata propedeutica e utile all'attuale stato della nostra totale comunicazione sociale. Quella rivista non è stata più interessante dalla metà degli anni ottanta: dopo aver tracciato un percorso unico, cadde nel dimenticatoio tra polemiche e innovazioni. Non è un necrologio per l'uomo Hefner che ha vissuto trasgredendo con i suoi eccessi e le sue follie, è un riconoscimento a chi ha saputo segnare la storia della società. Riporto il giudizio di Giampiero Mughini su Playboy che mi sembra molto pertinente: "Uno dei giornali che hanno traslato la storia del mondo, un gran cazzotto in faccia all'idea che la vita dovesse essere rinuncia e sofferenza e che il bel vivere fosse robaccia di cui vergognarsi o da nascondere a tutti i costi". Volenti o nolenti, Playboy resterà una perenne testimonianza di come la società abbia avuto bisogno di scossoni per aggiornarsi e vivere nuove esperienze socio/culturali.