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Parole amichevoli e di verità.

 

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O Chiara clarissima,

sei per noi un chiaro esempio

di umiltà e santità.

Dona a noi il coraggio

di lasciare

tutto ciò che è del mondo

per seguire Cristo da vicino

come l'hai seguito tu

nella più grande povertà,

nella penitenza e nel digiuno,

fino ad uniformati

alle sue sembianze umane,

che tu sola hai potuto scorgere

nell'uomo fratello nostro,

nell'uomo della strada,

nell'uomo ammalato e sofferente.

In tutti hai visto il Cristo

che ha offerto la sua vita per noi.

Anche nelle povere

e semplici consorelle

hai avuto l'occasione e la capacità

di vedere l'amore grande di Cristo

per tutti gli uomini della terra.

Per tua intercessione,

fa' che abbandoniamo ogni cosa

per seguire il tuo esempio,

andando contro corrente,

e introdurci, così,

alla fine della nostra vita

nelle dimore eterne

dove tu già permani

per tutta l'eternità

Amen. E così sia.

Per Gesù e Maria.

 

 

 

IO CREDO

PROFESSIONE DI FEDE

 

Iniziamo a parlare di professione di fede secondo lo spirito della nuova liturgia eucaristica, che entrerà in vigore quanto prima, appena si potranno avere i testi del “Nuovo Messale”. Così come è accaduto per la pubblicazione dei “Nuovi Lezionari”, avverrà anche per il “Nuovo Messale”: lo si potrà usare appena si avranno in mano i testi ufficiali. I testi e il commento è prelevato da “A. M. Cànopi, Comm. Spir. al Rito della Messa.

 

«Quando, nella chiesa del mio villaggio, sento il Cre­do, esulto d'un entusiasmo interiore: mi sembra di as­sistere alla creazione del mondo... Ognuno dei suoi articoli, ognuna di queste gocce è vivificatrice e gene-ratrice in noi di luce, d'amore, di forza e di gioia» (Paul Claudel).

 

Iniziamo a parlare del “Primo Articolo della nostra fede”.

 

«Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili».

 

La professione di fede prende l'avvio da lontano, dall'immensità della vita divina, dall'eternità, facen­doci così percepire la sproporzione e nello stesso tempo (p. 47) l'inscindibile legame che esiste tra Dio e l'uomo: egli creatore, noi creature; egli onnipotente, noi fragi­li e deboli; egli eterno, noi mortali; tuttavia in comu­nione di vita.

 

Il Dio in cui crediamo ci pone davanti a un oriz­zonte che ci supera infinitamente: non si dovrebbero mai recitare queste parole del Credo senza lasciarsi in­vadere l'animo dei più puri sentimenti di santo timore e di gioioso stupore, come accadeva ai primi cristiani.

 

DISCORSI INUTILI

EVITARE I DISCORSI INUTILI

  1. «Per quanto possibile, stai lontano dall'agitarsi che fa la gente. Infatti, anche se vi si attende con purezza di intenzione, l'occuparsi delle faccende del mondo è un grosso impaccio, perché ben presto si viene inquinati dalle vanità, e fatti schiavi.
  2. Più di una volta vorrei essere stato zitto, e non essere andato in mezzo alla gente.
  3. Ma perché andiamo parlando e chiacchierando così volentieri con altri, anche se poi è raro che, quando torniamo a star zitti, non abbiamo qualche guasto alla coscienza? Parliamo così volentieri perché, con queste chiacchiere, cerchiamo di consolarci a vicenda, e speriamo di sollevare il nostro animo oppresso dai vari pensieri.
  4. Inoltre molto ci diletta discorrere e fantasticare delle cose che amiamo assai e che desideriamo, o di ciò che sembra contrastarci. Ma spesso purtroppo tutto questo è vano e inutile; giacché una simile consolazione esteriore va molto a scapito di quella interiore e divina.
  5. Non dobbiamo passare il nostro tempo in ozio, ma in vigilie e in orazioni; e, se possiamo o dobbiamo parlare, dire cose edificanti. Infatti, mentre il malvezzo e la trascuratezza del nostro progresso spirituale ci induce facilmente a tenere incustodita la nostra lingua, giova assai al nostro profitto interiore una devota conversione intorno alle cose dello spirito; tanto più quando ci si unisca, nel nome di Dio, a persone animate da pari spiritualità» (Imitazione di Cristo, c. X).

 

 

Le nostre relazioni affettive

Post n°57 pubblicato il 22 Dicembre 2009 da pasdgl10
 
Foto di pasdgl10

P.A.S.

Appunti

 

 

 

 

Le nostre posizioni egoistiche

devono cambiare.

 

Cosa stiamo facendo

alle nostre relazioni affettive?

 

Cos’è l’amore?

 

Cristo

è il rappresentante dell’amore.

 

 

 

Personale PAS

Per coloro che erano presenti

 

 

 

 

 

 

 

(22 dicembre 2009)

 

 

Le nostre posizioni egoistiche

devono cambiare.

 

Cosa stiamo facendo alle nostre relazioni affettive?

“«Guardati intorno», indicando la folla seduta nella sala sotto di noi. «Questo è il mondo reale. Laggiù vedi forse qualcuno che sta cambiando»?

Proprio mentre lo dicevo, da un tavolo all’estremità del salone si sentì un’esclamazione rabbiosa, una frase che non riuscii a capire ma che era stata abbastanza forte da zittire tutti i presen­ti. Dapprima pensai che si trattasse di un’altra rapina, ma mi accorsi ben presto che era solo una lite. Una donna sulla trenti­na si era alzata di scatto e fissava indignata l’uomo seduto davanti a lei.

«No», urlava. «La nostra relazione non va come volevo! Capisci? Non funziona affatto!».

Si ricompose, lanciò il tovagliolo sul tavolo e se ne andò.

… ci guardammo in faccia, sconvolti per il fatto che quell’esplosione fosse avvenuta nel momento stesso in cui parla­vamo della gente seduta sotto di noi. Alla fine … indicò con un cenno del capo l’uomo rimasto seduto da solo al tavolo e commentò: «E il mondo reale che sta cambiando».

«In che modo?» le chiesi, ancora scosso.

«La trasformazione inizia con la Prima Illuminazione, e se­condo il sacerdote questa affiora sempre inconsciamente, cau­sando un profondo senso di irrequietezza».

«Irrequietezza»?

«».

 

«Cosa stiamo cercando»?

«Tu credi che dietro alla rabbia di quella donna ci sia l’irre­quietezza di cui parli»?

«Sì. Lei è esattamente come il resto di noi. Siamo tutti alla ricerca di appagamento nella nostra esistenza e non vogliamo assolutamente accontentarci. Questa ricerca incessante è ciò che si nasconde dietro all’atteggiamento ‘io-prima-di-tuttiche aveva caratterizzato gli ultimi decenni, influenzando tutti quan­ti…».

Mi fissò. «E quando si tratta di rapporti umani, siamo tal­mente pieni di pretese da renderli quasi impossibili».

«Per l’esattezza, cosa stiamo facendo alle nostre relazioni affettive»? le chiesi.

… Il sacerdote mi rispose: « quando due persone pretendono troppo, e ognuno dei due si aspetta che l’altro viva per forza nel suo mondo affiancandolo in tutte le sue attività, si scatena inevita­bilmente un conflitto di personalità». …”:

(Dal romanzo di James Redfield, La Profezia di Celestino, pp. 12-13).

 

E’ da considerare, nella nostra vita intima, personale, spirituale se anche noi non siamo come la massa, noi che ci diciamo cristiani praticanti, che ci confessiamo a ogni piè sospinto.

Non siamo forse anche noi “alla ricerca di appagamento nella nostra esistenza e non vogliamo assolutamente accontentarci”?

Non mettiamo anche noi al primo posto il nostro “‘io-prima-di-tutti’”?

Niente ci ha insegnato il Cristo in tutti questi anni di vita? Ognuno prenda in considerazione la propria età, la propria formazione, la catechesi ricevuta e veda se non fa parte della società che è totalmente cambiata in peggio, divenendo da cristiana pagana. Non ci piace certo questa parola “pagana”, ma, volendo essere sinceri con se stessi, bisogna accogliere questa parola e farla propria, nella speranza di un eventuale cambiamento.

La società di oggi, che pur si dice cristiana, non mette al primo posto Cristo e gli insegnamenti del suo Vangelo, perché prevale sempre la vita egoistica, quell’”Io al primo posto”, che non ha alcun ritegno, alcun controllo, ma prevale sempre su tutti e su tutto.

Quale amore cristiano e carità fraterna può esserci in una vita esageratamente egoistica? Gesù dice nel suo Vangelo: “Dai frutti si conosce l’albero”. Dai frutti vediamo con chiarezza che così è: “Io-prima-di-tutti”.

 

Riflettiamoci e cambiamo, perché Cristo ci insegna l’amore verso tutti gli uomini a qualunque razza appartengano, nella carità estrema dell’umile servizio.

E “cos’è, infatti  l’amore di cui ci parla il Cristo?

Amore è scorgere l’altro, farlo entrare nella propria casa, metterlo a tavola, dargli da mangiare, da bere, assetato com’è, farlo riposare, donargli il proprio letto, donargli il proprio cùbito, perché possa ancora camminare e dirgli: Ti amo; dirgli: ti sono vicino. Ecco, ti dò il mio cuore. Ecco, tu sei il mio re, tu sei la mia regina.

Son cose di altri tempi, voi direte. No! Sono le cose di Dio, le cose di sempre, le cose che commuovono il cuore, le cose che abbattono i cancelli, che distruggono i muri, che permettono agli uomini di diventare angeli e poi dèi, sì dèi.

… Che volete? Chi cercate? Ditemi? Chi cercate? Chi avete incontrato stamane all’altare? Chi si è donato a voi interamente sulla lingua, nelle mani, all’interno del vostro  corpo, nell’esofago fino  al ventre? Io, perché sono  immortale, perché vivo al di là delle vostre congetture, perché sono il rappresentante dell’amore, qui sulla  terra, perché così mi ha congegnato il Padre, così ha voluto, che io prendessi le sembianze, l’essenza, la voluttuosità, la carneficità del pane, che viene gustato dalle vostre bocche e che viene digerito dal vostro ventre, che viene assaporato e assorbito dalle vostre vene e dalle vostre arterie.

Ma lo capite che io, venendo dentro di voi, rimango con voi e resto con voi, appartengo a voi, vivo delle vostre stesse cose, delle vostre tenerezze, dei vostri gaudi, delle vostre tavolate, delle vostre mangiate, delle vostre bevute, dei vostri incontri, ma non certamente delle vostre liti o delle vostre chiacchiere o dei vostri disgusti.

Ahimè! Sono povero, sì, sono indigente, sì, ma non traffico con due cose, ne traffico uno solo ed è il dolore del peccatore.

Il mio amico è il peccatore. Il mio amico è colui che non riesce a salvarsi, che non riesce a reggersi in piedi, che non riesce a dominare la sua ira, che non riesce a sottomettere le sue passioni, colui che è debole, che ha bisogno delle punture, che ha bisogno delle vitamine, che ha bisogno di tutto, degli abiti per coprirsi, del pane e anche del companatico. Ma che dico?! che ha bisogno dell’acqua, ha bisogno del vino, ha bisogno di chi l’accarezza, di chi gli dice “Non piangere! Io ti sono amico. Io mi sono fatto fratello, amico, amante di questa genìa, di questa specie di gente, che viene, invece, messa alla porta, che viene allontanata, che non viene riconosciuta, che non ha voce” (Da Vox D. in Albis 2008).

 
 
 

Commemorazione Presenza Francescana a Enna - III Appuntamento

Post n°56 pubblicato il 06 Dicembre 2009 da pasdgl10
 
Tag: Varie

«Attribuiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamo grazie poiché procedono tutti da lui. E lo stesso altissimo e sommo solo vero Dio abbia, e gli siano resi, ed egli stesso riceva tutti gli onori e l’adorazione, tutta la lode e tutte le benedizioni, ogni rendimento di grazie e ogni gloria, poiché ogni bene è suo ed Egli solo è buono (Lc 18,19). E quando vediamo o sentiamo che Dio è offeso e bestemmiato a parole e con i fatti, noi benediciamo e lodiamo il Signore che è benedetto nei secoli. Amen (Rm 1,25) (Rm 9,5)» (FF 49). 

 

San Francesco “… uscendo nudo alla presenza del vescovo, del padre e degli astanti, disse:

«Ascoltate tutti e cercate di capirmi.

Finora ho chiamato Pietro di Bernardone padre mio.

Ma dal momento che ho deciso di servire Dio,

gli rendo il denaro che tanto lo tormenta

e tutti gl’indumenti avuti da lui.

D’ora in poi voglio dire:

“Padre nostro, che sei nei cieli”,

non più “padre mio Pietro di Bernardone“».

I presenti videro che l’uomo di Dio portava sulla carne,

sotto begli abiti colorati, un cilicio” (FF 1419).

 

Ormai noi siamo al bivio. Il Signore e Francesco di Assisi ci indichino la via giusta da seguire, che non può essere diversa da quella da loro scelta: la via del servizio di Dio e del sacrificio per amore di Cristo e dei fratelli, nella semplicità di vita, nella castità del corpo e nella perfetta obbedienza a Dio e alla sua Chiesa, una santa cattolica e apostolica romana.

 
 
 

Commemorazione Presenza Francescana a Enna - II Appuntamento

Post n°55 pubblicato il 06 Dicembre 2009 da pasdgl10
 
Tag: Varie

Attingiamo alla «Sorgente Enna» la fresca salutare acqua della vita mistica, da trascorrere in Dio, con Dio e per Dio, in un luogo di sacro e mistico silenzio. Lo è stato per i posteri, lo sarà per i contemporanei. E’ la solitudine di un chiostro, già santificato dalla presenza di tanti nostri confratelli francescani, che attrae, trascina, trasforma l’animo e il cuore.

Cristo si è interposto già, nel tempo che fu, si interpone nel tempo presente, si interporrà nel tempo futuro, perché ogni culto pagano venga eliminato dalla vita di ogni battezzato.

E’ il culto pagano di allora per Cerere, Proserpina e Bacco, che allontanava i cuori degli uomini dal potente nostro Signore e Dio dell’universo. E’ il culto pagano di oggi che continua ad allontanare l’uomo dal Dio della vita, dell’amore, della felicità, dell’eternità.

La promessa di felicità, proveniente dagli dei di allora e di oggi, illude gli uomini, promettendo chi sa quale felicità, quale ricchezza, quali grandi amori, illudeva e illude ancora il cuore degli uomini con l’offerta ingannevole di una felicità semplicemente umana e terrena.

Dio è il Padre di tutti. Dio è il Padre della Divina Misericordia. Dio è il nostro Creatore, il nostro tutto, il nostro amore. Solo Dio è la nostra eterna felicità.

 
 
 

Commemorazione presenza francescana a Enna - I Appuntamento

Post n°54 pubblicato il 05 Dicembre 2009 da pasdgl10
 
Tag: Varie

P.A.S.

Appunti

 

IN HISTORIA BREVITER

 Riflessioni per la fine delle Celebrazioni

del Centenario Francescano della Fondazione dell’Ordine

un Cammino nuovo nella Storia

 

Libere Riflessioni Personali PAS Sui Francescani a Castrogiovanni

(Documenti)

 

 

L. S., furtivamente penetra nell’accampamento di Jan, con «mordi e fuggi», raccontando sommessamente ciò che ha intravisto. Ha visto Cerere, Proserpina, Bacco, Maria santissima e tanti poveri figli del Poverello di Assisi all’opera nel Monte della salvezza.

 Si tratta di una breve francescana sortita, di soppiatto, attraverso  le mura della grande Città di Castrogiovanni, con schermaglie unilaterali a favore dei Frati Francescani, nel Centenario dalla fondazione dell’Ordine (1209-2009). E’ bel «mordi e fuggi», perché serva ad edificare altrove la vita spirituale in essa riscontrata.

 
 
 

Commemorazione

Post n°53 pubblicato il 02 Dicembre 2009 da pasdgl10
 

29 novembre 2009

A perpetuo ricordo del Centenario dalla fondazione dell’Ordine Francescano

e a imperituro ricordo del centenario dalla morte del

Beato Angelo Lo Musico da Caltagirone

 

 

Secondo il suggerimento dei Superiori dell’Ordine Francescano dei Frati Minori, in questa comunità ecclesiale, oggi 29 novembre 2009, vogliamo lasciare, a perpetua memoria per i posteri, un ricordo del Centenario dalla fondazione dell’Ordine (1209-2009).

La scelta della nuova tela del Pittore Bruno, raffigurante la dolce dormizione di Padre Angelo Lo Musico da Caltagirone, venerato Servo di Dio della città di Enna, ha una motivazione in più, perché, in quest’anno 2010, vogliamo ricordare il centenario dalla sua beata morte. Nato a Caltagirone nel 1540, morì a Castrogiovanni il 9 gennaio 1610, di sabato, a 70 anni di età, a 52 anni di vita religiosa, alle ore 22.00.

Il 3 settembre dello stesso anno ebbero inizio i processi per la sua Beatificazione. La prima ricognizione del corpo risale al primo aprile del 1610, per “Provista di Fr. Bonaventura Secusio, Patriarca Costantinopolitanus, et Episcopus Catanensis”. La traslazione avvenne il 5 settembre 1610.

Il processo aperto il 9 gennaio del 1622 fu trasmesso a Roma, al tempo di Urbano VIII.

L’ultima “Provista” conosciuta risale all’11 marzo 1651 e nel “Martirologio francescano” leggiamo: «20 Augusti 13 Kalendas Septembris, Beatus Pater Frater Angelus a Calataierone …». Considerando la validità dell’affermazione del “Martirologio francescano”, possiamo accogliere anche il titolo di “Beato Angelo Lo Musico da Caltagirone”.

Questo suo ricordo serva a tutti noi come mònito, perché possiamo impegnarci di più, con la preghiera costante al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, perché possa intervenire per donare a questo Beato Figlio di San Francesco d’Assisi l’onore degli altari.

Assieme a questa eminente figura aggiungiamo l’altra figura morale, quella della Serva di Dio Suor Elisabetta Ciraulo (+ 1627), Terziaria Riformata di Montesalvo, di cui conserviamo la tela di San Michele Arcangelo del 1604, ordinata da Deccamo Matteo, a cui la serva di Dio era molto legata e da cui ricevette numerose grazie in difesa dal maligno.

Anche la tela di Vincenzo Cannarozzo, raffigurante la Madre S. Anna, con la esclusiva e stupenda Ave Maria del 1601, sono il ricordo imperituro della presenza dei Frati Francescani in questa illustre città di Castrogiovanni. I cittadini tutti ritengano un onore l’avere avuto la presenza dei Francescani in questo sacro e nobile luogo di Montesalvo.

Altro ricordo particolare dell’inizio della presenza francescana in questa nobile città, sono la stupenda costruzione dello stesso Convento di Montesalvo, della Chiesa, dedicata a santa Maria di Gesù, che pare essere stata ultimata intorno al 1630, come attesta il portale della sacrestia e l’antico casserizio per essa costruita, e nobilitata dalla solenne annuale festa della Madonna della Visitazione del 2 luglio.

Spetta, ora a noi, uomini del duemila, onorare la SS. Trinità con la nostra santa vita, guardando come in uno specchio il riflesso del mistero di Dio che si è abbondantemente manifestato nella vita dei molti Frati Francescani che si sono avvicendati in questo sacro luogo.

———

PS. – 1. - Il valore della tela e della sua cornice, nel tempo della sua fattura e nella richiesta di mercato, è di euro 1.295,00. Ai fedeli e devoti raccomandiamo la raccolta della somma perché la generosità e la bontà degli ennesi sia trasferita nella mente e nel cuore dei posteri.

2. – Queste brevi notizie sono state compilate dal Delegato Superiore del tempo, il dì 29 novembre del 2009, P. Arcangelo (Ludovico) Sciurba.

 
 
 

Il Regno di Dio

Post n°52 pubblicato il 01 Novembre 2009 da pasdgl10
 
Foto di pasdgl10

Il regno di Dio

 non è questione di cibo o di bevanda.

  ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo:

 chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini.

Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole

(Cfr Rm 14, 17-19)

 
 
 

Halloween da rifiutare

Post n°51 pubblicato il 01 Novembre 2009 da pasdgl10
 

 

 HALLOWEEN O HALLOWEEN,

FESTA AUTENTICAMENTE PAGANA

CORRISPONDERE ALLA VIGILIA

DELLA FESTA CATTOLICA DI 

È IL NOME DI UNA FESTA POPOLARE

ORA TIPICAMENTE STATUNITENSE E CANADESE

CHE SI CELEBRA LA SERA DEL 

Il foglietto della Messa di oggi, Solennità di tutti i Santi, cosa dice

 

nella sua testata?
31 OTTOBRE.
,
DI ORIGINE PRE-CRISTIANA,
OGNISSANTI,

 
 
 

La carità

Post n°50 pubblicato il 24 Settembre 2009 da pasdgl10
 

La carità in Cristo

«Colui che possiede la carità in Cristo, mette in pratica i comandamenti di Cristo. Chi è capace di svelare l’infinito amore di Dio? Chi può esprimere la magnificenza della sua bellezza? L’altezza a cui conduce la carità, non si può dire a parole.

La carità ci congiunge intimamente a Dio, «la ca­rità copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8), la ca­rità tutto sopporta, tutto prende in santa pace. Nul­la di volgare nella carità, nulla di superbo. La carità non suscita scismi, la ca­rità opera tutto nella con­cordia. Nella carità tutti gli eletti di Dio sono per­fetti, mentre senza la cari­tà niente è gradito a Dio.

Con la carità Dio ci ha at­tirati a sé. Per la carità che ebbe verso di noi, il Signo­re nostro Gesù Cristo, se­condo il divino volere, ha versato per noi il suo san­gue e ha dato la sua carne per la nostra carne, la sua vita per la nostra vita.

Vedete, o carissimi, quanto è grande e meravi­gliosa la carità e come non si possa esprimere adeguatamente la sua per­fezione? Chi è meritevole di trovarsi in essa, se non coloro che Dio ha voluto rendere degni? Preghiamo dunque e chiediamo dalla sua Misericordia di essere trovati nella carità, liberi da ogni spirito di parte, ir­reprensibili.

Tutte le generazioni da Adamo fino al presente sono passate; coloro inve­ce che per grazia di Dio sono trovati perfetti nella carità, restano, ottengono la dimora riservata ai buo­ni e saranno manifestati al sopraggiungere del re­gno di Cristo (cf. Is l26/20; Ez 37/12).

Beati noi, o carissimi, se praticheremo i comanda­menti del Signore nella concordia della carità, perché per mezzo della ca­rità ci siano rimessi i no­stri peccati» (S. Clemente I).

 
 
 

Nessuno di noi può giudicare il proprio fratello

Post n°49 pubblicato il 24 Settembre 2009 da pasdgl10
 

Non possiamo giudicare l’uomo

 

La riflessione di Sant’Agostino, proposta oggi dalla liturgia è quanto mai interessanti. Noi non abbiamo la facoltà di giudicare gli uomini. Da un momento all’altro quello che noi giudichiamo ingiusto, peccatore e lontano da Dio da un momento all’altro può cambiare vita e, viceversa, quello che noi riteniamo sicuro e già in Dio, può cambiare vita per la sua rovina eterna.

 

«Considera come egli solo sappia pascolare il gregge, perché solo lui lo pascola come è giusto, con giudizio. Quale uomo infatti è in grado di giudicare un altro uomo? Il mondo è pieno di giudizi avventati. Colui del quale dovremmo disperare, ecco che all`improvviso si converte e diviene ottimo. Colui dal quale ci saremmo aspettati molto, ad un tratto si allontana dal bene e diventa pessimo. Né il nostro timore, né il nostro amore sono stabili e sicuri.

Che cosa sia oggi ciascun uomo, a stento lo sa lo stesso uomo. Tuttavia fini a un certo punto egli sa

che cosa è oggi, ma non già quello che sarà domani. Dio solo dunque pascola con giudizio, distribuendo a ciascuno il suo: a chi questo, a chi quello, secondo che egli è dovuto. Egli infatti sa quello che fa. Pascola con giudizio coloro che ha redento, lui che si è sottoposto a un giudizio umano. Dunque è lui solo che pascola con giudizio» (Dal «Discorso sui pastori» di sant`Agostino; Disc. 46, 24-25. 27; CCL 41, 551-553).

 

 

 
 
 

Non sono degno che tu entri nella mia casa

Post n°48 pubblicato il 22 Settembre 2009 da pasdgl10
 
Foto di pasdgl10

Non son degno

che tu venga nella mia casa

Dai Sermoni di sant’Antonio.

 

Il funzionario del re chiede a Gesù di guarire il figlio ammalato.

Ecco cosa dice sant’Antonio a riguardo.

 

“«Entrato Gesù a Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava...» (Mt 8,5).

... Il Signore non volle andare dal figlio del funzionario del re, per non sembrare un estimatore della ricchezza; invece acconsentì subito ad andare dal servo del centurione per non sembrare (con un rifiuto) uno spregiatore della condizione servile.

Perciò disse: «Io verrò e lo curerò» (Mt 8,7).

Ecco il nostro medico che con la sola parola cura tutto l’universo.

Di lui dice l’Ecclesiastico: «Onora il medico a motivo del bisogno» (Eccli 38,1) che hai di lui.

Ma il centurione disse: «Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto» (Mt 8,8).

Invece Zaccheo accolse il Signore pieno di gioia (cf. Lc 19,6).

 

In questo si deve osservare il modo diverso di intendere.

Alcuni, a motivo del rispetto che nutrono verso il Corpo di Cristo, dicono: Signore, non sono degno; e perciò si astengono dall’accostarsi con frequenza all’Eucaristia; altri invece, proprio per onorare il Corpo di Cristo, lo ricevono con gioiosa riconoscenza.

Dice Agostino:

Non lodo e non biasimo coloro che ricevono ogni giorno l’Eucaristia, perché alcuni proprio per venerazione non osano riceverla quotidianamente, altri invece per la stessa venerazione, non osano lasciar passare giorno senza riceverla.

«Ma di’ soltanto una parola, e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene» (Mt 8,8-9).

Da questo è provato che colui al quale gli angeli servono e obbediscono in adorazione, senza presenza corporale può ordinare alla malattia di andarsene, e alla guarigione di venire. Si canta infatti nell’introito della messa di oggi: «Adorate Dio, voi tutti suoi angeli» (Sal 96,7).

«All’udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a coloro che lo seguivano: In verità vi dico, non ho trovato tanta fede in Israele» (Mt 8,10), cioè nel popolo israelitico del suo tempo; l’ho trovata invece negli antichi, cioè nei patriarchi e nei profeti. Sono esclusi da questa affermazione la Vergine e i discepoli, ai quali è stata infusa dal cielo una fede maggiore.

... «E Gesù disse al centurione: Va’, e sia fatto secondo la tua fede» (Mt 8,13), poiché ad ognuno è dato ciò che domanda, ma solo nella misura della sua fede.

«E proprio in quell’istante il servo guarì» (Mt 8,13).

 

La tua parola onnipotente, o Signore, ha mondato il lebbroso e ha guarito il servo” (Dai Sermoni, II. Guarigione del servo paralizzato, 2 par. 8).

 
 
 

Hai l'orticaria?

Post n°47 pubblicato il 21 Settembre 2009 da pasdgl10
 

 

Come tenerella ortica

t’elevi sontuoso

in mezzo ai tuoi fratelli,

ma sei sempre

quanto mai pungente

e pungi, pungi, pungi ...

  SEI COSA INUTILE

Ricordati che sei cosa inutile. Rileggi il brano del Vangelo che fa al caso tuo.

«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Luca 17, 7-10). sei «in utile» agli altri. Il che significa che tu sei semplicemente di utilità per gli altri ed essi hanno su di te il loro usufrutto. Non puoi ribellarti se vuoi essere perfettamente evangelico e cosa «in utile». Perché allora ti ergi a giudice tra i tuoi fratelli? Abbassa il capo in santa umiltà e renditi utile, per quanto puoi, a chi ha l’usufrutto su di te e sulle tue facoltà e doti di natura. E’ il Signore che te ne renderà merito. 

Ma che vuol dire tutto questo se non che tu se non che tu sei «in utile» agli altri. Il che significa che tu sei semplicemente di utilità per gli altri ed essi hanno su di te il loro usufrutto. Non puoi ribellarti se vuoi essere perfettamente evangelico e cosa «in utile». Perché allora ti ergi a giudice tra i tuoi fratelli? Abbassa il capo in santa umiltà e renditi utile, per quanto puoi, a chi ha l’usufrutto su di te e sulle tue facoltà e doti di natura. E’ il Signore che te ne renderà merito. 

 
 
 

Riflessione per la Domenica XXV TO/B

Post n°46 pubblicato il 20 Settembre 2009 da pasdgl10
 

P.A.S. Appunti

 

Per la Domenica XXV TO/B

Il più grande è colui che serve

 

(Appunti per l’Omelia.

(20 Settembre 2009)

 

 Colletta I

 

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna.

 

 

Colletta II

 

O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del tuo regno; donaci la sapienza che viene dall’alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve.

 

 

La Sapienza di Dio

 

Dio, nella sua grande bontà, nella sua immensa sapienza, nel suo amore infinito per gli uomini, per non creare ostacoli nell’animo umano, a cui avrebbe chiesto di servirlo, ha pensato bene di donare il suo Figlio agli uomini e di concedergli l’umana carne, per essere direttamente a servizio degli stessi uomini, perché essi lo potessero amare e riconoscere quale Egli è: il Dio eterno, vivo e vero, coeterno col Padre e con lo Spirito Santo, per cui tutti gli uomini devono prostrarsi dinanzi a lui per servirlo incondizionatamente.» (Atanasio, Contro gli ariani, 2,16).

 

«Dal momento che noi uomini non abbiamo voluto riconoscere Dio attraverso il suo Verbo e ci siamo rifiutati di servire il Verbo di Dio, nostro naturale signore, è piaciuto a Dio di manifestare in un uomo la sua autorità e di attrarre tutti a sé. Non era conveniente, peraltro, che ciò avvenisse in virtù di un uomo come tutti gli altri, onde evitare che, avendo un uomo come signore, onorassimo la dimensione umana in quanto tale. E‘ questo il motivo per cui il Verbo stesso si fece carne, assumendo il nome di Gesù, e il Padre lo rese Signore e Cristo, destinandolo, cioè, a dominare e a regnare. Nel nome di Gesù, pertanto, mentre ogni ginocchio si piega, noi riconosciamo altresì lo stesso Figlio come Signore e Re e, per il suo tramite, perveniamo alla conoscenza del Padre

 

 

Servire con umiltà

 

Il Cristo, assumendo la natura umana, è sceso fra gli uomini per mettersi a loro servizio e condurli con la semplicità e l’umiltà presso il trono del Padre.

Il servizio di Cristo agli uomini gli è costata la vita, perché non tutti lo hanno accolto così come egli era: il Verbo eterno di Dio fattosi carne, anzi lo hanno rifiutato, disprezzato, reietto e posto a tacere per non turbare il servizio che gli uomini prestavano al principe di questo mondo.

E l’invito di Cristo, nella sua semplicità ed essenza, contrasta con il modo di vivere degli uomini. La sua esortazione è quella di essere sempre a totale servizio dei fratelli, senza pretendere nulla. Al primo posto deve essere, nel cuore degli uomini, l’altro, posto su un trono, dinanzi a cui bisogna piegarsi nel servizio, riconoscendosi come servi inutili, nel vero senso della parola, che è: "essere ‘in utile’ agli altri, cioè essere di utilità agli altri, per cui la frase non può portare fastidio, in quanto è vera e genuina ed è propria di Cristo, che con la sua vita ce ne ha dato l’esempio. Noi, effettivamente siamo in utilità agli altri e non viceversa.

Per ritrovarci veramente in Dio dobbiamo vivere per l’altro, perché nell’altro incontriamo Dio e il Figlio suo Gesù Cristo, nello Spirito Santo.

 

«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi in-utili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». Luca 17, 7-10).

 

 

Il cristiano è liberato dal peccato

 

Il giusto è odiato per la sua giustizia. La giustizia dà fastidio e deve essere tolta di mezzo, perché, ricordiamolo sempre, ci troviamo nel regno di Satana. E’ proprio lui che non vuole la presenza della giustizia, perché riporta direttamente a Dio, che è giusto giudice anche nei suoi riguardi. Quindi, il demonio non può accogliere né la giustizia, né il giusto, né chi si dona a Dio, giusto Giudice in eterno.giustizia? (Romani 6, 17-19).

Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell‘insegna

 

«Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell‘obbedienza che conduce alla mento che vi è stato trasmesso e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia.

Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell‘impurità e dell‘iniquità a pro dell‘iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione»

Allora, «colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell‘uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» Matteo 20, 26-28).

 

 

Servire l’altro non è morte

 

Mettersi a servizio degli altri comporta una umiliazione tale da essere equiparata alla morte?

Ma se uno non muore a se stesso, non può servire, non può appartenere al Signore, che prende possesso del suo servitore fin d’adesso, fin dal momento in cui accoglie il suo essere servo di Dio e dei fratelli nell’amore.

 

«In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà» (Giovanni 12, 24-28).

 

«Le altezze dei cieli e le profondità degli abissi e i confini di tutto l‘universo sono nelle sue mani; né esiste luogo nel quale egli resti inoperoso. Infatti, il cielo è opera sua, la terra sua fattura, il mare sua creazione, l‘uomo la sua opera e somiglianza. Il sole, la luna e le stelle sono suoi elementi fatti da lui per indicare i segni e le stagioni, i giorni e gli anni, per servire gli uomini. E Dio ha fatto tutte le cose, suscitandole dal nulla, affinché dalle sue opere si conosca e si comprenda la sua grandezza» (Teofilo d‘Antiochia, Ad Autolico, 1,3).

 

 

Lo scopo di ogni desiderio

 

«Se vuoi adornarti - dice il Signore - prendi il mio ornamento; se hai in animo di armarti, serviti delle mie armi; se vuoi vestirti, indossa pure il mio abito; se vuoi nutrirti, ecco la mia mensa; se desideri camminare, percorri la mia strada; se hai desiderio di ottenere un‘eredità, eccoti la mia; se vuoi fare il tuo ingresso in patria, entra pure nella città di cui io sono architetto e costruttore; se intendi edificarti una casa, costruiscila nel mio regno: da parte mia, sta‘ pure tranquillo che, in cambio, non ti chiederò alcun pagamento. Per il solo fatto, anzi, che desideri usufruire di ciò che appartiene a me, io voglio, proprio per questo, ricompensarti.» (Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 76,5).

Che cosa potrebbe mai esser paragonato a tanta generosità? Sono io tuo padre - dice ancora il Signore - tuo fratello e tuo sposo; io sono per te la casa, il vestito, la radice, il fondamento: tutto questo sono io, se tu lo vuoi; nulla, allora, ti mancherà. Sarò proprio io, anzi, a servirti: sono venuto, infatti, per servire non già per esser servito (Mt 20,28). Io ti sarò anche amico, membro, capo, fratello e sorella e madre, tutto insomma: tu pensa soltanto ad affidarti fiduciosamente a me. Per te sono stato povero, per te ho mendicato, sono stato crocifisso e sepolto per te; in cielo supplico per te il Padre; in terra sono venuto come ambasciatore, per te, da parte del Padre. Tutto sei tu per me: fratello, coerede, amico, come una parte stessa della mia persona.

Che cosa desideri di più? Perché respingi chi ti ama sino a questo punto? Perché continui ad affannarti in nome di questo mondo? Perché cerchi inutilmente di riempire un vaso bucato? Questo significa, infatti, lottare e soffrire per questa vita terrena. Perché frusti il fuoco? Perché percuoti l‘aria? Perché vai correndo senza scopo? Qualsiasi attività non è forse diretta verso un obiettivo ben preciso? E‘ chiaro per chiunque. Ebbene, mostrami anche tu quale sia lo scopo del tuo gran da fare in questo mondo. Non puoi farlo, però, giacché è vanità delle vanità, tutto è vanità (Qo 1,1). Andiamo al cimitero: mostrami tuo padre, fammi vedere tua moglie. Dov‘è colui che indossava abiti intessuti d‘oro, che sedeva sul suo carro, che dava ordini a un esercito, che aveva una guardia del corpo ed era circondato dagli araldi? Dov‘è colui che uccideva o gettava in carcere le persone? Colui che le sopprimeva o le liberava a suo capriccio? Non vedo altro se non ossa, vermi, ragnatele; tutto è diventato terra, favola, sogno, ombra: rimane solo il racconto e la pittura di ciò che è stato. Neppure questa, anzi, giacché la pittura ci offre per lo meno delle immagini, mentre qui non ne vediamo nessuna (Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 76,5).

 
 
 

Alcune Massime di San Giuseppe da Copertino

Post n°45 pubblicato il 19 Settembre 2009 da pasdgl10
 

Alcune massime

 

L'amore di Dio è tutto

 

Tre sono le cose proprie di un religioso:

amare Dio con tutto il cuore,

lodarlo con la bocca,

e dare sempre buon esempio con le opere.

 

 

La carità

 

Nessuna persona spirituale o religiosa può essere perfetta senza l'amore di Dio.

Chi ha la carità, è ricco e non lo sa; chi non ha la carità, ha una grande infelicità.

 

 

La grazia di Dio

 

La grazia di Dio è come il sole, che, splendendo su gli alberi e le loro foglie, li adorna ma non li contamina, li lascia nel loro essere, senza minimamente alterarli.

Così la grazia di Dio, illuminando l'uomo, lo adorna di virtù, lo fa splendente di carità, lo rende bello e vago agli occhi di Dio; non altera la sua natura, ma la perfeziona.

 

 

Dio vuole la nostra volontà

 

Dio vuole, dell'uomo, la volontà, poiché questi non possiede altro di proprio, pur avendola ricevuta quale prezioso dono dal suo Creatore.

Difatti quando si esercita in opere di virtù, la grazia di operare e tutti gli altri doni ch'egli possiede, vengono da Dio: l'uomo, di suo, non ha che la volontà; perciò Dio si compiace sommamente, quando egli, rinunciando alla propria volontà, si mette completamente nelle sue mani divine.

 

 

Crescere e progredire nel servizio del Signore

 

Come un albero, dopo essere stato oggetto delle cure più assidue, infine, carico di frutti, ne dà a chi ne vuole, così l'uomo che comincia a camminare nella via di Dio, deve sforzarsi con ogni diligenza di crescere e progredire nel servizio del Signore, spandendo rami di virtù e producendo fiori profu­mati di santità e frutti di opere sante, per modo che tutti gli uomini, dietro il suo esempio, apprendano anch'essi a camminare nella via di Dio.

Il patire per amore di Dio è un favore singola-rissimo, che il Signore concede a coloro che ama.

 

 

Il Signore vuole essere ripagato con la stessa moneta

 

E' maggior grazia il patire in questa vita che non il godere, poiché il Signore vuole essere ripagato con la stessa moneta che egli ha sborsato per noi:

Gesù ha tanto sofferto per noi, e vuole che anche noi soffriamo con lui.

O sei oro, o sei ferro: se sei oro, la sofferenza ti purifica, se sei ferro, la sofferenza ti toglie la ruggine.

 

 

Essere come gli uccelli

 

I servi di Dio devono fare come gli uccelli, i quali scendono a terra per prendere un po' di cibo, e poi subito si risollevano in aria.

Similmente i ser­vi di Dio possono fermarsi sulla terra quanto comporta la necessità del vivere umano, ma poi subito, con la mente, devono sollevarsi al cielo per lodare e benedire il Signore.

Gli uccelli, se scorgono del fango sul terreno, non si calano sopra, oppure lo fanno con molta cautela per non imbrattarsi.

Così dobbiamo fare noi: mai abbassarci alle cose che macchiano l'anima, ma sollevarci in alto e con lei nostre opere lodare il Signore, sommo Bene.

 
 
 

Con lo Spirito Santo

Post n°44 pubblicato il 19 Settembre 2009 da pasdgl10
 

Con lo Spirito Santo

 

Tra gli scritti dei Padri sullo Spirito Santo c’è un passo di Gregorio di Nissa che suona così:

«Se a Dio togliamo lo Spirito Santo, quello che resta non è più il Dio vivente ma il suo cadavere».

Di riflesso, se alla Chiesa togliamo lo Spirito, quello che resta non è più il santo popolo del Dio vivente, ma una desolata e sterminata valle di ossa inaridite.

 

 
 
 

Festa di San Giuseppe da Copertino

Post n°43 pubblicato il 18 Settembre 2009 da pasdgl10
 

SAN GIUSEPPE DA COPERTINO, SACERDOTE

(Festa il 18 settembre)

 

Nota biografica

 

S. Giuseppe nacque a Copertino (Lecce) nel 1603 e fu ricevuto nell'Ordine dei Minori Conventuali. Ordinato sacerdote nel 1628, si diede con fervido zelo alle opere del sacro ministero per la salvezza delle anime.

Si distinse per una grave austerità di vita e intenso spirito di orazione. La sua vita è contrassegnata da straordinarie estasi e frequenti miracoli, che lo resero una delle figure più interessanti della mistica cristiana. Per l'esuberanza dei celesti carismi, dovette spesso cambiare convento, onde evitare fanatismi popolari, ma rifulsero sempre in lui l'umiltà e l'incondizionata obbedienza.

Grandissima fu la sua devozione alla SS.ma Vergine.

Morì in Osimo, nelle Marche, il 18 settembre 1663.

Fu canonizzato da Clemente XIII.

  

Inno all’Ufficio delle Letture

 

Cantiamo con voci festanti

il santo dei voli, Giuseppe;

di meriti ricco egli entra

nel gaudio del Regno dei cieli.

 

Ancora fanciullo, Maria

lo salva da morbo mortale;

tra i figli del Santo di Assisi

a Dio la sua vita consacra.

 

Seguendo l'esempio del Padre

affronta l'impervio  cammino:

di eccelsi carismi insignito

in spirito e corpo a Dio sale.

 

Al Padre che regna nei cieli,

al Figlio che l'uomo ha redento,

al santo Paràclito Spirito

sia gloria nei secoli eterni. Amen.

 

Inno alle Lodi

 

San Giuseppe onoriamo:

la sua virtù sublime

l’Ordine dei Minori

e la Chiesa ha illustrato.

 

Meditando i dolori

di Cristo Crocifisso,

attirato si sente

sulla  via  della  croce.

 

Il suo corpo castiga

con digiuni e flagelli,

per vincer le lusinghe

dell'eterno  avversario.

 

Si affida al patrocinio

della Vergine Madre,

e qual figlio amoroso,

a lei dona il suo cuore.

 

Dal gaudio del Signore

ottieni, o san Giuseppe,

ai fratelli in cammino

luce, conforto e forza.

 

Gloria al Padre e al Figlio

e  allo  Spirito  Santo,

com'era  nel principio

e nei secoli eterni. Amen.

 
 
 

Le stimmate dopo la morte

Post n°42 pubblicato il 18 Settembre 2009 da pasdgl10
 
Foto di pasdgl10

 

 

 

 

 

 

I segni della passione

in San Francesco

«Come pietruzze nere

in un pavimento candido»

 

Dopo la morte di san Francesco i Frati e quanti si presentavano per onorare la santa salma dello stimmatizzato di Assisi, tutti potevano ammirare senza ostacoli il crocifisso redivivo nella Chiesa del 1200. Francesco appariva tale ai presenti, agli osservatori. E’ come se san Francesco fosse stato prelevato dalla croce e posto sulla nuda terra. Non pensano, in quel momento, a Francesco, ma pensano al crocifisso deposto nella tenda degli uomini per continuare ad operare la salvezza attraverso il segno della sofferenza, attraverso quella sofferenza che il Padre aveva scelto, fin dalla fondazione del mondo, come mezzo e strumento di salvezza.

 

«Mentre risplendeva davanti a tutti per sì meravigliosa bellezza e la sua carne si faceva sempre più diàfana, era meraviglioso scorgere al centro delle mani e dei piedi, non i fori dei chiodi, ma i chiodi medesimi formati di carne dal color del ferro e il costato imporporato dal sangue. E quelle stimmate di martirio non incutevano timore a nessuno, bensì conferivano decoro e ornamento, come pietruzze nere in un pavimento candido» (FF 517).

  

«I suoi frati e figli accorrevano solleciti e piangendo baciavano le mani e i piedi del padre amoroso che li aveva lasciati, ed anche quel lato destro sanguinante, ricordo di Colui che versando sangue e acqua dal suo petto aveva riconciliato il mondo (Gv 19,34; Rm 5,10) con il Padre.

Ognuno dei fedeli stimava grandissimo privilegio se riusciva, non dico a baciare ma anche solo a vedere le sacre stimmate di Cristo che Francesco portava impresse nel suo corpo (Cfr Gal 6,17).

Chi a tal vista non avrebbe gioito più che pianto, versato lacrime di gaudio piuttosto che di tristezza?

Qual cuore di ferro o di pietra avrebbe resistito all’emozione, non si sarebbe aperto all’amore di Dio, non si sarebbe munito di buona volontà?

Chi poteva essere così insensibile o cieco da non comprendere in maniera lampante che quel Santo, che era insignito sulla terra di così eccezionale grazia divina, doveva essere pure in cielo contrassegnato da indicibile gloria?» (FF 518)

 

«O dono davvero speciale e testimonianza di predilezione, che il soldato sia onorato con quelle stesse armi gloriose che si addicono al solo re!

O prodigio degno di memoria eterna, o sacramento meraviglioso, degno di perenne e devoto rispetto, poiché esso rappresenta in maniera visibile alla nostra fede l’ineffabile mistero per il quale il sangue dell’Agnello immacolato, sgorgando a fiotti da cinque ferite, lavò i peccati del mondo!

O eccelso splendore di quella croce che è fonte di vita e dà la vita ai morti e il suo peso preme così soavemente e punge con tale dolcezza che in essa la carne morta rivive e lo spirito infermo si ristora!

Quanto ti ha amato Francesco, se tu l’hai così mirabilmente decorato!

Sia benedetto e glorificato Dio, unico e sapiente, che rinnova i suoi miracoli per confortare i deboli e mediante le meraviglie visibili conquistarne gli animi all’amore di quelle invisibili!

O meravigliosa e amorosa disposizione divina, che per fugare ogni dubbio sulla novità del prodigio, ha compiuto prima con infinita misericordia in Colui che venne dal cielo quello che poi avrebbe realizzato nell’uomo della terra!

E veramente il padre della misericordia (2Cor 1,3) ha voluto mostrare di qual premio sia degno colui che si sarà impegnato ad amarlo con tutto il cuore: essere cioè accolto tra le schiere più elette e vicine a Dio, quelle degli angeli» (FF 519).

 

 
 
 

Stimmate. Inno all'Ufficio delle letture.

Post n°41 pubblicato il 17 Settembre 2009 da pasdgl10
 

Stimmate. Inno all’Ufficio delle Letture.

 

Considerazione

sugli inni liturgici.

 

Il Monte della Verna viene, in quest’inno, considerato come un Novello Calvario, dove si consuma ancora una volta il sacrificio della croce.

Non più il Calvario degli Ebrei, non più il Calvario dei Romani, ma il Calvario mistico del Monte sublime della santità, dove Cristo vive e rivive la sua grande Passione per gli uomini di ogni tempo. E’ la Passione d’amore, che vuole a qualsiasi costo salvare il maggior numero di uomini possibili, poggiandosi sulla collaborazione efficace di altri uomini disponibili come Francesco di Assisi. E sono le sofferenze il mezzo e lo strumento di salvezza scelte dal Padre, sofferenze che Cristo accoglie soltanto per amore, sofferenze che Francesco assume in sé per portare il suo grande Amore sul mondo e rinnovare l’umanità intera.

 

 

Inno all’Ufficio delle Letture

 

II serafico Padre Francesco

contemplando le piaghe di Cristo,

con sospiri e con lacrime ardenti

della croce rivive il mistero.

 

Sulla Verna, novello Calvario,

o portento divino di grazia!,

nelle membra riceve l'effigie

di Gesù, che già porta nel cuore.

 

O Signore, nel corpo del padre

hai scolpito i tuoi segni d'amore;

a noi figli concedi la grazia

di imitarti e soffrire per Te.

 

Dona, o Padre, che regni nei cieli,

ai redenti dal sangue del Figlio,

di percorrer la via della croce

per raggiunger la patria beata. Amen.

 

 

 
 
 

L'evento delle Stimmate di San Francesco

Post n°40 pubblicato il 17 Settembre 2009 da pasdgl10
 

Stimmate L’evento

 

IMPRESSIONE DELLE STIMMATE

DI SAN FRANCESCO DÌ ASSISI

17 settembre

 

Il fatto.

 

Cosa è accaduto il 17 settembre sul Monte della Verna a san Francesco?

Dalla Liturgia ricaviamo una sintesi veloce dell’evento stupendo, mai accaduto prima: il Cristo si traspone in Francesco, il Cristo si incarna in Francesco, ma sotto l’aspetto del Crocifisso. Guardando il Santo gli uomini del tempo hanno intravisto una copia perfetta del Cristo crocifisso.

Gli uomini di oggi amano raffigurare san Francesco come un crocifisso, con le cinque piaghe impresse sulla carne in maniera straordinaria, in maniera unica ed esclusiva.

Gli psicologi o altri studiosi, intelligenti, pensano che il tutto sia accaduto proprio perché san Francesco si era fissato sulla passione e sulle sofferenze di Cristo. Per questo motivo, dicono, sono spuntate le stimmate. E’ proprio l’abitudine a negare il sacro e l’intervento di Dio nella vita degli uomini e non altro.

Anche chi crede si sente in dovere di dimostrare che le cose non stanno così, per apparire, dinanzi agli altri, come uomini sicuri, forti, senza incertezze, senza debolezze morali o intellettuali.

Accogliendo, infatti, il dono delle Stimmate si crede di essere dei deboli, delle donnicciole che credono a tutto. Quindi, questi signori, si rendono forti negando.

Ecco la liturgia come ci presenta, molto brevemente, l’evento.

 

«II Serafico Padre S. Francesco nutrì, fin dalla sua conversione, una fervidissima devozione a Cristo Crocifisso, devozione che diffuse sempre con le parole e la vita.

Nel settembre del 1224, mentre sul monte della Verna era immerso nella meditazione, il Signore Gesù, con un prodigio singolare, gli impresse nel corpo le Stimmate della sua Passione.

Benedetto XI concesse all'Ordine Francescano di celebrarne annualmente il ricordo».

 

 

 
 
 

Stimmate di san Francesco di Assisi - Considerazioni

Post n°39 pubblicato il 16 Settembre 2009 da pasdgl10
 
Foto di pasdgl10

Considerazioni

sulle Stimmate di san Francesco

 

Offro alcuni spunti di riflessione per la Festa delle Stimmate di san Francesco.

Le considerazioni semplici che vengono fatte, penso che possano servire per rivedere la storia di san Francesco di Assisi e per spingere ad imitarlo nell’amore verso la croce e il crocifisso fino all’inverosimile, così come a Francesco  è accaduto. Anche noi possiamo santificarci come Francesco. Anche noi, spinti dal suo esempio, possiamo imitarlo fino a divenire una copia di lui , di Francesco, che è copia umano-divina di Cristo.

Lui ha già raggiunto la meta, ha ricevuto il sigillo da Dio, ha copiato letteralmente il Cristo, in tutta la sua vita, ora vive glorioso in cielo sul Trono, lasciato vuoto  da Lucifero.

 

Da Jacopone da Todi

Nella lauda «O Francesco povero», Jacopone da Todi traccia la vita di san Francesco esemplarmente attraverso le sette apparizioni di croci

«como trovamo scripte,

/ per ordene, contate».

Jacopone, in quella biografia, raggiunge tonalità nuove là dove, dopo avere seguite le ascensioni di Francesco verso la croce di Cristo, il poeta lo assimila al Maestro divino:

         

«Quella altissima palma

o’ salisti, Francesco,

lo frutto pigliò êll’alma

de Cristo crucifisso;

fusti en lui sì afisso,

mai non te nne amutasti;

con’ te ce trasformasti

nel corpo n’è miniato».

 

La novità delle stimmate è espressa in termini altamente coscienti:

«Nullo trovemo santo

che tal’ segna portasse

misteriale sì alto,

se De’ no ‘l revellasse».

 
 
 

Offrire noi stessi a Dio

Post n°38 pubblicato il 16 Settembre 2009 da pasdgl10
 

OFFRIRE NOI STESSI A DIO,

CON TUTTO QUELLO CHE E' IN NOI,

PREGANDO PER TUTTI

Parola del discepolo

 

Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre.

O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne.

Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace.

Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione?

Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio.

Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi.

Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso.

Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani.

Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.

Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso.

Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari.

Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene!

Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni.

Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli.

O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno.

Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.

 

 

 
 
 
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INFO


Un blog di: pasdgl10
Data di creazione: 27/07/2009
 

La lode, Chiara, accogli,

rischiara i nostri cuori,

tu che sei nata al mondo

per riempirlo di luce.

 

Già nei teneri anni,

nella casa paterna,

tu diffondi la luce

di virtù luminose.

 

Il misero soccorri,

in lui tu vedi il Cristo:

e il ristoro gli offri

di cui privi te stessa.

 

Tormenti col digiuno

le membra delicate,

e le notti trascorri

in unione con Dio.

 

 

 

BUONE VACANZE

VI AUGURO BUONE FERIE!

 

Le onde del mare in tempesta

alla vostra presenza si plachino

per accogliervi fra le loro spire

e rimescolandovi ben bene

possano togliere ogni vana sporcizia

accumulatasi al di fuori

della vostra nobile e straordinaria 

Essenza umana e divina (pas090809).

Auguri!

 

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Inno alle Lodi

in onore di Maria SS. Assunta

 

O Donna gloriosa,

alta sopra le stelle,

tu nutri sul tuo seno

il Dio che ti ha creato.

 

La gioia che Eva ci tolse

ci rendi nel tuo Figlio

e dischiudi il cammino

verso il regno dei cieli.

 

Sei la via della pace,

sei la porta regale:

ti acclamino le genti

redente dal tuo Figlio.

 

A Dio Padre sia lode,

al Figlio ed al Santo Spirito,

che ti hanno adornata

di una veste di grazia. Amen.

 

GIUSTAMENTE MARIA

E' STATA ASSUNTA IN CIELO

«Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divin. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio».

 

MARIA SS. ASSUNTA E' TUTTA SPLENDORE

«Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto empio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta» (San Germano da Costantinopoli).

 
 

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