Vorrei. Incontrarci in un luogo né mio né tuo. Giungervi insieme e insieme ripartire. Questo mi risparmierebbe il supplizio di dover restare.
Sono sempre io a restare; tu sei quello che parte. Che arriva dimora sbrana presidia a volte invade, e poi se ne va. Percorri il perimetro della mia stanza dando una fugace occhiata alle mie cose - come se non fossero un riverbero di me; scompigli coperte e lenzuola del mio letto – come se non fosse la mia umida alcova; riempi le sedie e il pavimento dei tuoi panni – fino a far scomparire i miei; in un minuto sei già nudo e mi attiri a te.
Letto sfatto, biancheria sparsa tra camera bagno e soggiorno, biancheria sporca, pregna di umori, biancheria da raccogliere e ficcare nel cestello della lavatrice, al più presto senza troppo aspettare. Altrimenti gli odori satureranno l’aria, e masticherò odori nei giorni a venire, quegli odori sessuali così incolpevoli e così devastanti, annidati negli anfratti, che esalano dai recessi del mio corpo e mi inchiodano al ricordo, alla fustigazione del ricordo, al vuoto e alla solitudine del presente, e all’esorcismo non riuscito della mancanza. Non sono sicura di poter resistere all’impatto con gli odori. Gli odori sono così resistenti.
La stanza i vestiti, e la pelle, poi: ogni sua sporgenza cavità anfratto è impregnato di odori. Gli odori divaricano le gambe della memoria e non puoi sottrarti dallo sprofondare in essa.
Gli odori sono segni di una assenza e spesso tracce di un dolore. Gli odori di questa stanza in questa mattina tarda già quasi meriggio sono un’istigazione alla violazione della propria integrità fisica.
Inviato da: l.archivista
il 02/12/2008 alle 14:46
Inviato da: dea_mendicante
il 09/10/2008 alle 22:50
Inviato da: l.archivista
il 09/10/2008 alle 19:57
Inviato da: dea_mendicante
il 04/10/2008 alle 15:47
Inviato da: l.archivista
il 03/10/2008 alle 20:52