"Quella che ho davanti è l'ultima gara della mia carriera. Chiedo a questa Olimpiade una sola cosa: di riuscire a dare tutto me stesso, di uscire dall'ultimo incontro con la stessa passione con cui ho affrontato il primo duello agli inizi, tanti anni fa nei Giochi della Gioventù al palazzo Flaminio di Roma". Giuseppe Maddaloni martedì nel palazzetto dell'Università della Scienza e della Tecnologia di Pechino affronta l'ultimo torneo di una carriera grandissima. L'uomo che ha conquistato l'oro nel 2000 a Sidney - quando gareggiava al limite dei 73 Kg - riportando il judo azzurro in auge dopo i fasti di Ezio Gamba, che ha saltato i Giochi di Atene per un grave infortunio, a 32 anni, dopo 28 sul tatami, dice basta.
Maddaloni, si è stancato di combattere? "No, cambio solo il modo di farlo. L'entusiasmo non mi è mai mancato, lo sento bollire dentro anche in questi ultimi giorni di carriera. Ora voglio trasmettere questo entusiasmo ai ragazzi, se potessi a quelli della mia Scampia. Ho imparato molto in questi anni, ho tanto da dare, spero di trovare chi crede in me, che mi metta in condizione di farlo".
Si spieghi. "Il mio è un quartiere difficile, lo sapete. Vorrei riuscire a fare vivere ai miei ragazzi l'emozione di un combattimento, non c''è play statiion che tenga, non c'è birra o peggio. E'un'emozione che può guidare una vita, che può dargli un senso come lo ha dato a me. Il judo è una disciplina splendida dove ogni giorno e a qualsiasi livello ti confronti con te stesso. Ti aiuta a conoscerti, ti permette di crescere. Se entri in questa filosofia non vivi di alibi, sai che l'uomo è sempre al centro di tutto. E'l'uomo che decide la gara, non il contrario. Mio padre queeste cose me le ha date, ora tocca a me. In un combattimento si può anche perdere e la sconfitta fa parte della vita. A volte è fondamentale viverla per arrivare alla vittoria. Lo sport è un diritto dei bambini, ma bisogna dare loro gli elementi per viverlo nel modo corretto".
Un campione del suo livello potrebbe anche chiedere di più. "Dopo Sidney 2000 avrei potuto smettere e far fruttare l'oro conquistato. Ma ho preferito continuare questa vita, sino ad oggi, nei suoi altii e bassi. Non mi pento di nulla, ogni minuto di questa esperienza meritava di essere vissuto".
Una carriera di soddisfazioni. "La delusione è stata Atene, quell'infortunio che mi ha impedito di partecipare l'ho vissuto come una sconfitta. Il momento più duro dell'intera carriera perchè i problemi fisici mi impedivano di miglirare. Solo in quei giorni l'entusiasmo si è un poco allentato, quando vedevo il judo crescere mentre io ero costretto a rimanere fermo. Quattro anni fa speravo di bissare il primo oro olimpico, invece...Ecco, la vittoria è stato riconquistare il diritto di essere qui".
Con quali speranze scende martedì in combattimento tra gli 81Kg? "Il judo è cresciuto molto in questi anni, sono aumentate velocità e forza. Adesso si arriva al vertice a 20, 21 anni, io ne ho 32. Accetto quello che viene. La sconfitta, quella vera, sarebbe solo nel non riuscire a dare tutto".
Che cosa le rimarrà di questa Cina? "Napoli è piena di cinesi, prima di partire li guardavo con un altro occhio. Quando tornerò a casa non sarà la stessa cosa, adesso posso dire: so da dove arrivate. Sarà più facile capirsi".
Intervista tratta da "La Gazzetta dello Sport" del 10 Agosto 2008
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