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ENRICA NEL "LAGER"

Post n°430 pubblicato il 28 Maggio 2007 da hotcigar
Foto di hotcigar

Il "Sorriso sul Mare" è quasi un ghigno ironico. Il sorriso sdentato di una vecchia strega che ti fa vedere il mare di Formia attraverso alte sbarre. Mi sono perso tre volte nel tentativo di entrare. E per tre volte sono andato a sbattere in corridoi chiusi da pesanti cancelli di ferro, come quelli di una prigione.
In parte lo è, una prigione, questo sorriso osceno. E' la prigione di un'umanità reietta, abbandonata, che ti guarda con occhi bovini, tutti uguali, dagli sguardi persi chissà dove. Un'umanità dalle bocche semi-aperte, colanti di bava, che ti insegue per domandarti se hai una sigaretta, se sei un dottore.
Ma è anche un'umanità di disumani, assassini - alcuni - che scontano una pena alternativa al carcere e che, come tutti gli altri "clienti" di questo "grand hotel", sono liberi di girare di piano in piano, di stanza in stanza, dal settore femminile a quello maschile e viceversa.

Cerco Enrica con l'aiuto della sua compagna di stanza, una vecchietta vispa, dall'aria sveglia, che è stata internata perché allevava 40 gatti nel suo appartamento.
Enrica mi appare davanti all'improvviso, ed è quasi uno choc la sua bellezza ancora intatta (come tutte, all'Assunzione, dimostra almeno dieci anni di meno), la pelle abbronzata e quella naturale eleganza, nonostante la tuta e gli zoccoli da.... internata.
"Non sei cambiato per niente". Mi saluta con un sorriso.
Cerchiamo un posto per chiacchierare in pace, ma è un'impresa epica. In mezzo a tanto squallore, una persona come Enrica brilla come un faro e tanta, troppa gente, continua a ronzarci intorno chiedendo da accendere, o se abbiamo una sigaretta, o se sono "nuovo".

"Sono qui da dieci giorni". Mi racconta. "I vicini di casa hanno fatto un esposto perché sostenevano che avevo ridotto la casa un immondezzaio. I vigili mi hanno portato via le chiavi e mi hanno costretta a firmare un foglio per farmi ricoverare qui".
Guardo questa "pretesa matta" dallo sguardo lucido, sereno nonostante tutto. Dalla conversazione piacevole. Che stringe tra le mani una copia della "Critica della Ragion Pura" di Emmanuel Kant. Mentre la cercavo, ho chiesto alla compagna di stanza come andava la "convivenza". Mi ha detto che Enrica consuma tutta l'acqua perché si fa due o tre docce al giorno. Questa sarebbe la persona accusata di ridurre la casa ad un immondezzaio.

"Erano solo giornali. E' vero, sono disordinata, ma deportarmi per questo a 200 chilometri da Roma e internarmi in un manicomio mi sembra esagerato".
"Davvero è solo questo il problema?"
"Davvero. Te lo giuro!" Mente Enrica, che ha problemi da tutta la vita, prima con la madre viva, che la teneva nascosta perché nata fuori dal matrimonio, poi con la madre morta. Un dramma che non è mai riuscita a superare.

"Enrica vuole solo lasciarsi morire". Mi racconta Giulia, che da vent'anni le sta vicina e la mantiene. "Non è mai riuscita a relazionarsi con e persone. Non è mai riuscita a trovare un lavoro".
Ma come può relazionarsi bene una persona che, fin dall'infanzia, è stata considerata da sua madre come "qualcosa da nascondere"?
Eppure Enrica non ha lo sguardo da "matta". E' solo depressa. Ma è una depressione lucida, recuperabile.

"Mi dicono che non sono normale, ma ho solo avuto un po' di problemi, come tutti".
"Che cos'è la normalità?" Le domando io, parafrasando Pilato.
"E' sapere gestire le proprie stranezze e i propri problemi".

Viva la faccia della pazzia!

"Mi sto perdendo un sacco di cose, oltre alla tua festa". Mi dice. "Vorrei fare un altro corso professionale, per quanto possano servire. Trovare un lavoro. Ecco, lavorare e studiare, è quello che mi piacerebbe".
Ma intanto è rinchiusa nella gabbia del "sorriso sul mare", a "curare" la sua depressione immersa fino al collo in quella degli altri.
"Non avrei dovuto firmare quel foglio, ma dove potevo andare?"
"Potevi telefonare a noi".
"Già".
"E adesso, come esci di qui?"
"Teoricamente, se qualcuno mi ospitasse finché non mi risistemano la casa, potrei uscire".

La brezza del mare le scompiglia delicatamente i capelli biondi, leggermente striati di bianco. L'ennesimo alienato viene a chiederci l'ennesima sigaretta che non abbiamo e domanda se può stare lì con noi, al riparo, perché fuori piove.
Piove.... C'è un sole che spacca le pietre! Lo invito cordialmente a ricoverarsi nella nicchia accanto, perché stiamo facendo un discorso personale. Sembra convinto.

"Mi guardano come un pezzo di carne, mi seguono dappertutto". Riprende Enrica. "Io cerco di non pensare, di fare finta di essere qui per una ricerca antropologica. Ma le ricerche devono avere vita breve, e io non so quanto ci metteranno a sistemarmi la casa. E non so come sarò quando uscirò da qui."

La abbraccio, alla fine dell'orario delle visite, mentre lei si appoggia alla mia spalla e mi sussurra: "Levatemi da qui dentro, ragazzi, sennò divento matta sul serio!"

Ripenso alle sue parole e al suo sguardo sereno e disperato al tempo stesso, mentre il pesante cancello automatico del "Sorriso sul mare" si chiude alle mie spalle.
E comincia davvero a piovere.

 
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