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Quando entrai in camera

Post n°1 pubblicato il 02 Dicembre 2005 da noncercostoriedamore
Foto di noncercostoriedamore

Quando entrai in camera, naturalmente senza bussare, lei aveva un asgiugamano attorno al corpo che le copriva i seni ed il pube.
Aveva i capelli bagnati e nonostante tutta l'antipatia che ho espresso nei suoi confronti nel racconto precedente, la trovai decisamente sexi. E lo era. Le goccioline che le imperlavano il petto attiravano la mia attenzione in modo quasi magnetico. Avevo una voglia sfrenata di leccargliele via, quelle goccioline sul petto, una ad una e molto lentamente. Il ricordo delle ore passate poco prima a scoparmela in tutti i modi mentre lei era legata mi stava tormentando.

- Mi sembrava di averti detto di andartene. - dissi. Cercai di soffondere di convinzione queste mie parole, ma mi resi conto che erano del tutto prive di tono. Temetti che lei lo capisse e si limitasse a sorridere come a dire "va là che ti ho capito, maiale. Pagheresti per scoparmi di nuovo".
Se lo avesse fatto sarebbe stata la fine e non ci sarebbe stato questo seguito. Avrebbe significato che lei aveva preso in mano le redini, e che sarebbe passata molto presto al controllo della situazione. Non sarebbe più stata, lei, schiava di me. Nel peggiore dei casi sarei stato io a diventare il suo. Schiavo di Laura… ah, il solo pensiero mi faceva ridere.

Invece lei rispose:- Mi dispiace, veramente - aveva un tono di supplica che se era simulato avrebbe meritato un applauso. Non mi guardava negli occhi - Io… ti prego, non cacciarmi via così. Avevo bisogno di rivederti dopo… bè… dopo quello che c'è stato. Ti prego, lasciami stare ancora un po’ qui, poi me ne vado, te lo giuro.
Io sbuffai e mi sedetti al mio solito posto, vicino al computer.

Mi accesi una sigaretta e mi accorsi che la mia mano tremava. Avevo paura. Paura, sì. Avevo creato un mostro, ora ne avevo la certezza. Non avrei mai dovuto scoparla. Ora eravamo legati l'uno all'altra in modo indissolubile, altro che bondage! Come potevo pretendere di fare del sesso con una ragazza che mi stava dietro e che lei prendesse tutto questo solo come un gioco? Dal suo punto di vista non aveva ricevuto lezione alcuna. Lei mi voleva? Ed io me l'ero fatta! E se me l'ero fatta era perché la volevo anche io. Questo era il suo punto di vista, semplice e pulito.

Ero fottuto, non me ne sarei liberato più. Merda.

Ma allora perché mi stavo eccitando di nuovo, mentre lei si asciugava i capelli? Che diamine, non ero più un ragazzino! Dunque la desideravo? Ma desideravo lei, o la promessa di sottomissione che lei mi aveva tacitamente fatto lasciandosi legare, lasciandosi chiavare, restando lì quando avrebbe dovuto andarsene?

- Posso mettere un'altra delle tue camicie? - mi chiese. Quella che aveva indossato prima era in uno stato pietoso, spiegazzata e macchiata di sudore. Sulle pieghe delle maniche erano ancora visibili le tracce delle corde. Il solo pensiero mi diede il capogiro.

Stavo per rispondere negativamente, ma prima che lo potessi fare lei riaprì il mio armadio, estraendone una camicia bianca fresca di bucato. Se la infilò abbottonandosela fino al seno. Aveva indossato di nuovo le mutandine di prima, poiché non ne aveva altre, ma non aveva il regiseno.
Mi si sedette accanto.

- Mi piace indossare le tue camicie. Mi sembra che tu mi tenga fra le braccia. Hanno il tuo odore - così dicendo prese il colletto e se lo passò sulla faccia, inspirando voluttuosamente. Io deglutì a vuoto. Quella stronza… mi stava incastrando di nuovo.

Seguirono alcuni istanti di silenzio.

- Mi è piaciuto, quello che mi hai fatto. - disse.
- Mmm, - feci io. - Si era capito. Sei una vacca, Laura. Senza offesa.
- A te? E' piaciuto?
- Uff…- intanto guardavo altrove. Perchè non riuscivo a guardarla in faccia?
- Rispondimi, ti prego. - ancora quell'espressione di supplica. Lo voleva sapere. Perché?
- Seee. Mi è piaciuto okay? Questo per te fa qualche differenza? Io non ti voglio, Laura. Sono un bastardo, sapevo che si saresti stata e ti ho scopata. Punto. Questo è il discorso, mettitelo in testa.
- Se sapevi che ci sarei stata, perché mi hai legata?

Bel colpo, ragazzina, pensai.

- Perché sono un perverito, non l'avevi capito? - dissi io fingendo di stiracchairmi le braccia.
- L'avevo capito, - disse lei. - Ti piace legarmi? Ti piace fare l'amore con una donna legata?
- Non esageriamo. Mi piace, di tanto in tanto legare la mia compagna. Lo trovo erotico. Ad esempio, perché dovrebbe esserci qualcosa di erotico nel fatto che tu indossi un indumento mio, come la mia camicia? Eppure entrambi concordiamo che è un gesto indubbiamente erot… - merda. Mi ero dato la zappa sui piedi. Ma che mi stava succedendo?
- Si lo trovo erotico. - disse lei. - E se vuoi saperlo trovo erotico anche che tu mi abbia legata. Mi è piaciuto.
- Uh? - questo era un fatto nuovo. Poteva esserle piaciuta la situazione, ma stava forse dicendomi che l'aveva eccitata essere stata "rapita" da me, legata, imbavagliata e scopata? Cioè, le era piaciuto l'atto in sè? Questo avrebbe significato molto, perchè non avevo mai incontrato in carne ed ossa una ragazza alla quale piacesse. Dovevo capirci di più.

- Spiegati meglio, Laura. Insomma, io ti ho… hem, legata stretta. Non poetevi scappare, non potevi gridare. Ed io ti stavo usando. Potrebbe essere uno stupro.
- Non era uno stupro. Perché a me è piaciuto, ero eccitata, perché eri tu a farmelo. Ed io mi fido di te. Mi piaci.
Aveva colto nel segno, la piccola Laura. La fiducia. Era tutto lì, in fondo, il segreto del bondage fatto bene. La fiducia ed il buon senso. Corde, manette, persino qualche frustata, qualche sberla, purchè piaccia ad entrambi.
- Io volevo solo darti una lezione.
- Volevi punirmi? - mi guardò negli occhi. Non sorrideva. Era arrosita.
- Si.
- Perché?
- Laura, volevo punirti perché sei una troia, e lo nascondi male. Volevo punirti per tutte la volte che mi hai messo in difficoltà davanti alla mia ragazza, accavvallando le gambe davanti a me, con quella tua gonnellina (non t’avessi mai detto che ti donava), e quella volta che ti sei presentata con le calze autoreggenti proprio il giorno dopo che ne avevamo parlato fra amici scherzando. Per tutte le cazzo di volte che ti sei messa a strillare se si nominava il bocchino o il rapporto anale, quando poi subito dopo tiravi in ballo l'argomento delle misure del corpo facendotele prendere da quell'altro cretino di Gianni. Ecco perché ti volevo punire, perché alle ragazzine un pò stronze come te, alle troiette che fingono una morale che non posseggono e che poi giocano malamente con la seduzione, non serve alcun altro linguaggio se non l'unico che capiscono…

- Quello del cazzo? - disse lei. Io rimasi di sasso. Troia quando vuoi, ma non aveva mai usato quel linguaggio, prima.
- Qualcosa del genere, - conclusi.
 - Hai ragione, - disse, e mi venne addosso, sedendosi a cavalcioni sulle mie ginocchia. Ora il suo viso era così vicino… il suo petto così dolce allo sguardo, nell'ombrosa scollatura della mia camicia.
- Mi piaci, - disse lei. – Non sai quanto.
- Io non mi voglio mettere con te, Laura.
- E’ questo il bello! – fece lei, entusiasta. - E’ proprio questo!
- Non ti seguo.
- Mi piace che mi prendi, e che fra di noi ci sia del sesso, anche se non stiamo insieme. Mi piace giocare co te. Tu hai giocato con il mio corpo, mi hai fatto godere. Mi hai fatto... oh, mi hai fatto impazzire!
- Tu credi che ti sia piaciuto, dammi retta! E’ solo perchè era infoiata, eccitata come... come... una cagna in calore. E’ pur di scopare avresti fatto follie.
- No. Non è vero. Tu mi affascini. Mi affascinavi ieri, qualche ora fa. E adesso che so che t’è piacito legarmi mi affascini ancora di più. E’ come se tu fossi pieno di sorprese che non riesco ad indovinare. Sorprese che mi eccitano.
- Già. E se ti strangolavo? Era una bella sorpresa anche quella, no?
- Non lo avresti fatto. Sei un buono. Sei gentile, a modo tuo. Sei scorbutico, ma non cattivo. Ti piace il sesso, si vede. Ti piace l’erotismo. E sei diverso dagli altri...
- Andiamo, Laura. Questa conversazione si sta avvitando su se stessa. Solo perchè ti ho legata! Bè, la prossima volta fatti legare, che ti devo dire?
- Io voglio che la prossima volta sia con te. Mi piace che sia tu a... a condurmi in quelle stanze di perversione.
- Ma come parli?

Lei non rispose, accucciandosi sul mio collo. Avevo i suoi capelli sulla faccia, e senza che me ne rendessi conto, sollevai la mano ed inziai ad accarezzarle il capo. I suoi capelli erano morbidi, lisci... erano autentica seta.
Così inziammo di nuovo a baciardi calorosamente, come avevamo fatto ore prima. Lei con la sua soilita foga, ed io con soprendente piacere. In effetti i suoi baci assumevano un sapore sempre più dolce, e devo ammettere che avere la sua lingua in bocca diventava sempre più delizioso. Dovevo comunque cercare di restare coerente con il mio ruolo. Mi rendevo conto di dove volevo arrivare, e ci sarei riuscito, perdio!
Mi staccai (a malincuore, lo confesso!) da lei, e le chiesi:

- Dimmi la verità. Vorresti che ti rifacessi quello che ti ho fatto?
- Mmm! – fece lei, passando le sue guance sulle mie. Non mi ascoltva. Le presi i capelli e la tirai indietro. Lei fece una faccia a metà fra il sorpreso e il libidinoso:- Ah!
- Io scommetto che ho ragione. Che quando sei eccitata potresti fare cose incredibili, potresti chiedere cose impossibili, cose che non chiederesti normalmente.
- Che vuoi dire...?
- Che potresti diventare la mia schiava, e implorarmi di prenderti a cinchiate sul culo.
- Ma che dici?
- Non ci credi? Già hai sempre recitato la parte della verginella pudica e senza voglie strane. Ma io ti ho intercettata al volo. Non mi incanti, zoccoletta. Non mi incanti... Con questi tuoi discorsi sul fatto che ti affascino. Chi cazzo ti crede? A te piace essere presa in quel modo, con violenza. Io lo so. – e le baciai il seno, nella scollatura. Aveva il sapore di un frutto, la sua pelle, dolce come la primavera e squisito come il migliore dei vini. Ugulamente ubriacante. La desideravo, ma non glielo avrei detto.

- Così, - dissi io – potrei portarti molto oltre. Non ci credi? Te lo dimostrerò!

La presi in braccio. Pareva non avere peso, e con dolcezza la posai sul letto. – Faremo l’amore! – dissi io. – E lo faremo perchè io lo voglio. Perchè tu sei una femmina, e io voglio sfondarti, e forse non ci sarà dolcezza.  Forse sarà doloroso, e ti passerà la voglia per sempre!– Mentre parlavo la baciavo ovunque, sul petto, sul collo, sul viso. – E tu mi pregherai, mi supplicherai di... oh, non voglio anticipartelo.
Mi sollevai di scatto e presi la benda. – Innanzi tutto ti bendo di nuovo. I tuoi occhi sono pieni di luce e di voglia, ma haimè, dovrò privarmene, perchè, non voglio che tu veda cosa ti si prepara.
- No, dai. Vieni qui, baciami.
- Seee. Non hai capito niente, allora. Vedrai...

La bendai con molta cura. Dovevo imporre calma ai miei movimenti. Ero molto, molto eccitato anche io, ma non dovevo rovinare tutto con la fretta. Anche per me era molto difficile fare quello che stavo facendo, ma se avessi resistito avrei creato qualcosa, e sarei stato soddisfatto.

Tornai a baciarla, a lungo sulla bocca. Non mi staccai da lei, per diversi minuti, poi me ne discostai all’improvviso. Lei annaspò con la lingua in fuori per qualche frazione di secondo. Era rossa, e aveva gocce si sudore sulla camicia. Sollevò le mani per togliersi la benda, ed io la fermai. Presi la corda.

- No, - fece lei. – Dai, di nuovo no, ti prego. Vieni qui e basta. Mi tengo la benda, ma non mi legare di nuovo.
- Ma tu guarda... – ignorando le sue richieste, la legai.

D’apprima la spostai sul letto, in modo che le sue reni appoggiassero sul montante inferiore del letto, la sua shiena sul materasso, e le gambe che penzolavano fuori. Le misi un cuscino sotto le reni, perchè non le fosse troppo scomodo mantenere quella posizione. Avrebbe dovuto mantenerla a lungo.

Le legai le caviglie, con movimenti lentissimi, ai piedi del letto. Mentre legavo, incapace di trattenermi, baciavo le sue gambe, le caviglie, i piedi. Un pò perchè faceva parte del gioco, un pò perchè, ripeto, non potevo fare altrimenti. Era nata un’atmosfera davvero strana fra me e lei.
Quando le ebbi legato le caviglie ciascuna ad un piede del letto, inziai a fascialre i polsi con altri giri di corda, per poi legare l’altro capo più o meno nel punto in cui avevo legato le caviglie. Poi tirai per quanto potevo. Le sue braccia si tesero, e quando mi resi conto che se avessi tirato più di così le avrei fatto male, iniziai a stringere i nodi.

- Basta, adesso!- mi diceva lei. – Sono legata, vedi? Non mi muovo.
In effetti poteva bastare , per cui mi sbarazzai della mia camicia, restando in jeans.
- Adesso, - esordì io – inizia il gioco. Aveva le gambe aperte, la vagina coperta da sottile cotone. Era esposta, vulnerabile, completamente alla mia mercè. E le piaceva. Lo capivo dal modo in cui, nonostante le proteste, muoveva le braccia tirando le corde.  Non si stava divincolando. Pareva che stesse assaporando il morso delle funi sulla pelle.

 
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