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OLBIA GALLURA

Post n°70 pubblicato il 06 Febbraio 2009 da olbiesi

 








 da La Nuova Sardegna VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009

DUE SCOSSE DI LIEVE ENTITA’


L’epicentro a 20 chilometri di profondità. Paura e telefoni roventi, ma nessun danno


Il sisma (magnitudo 3,6) è stato avvertito sulla costa orientale fino a Siniscola


Ma in molti hanno pensato agli effetti di un’esplosione


1 ol terr 060209 2 ol terr 060209


OLBIA. Linee sovraccariche e telefoni roventi. Il terremoto ha fatto vibrare soprattutto i cellulari. La scossa di magnitudo 3,65 è sembrata poco più di un leggero tremolio alla maggior parte della popolazione. Roba che non sposta di un millimetro neanche un centrotavola. Ma in tanti in città hanno sentito la terra tremare. Nessun ferito, né danni alle cose. Solo tanta curiosità da parte delle persone che hanno chiamato con insistenza il centralino dei vigili del fuoco. Ma dalla stazione del 115 non è uscito neanche un mezzo per dare assistenza. Gli unici costretti al superlavoro sono stati i centralinisti.
 Il tam tam dei telefonini ha sparso la notizia per tutta la città. La scossa è stata avvertita in modo particolare da chi abita nei piani alti dei palazzi (come accade in tutti i terremoti), ma non ha provocato alcun tipo di disagio né al porto, né all’aeroporto.
 17.02, prima scossa. La scossa è stata registrata alle 17.02 dagli strumenti sofisticatissimi della rete sismica nazionale dell’Istituto di geofisica e vulcanologia, l’Ingv. Intensità non elevata: magnitudo 3,65 della scala Richter. Gli esperti hanno individuato l’origine del sisma nel distretto «Tirreno centrale», non distante dalla costa della Sardegna nord orientale a una profondità di 20 chilometri, in un tratto di mare aperto a est della costa gallurese.
 18.43, la seconda. Nella stessa area, un’ora e mezza dopo (precisamente alle 18.43) gli strumenti dell’Ingv hanno registrato un altro sisma di magnitudo inferiore (2,8), tale da risultare impercettibile sulla costa. Anche in occasione della prima scossa, pochi in città hanno creduto che fosse davvero un terremoto. Chi abita nella zona intorno a viale Aldo Moro ha creduto fossero le cariche esplosive che vengono fatte brillare per sbriciolare i banchi di granito e gettare le fondamenta della questura. Ma anche per chi vive nella zona del porto la spiegazione era a portata di mano. Ogni giorno decine di esplosioni si susseguono ai lati della banchina dell’Isola Bianca in cui si costruisce un nuovo molo. I più curiosi si sono gettati su internet per cercare verifica della scossa tellurica durata appena qualche secondo, e oltre a trovare conferma del mini terremoto che ha scosso Olbia ieri pomeriggio hanno potuto scoprire che il 17 gennaio scorso, alle 11.12, appena un po’ più al largo del punto in cui la terra ha tremato ieri, c’era stato un altro piccolo sisma, magnitudo 3,3.
 Bassa intensità. Si tratta di intensità comunque molto basse: ogni giorno nel mondo si registrano circa 130 scosse di magnitudo 3, buona parte delle quali restano inavvertite. Molto più significativo fu il terremoto del 26 aprile 2000, circa venti miglia a est al largo di Capo Comino, con magnitudo 4,2/4,8: a quei livelli il fenomeno viene percepito nitidamente, dentro le case piatti e bicchieri tintinnano. Si possono anche registrare lievi danni.
 Falsi allarmi. Non è raro però che fenomeni di altro tipo (esplosioni in cave o cantieri, passaggi aerei a bassissima quota) diano l’impressione di un terremoto. Anche il 14 ottobre scorso, per esempio, i centralini dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine erano stati bersagliati di segnalazioni. Ma l’apparato dei sismografi dell’Ingv (in Sardegna ci sono quattro stazioni di monitoraggio) non aveva registrato scosse e il tremolio avvertito nelle case della costa orientale non aveva trovato spiegazioni.
 Paura in Baronia. La scossa delle 17.02 è stata percepita in diverse località della costa orientale, giù fino a Siniscola. Il micro-terremoto ha fatto sussultare più di una persona, anche se il grosso della popolazione non si è accorto di alcunché. «Ero a casa - racconta Paola Lai, di Siniscola - quando le finestre hanno iniziato a vibrare. Ho avuto la sensazione fisica di compressione, quasi una stretta alla testa. Mi sono spaventata. La scossa è durata pochi istanti, e ho capito subito che era un terremoto. Le tende di casa hanno continuato a muoversi per diversi secondi». Del sisma si sono accorti anche nello stabilimento Buzzi-Unicem. Un’impiegata, al secondo piano, ha sentito la scossa in maniera nitida. «I vetri hanno vibrato per alcuni secondi - racconta la donna - e ho pensato ad un camion che transitava all’esterno. Mi sono affacciata ma il piazzale era libero. Solo dopo ho saputo del terremoto e ho ricollegato l’episodio». A Budoni la scossa sismica ha messo in allarme un negozio di ceramiche, dopo che gli articoli hanno iniziato a tentennare nelle teche di esposizione. La scossa si è sentita anche a San Teodoro e Posada. In molti, spaventati, hanno chiamato i carabinieri, anche se di danni non se ne registrano. Diversi social network di internet riportavano i messaggi lasciati da chi ha percepito le scosse chiaramente. Ben più lunga la sfilza di internauti che non si sono accorti di niente. (ha collaborato Salvatore Martini)
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 da La Nuova Sardegna VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009

Il divieto resta per le aziende nel raggio di 20 chilometri dai focolai di Sant’Antonio e Santa Teresa


Lingua blu, via il blocco in Gallura


Permessa la movimentazione del bestiame verso il Nord Italia


L’EPIDEMIA L’assessorato alla Sanità ha emanato una circolare


17 ol best 060209OLBIA. Con una circolare dell’assessorato regionale alla Sanità è stata sbloccata ieri la movimentazione bovina, ovina e caprina dalla Gallura verso le regioni del Nord Italia: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli, Province di Trento e Bolzano e Veneto. Resta la restrizione per le zone entro i 20 chilometri dai due focolai scoperti a Sant’Antonio e Santa Teresa di Gallura.
 La situazione si è sbloccata tre giorni fa. In una riunione dell’Unità di crisi nazionale, convocata a Roma, sono state tecnicamente argomentate dai rappresentanti dell’assessorato le istanze formulate nella lettera che gli assessori alla Sanità Nerina Dirindin e all’Agricoltura Francesco Foddis hanno inviato il 30 gennaio scorso ai ministri Zaia e Sacconi.
 Tra queste, proprio l’alleggerimento delle restrizioni alla movimentazione in ambito nazionale come riconoscimento dell’affidabilità dei controlli veterinari regionali.
 L’Unità di crisi nazionale - ha sottolineato l’assessorato alla Sanità in una nota - ha preso atto del lavoro fatto in questi anni dai veterinari regionali per far fronte alla blue tongue e riconosciuto che il sistema di sorveglianza nazionale risulta più severo di quello comunitario».
 Nella lettera ai due rappresentanti del governo, Dirindin e Foddis avevano anche chiesto parità di trattamento tra gli allevatori sardi e quelli comunitari, oltre a sollecitare il governo a una maggiore attenzione nella stipula di accordi unilaterali con Paesi europei, in deroga alle restrizioni della movimentazione attualmente vigenti.
 A fine dicembre in Gallura era arrivato il nuovo allarme lingua blu. Un contagio spinto a quanto pare dalla Francia, il virus del sierotipo 8 è diffusissimo. Per gli allevatori era stato un colpo di scure: dopo l’allarme infezione, sedici- diciottomila capi erano rimasti bloccati nelle nelle aziende del Limbara. Un fermo estremamente dannoso per gli allevamenti che si erano visti nell’impossibilità di spedire il bestiame nei centri per l’ingrasso e di venderlo.
 Il virus responsabile, del sierotipo 8, che non era ancora presente in Sardegna, era stato stato isolato su alcuni capi di bestiame in due aziende a Sant’Antonio di Gallura e Santa Teresa. Subito i due allevamenti e quelli che rientravano nel raggio di quattro chilometri dalle loro stalle erano finiti sotto la lente del servizio veterinario della Asl numero 2. Il clima di tensione nelle aziende zootecniche galluresi era diventato alto, le conseguenze economiche di una nuova epidemia si sarebbero abbattute su un settore già in difficoltà.
 La mobilitazione degli allevatori e delle associazioni agricole ha fatto il resto. Chiesto l’intervento della Regione, gli assessorati competenti hanno fatto la loro parte e da ieri gran parte del bestiame della Gallura potrà finalmente lasciare l’isola.
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 da La Nuova Sardegna VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009

Lo Squalo, la Polo holding dimezza il progetto


Il Comune vuole tagliare le cubature, ma rischia di pagare i danni: 5 milioni di euro


10 ol squal 060209 9 ol squalo 060209 di Luca Rojch


OLBIA. Lo Squalo divora il cemento. Lo stagno di Pittulongu è salvo e ora si prende la sua rivincita. Diventerà patrimonio del Comune, area protetta. Un piccolo paradiso sfuggito alla legge del metro cubo. Il tesoro della città sta per entrare nella cassaforte dei beni preziosi. Quelli che non si vendono, che non si placcano di calcestruzzo. La società che sulla zona umida aveva sogni fatti di mattone è pronta a rinunciare all’area, per avere il via libera a costruirci intorno. Dopo che il muro di carte bollate ha schiantato il mega progetto di far nascere 91 villette nella zona umida l’impresa si è seduta intorno a un tavolo per ridiscutere il piano.
 Per dare molto più fascino a tutto il dibattito sul tavolo del sindaco c’è anche una richiesta di danni da 5 milioni di euro che la società, la Polo Holding, è pronta a presentare in caso di rottura della trattativa. L’impresa aveva già firmato la convenzione con il Comune. In altre parole aveva firmato un contratto in cui l’amministrazione si impegnava a concedere il via libera per costruire un residence in quell’area. Per questo la società ha ottime possibilità, in caso di guerra davanti a un tribunale, di ottenere un ricchissimo risarcimento. Il Comune lo sa e vuole raddrizzare una situazione complicatissima.
 Il progetto prevedeva che la Polo holding costruisse 91 villette in un’area in cui in parte erano comprese anche le zone dietro lo stagno dello Squalo, i fiumi di Sa Minda Longa e Sos Travos. In tutto dovevano essere gettati 16 mila metri cubi di cemento. Il progetto era stato stoppato dal commissario nominato dalla Regione che doveva esaminare la pratica. Il funzionario aveva bocciato il progetto.
 Con saggezza le parti hanno evitato il muro contro muro e si sono messe a dialogare lontano dai riflettori. La trattativa non è chiusa, ma sembra vicina a una conclusione. Il sindaco Gianni Giovannelli non smentisce la notizia. «È vero, dialoghiamo con l’impresa che ci ha presentato un progetto interessante - spiega il primo cittadino -. Tutta l’area degli stagni viene ceduta al Comune, e le volumetrie vengono ridotte in modo sensibile». Si parla di un calo di oltre il 50 per cento dei 16 mila metri cubi di cemento iniziali.
 «Mi sembra una proposta ragionevole - continua Giovannelli -, ma siamo ancora in una fase di trattativa, non mi sembra corretto scendere nei dettagli. Posso solo dire che abbiamo stabilito un dialogo con la Polo Holding che ha presentato un progetto coerente con le indicazioni della Regione. In questo modo si salvano anche gli stagni. Penso che si possa trovare un accordo. L’intervento mi sembra che rispetti anche i delicati equilibri dell’ecosistema degli stagni». Ma Giovannelli precisa subito. «È chiaro che qualsiasi progetto dovrà essere approvato prima in commissione urbanistica, poi in consiglio comunale - spiega -. Il piano deve essere condiviso da tutta la maggioranza».
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 da La Nuova Sardegna VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009

LA STORIA


«Il quartiere gioiello nato senza regole e gestito dai tribunali»


4 ol sind 030209OLBIA. Pittulongu come una polveriera. Il quartiere nato in modo selvaggio ha divorato metri cubi preziosi. Un paradiso mattonato, appesantito dal cemento. Difficile cercare di mettere le regole. Il piano di risanamento è impantanato a metà tra le aule dei tribunali e quelle della commissione urbanistica. La vicenda delle villette sullo stagno dello Squalo è solo una delle tante pratiche incagliate nelle maglie della burocrazia. L’incertezza del diritto diventa il simbolo di Pittulongu. Il marchio di fabbrica della spiaggia che si specchia su un muro di cemento. Pittulongu continua a crescere sulla base di una variante al piano di risanamento urbano che ha fatto sobbalzare dalla sedia anche la magistratura. Se non bastasse, il progetto che individua le zone a rischio inondazione è stato giudicato incompleto dalla Regione. Lacuna sulla laguna. Lo stagno è un bene di solito demaniale. In questo caso il Comune cerca di rientrarne in possesso. Mentre si cerca di approvare il piano da oltre un anno, il Tar, a cui tutte le imprese si rivolgono, continua a rilasciare d’imperio concessioni edilizie. Aspetto non trascurabile perché si attinge al totale dei metri cubi che viene eroso dal rilascio delle concessioni. Il nuovo piano di risanamento prevede una diminuzione dei metri cubi del 10-14 percento. Ma l’analisi del decremento delle volumetrie è stato fatto tanti metri cubi fa. Da quel momento sono state date tante concessioni. In molti si sono rivolti al Tar. Hanno mangiato una fetta del monte dei metri cubi.
 Chi ha atteso il nuovo piano vede crescere la soglia dei tagli circa al 20 per cento. Ma nello stesso tempo sale alle stelle la Bucalossi. Per costruire si rischia di pagare più del triplo rispetto al passato. Si potrebbe passare dai 70-80 euro di oggi a 300 euro al metro cubo. Cresce la Bucalossi e diminuiscono le volumetrie. Difficile accettare una disparità simile di trattamento. La Regione nel mentre ha chiesto una robusta integrazione al piano che individuava le zone a rischio idraulico, che deve essere definito prima dell’approvazione del Pru. (l.roj.)
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da La Nuova Sardegna VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009

SI APRE UNA NUOVA VERTENZA


Hanno lavorato per 3 anni, la paura è che la compagnia aerea non riconfermi il contratto


Meridiana, a rischio i 60 precari del call center


L’appello al sindaco di Olbia su Facebook: il 1º aprile potrebbero ritornare a casa


Gianni Giovannelli ne ha parlato all’Aga Khan durante l’incontro ad Aiglemont


3 ol merid 060209 4 ol merid 060209


DALL’INVIATO GUIDO PIGA
 PARIGI. La globalizzazione, tradotta in liberalizzazione, ha gli anticorpi dentro di sé, almeno a livello di denuncia dei suoi mali. E’ bastata soltanto una mail, via Facebook, per accendere il faro su un’emergenza di Meridiana, e non solo, che finora era stata oscurata dall’ipotesi di licenziamento di 145 tra piloti e assistenti di volo.
 Un gruppo di dipendenti (precari) del call center della compagnia aerea ha scritto al sindaco di Olbia, assiduo frequentatore del social network, per metterlo a conoscenza di una data, il 31 marzo, che rischia di far saltare una sessantina di posti di lavoro.
 «Caro sindaco, ti scriviamo per chiederti di porre in evidenza, oltre ai rischi che stanno correndo piloti e assistenti di volo, su cui giustamente si è concentrata tutta l’attenzione di questi mesi, anche quelli che corriamo noi, operatori del call center con contratti a tempo determinato».
 I pericoli, paradossalmente, arrivano da una legge, voluta dal governo Prodi, per stabilizzare i lavoratori precari. E’ la 247 del 207: impone alle aziende di assumere a tempo indeterminato tutti i lavoratori che, con le stesse mansioni, hanno avuto un contratto a tempo determinato per 36 mesi, indipendemente dai periodi di interruzione. Questo vuole dire che i dipendenti del call center che hanno avuto un rapporto con Meridiana per 3 anni, anche prima del 1º gennaio 2008, potranno lavorare ancora fino al 31 marzo di quest’anno. Ma se lavoreranno un solo giorno in più, per esempio il 1� aprile, l’azienda dovrà assumerli stabilmente. «Il contratto dovrà intendersi trasformato a tempo indeterminato» recita la legge.
 In questa condizione si trovano, secondo i calcoli dei lavoratori, una sessantina di loro. Donne, per la maggior parte, il genere che maggiormente subisce gli effetti della precarizzazione del lavoro (e della vita). Le assunzioni in massa sarebbero per Meridiana una mazzata, almeno nella sua ottica. E infatti, secondo la “denuncia” circolata su Facebook e raccolta da Giovannelli, sta facendo in modo di garantire la continuità del servizio di prenotazione telefonica dei biglietti, ma senza confermare il contratto ai candidati a diventare lavoratori fissi.
 «Noi siamo tra quelli che, dal 31 marzo, non avranno più un lavoro. Perché al nostro posto Meridiana assumerà altri lavoratori, con contratti a tempo. Ci può aiutare, sindaco?».
 Giovannelli ha risposto alla mail nel giro di un’ora, ha accennato del problema, come promesso, all’Aga Khan nell’incontro di Aiglemont e poi ha chiesto ai sindacati, già a conoscenza dell’emergenza, di tenere conto anche di questo tema.
 Chissà se la globalizzazione buona (Facebook) potrà qualcosa contro quella cattiva (lavoro precario). Ma, se non altro, la discussione su Meridiana, e sulle migliaia di aziende italiane nella stessa condizione, è aperta. (g.pi.)
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