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GLI ANNI D’ORO

Post n°50 pubblicato il 23 Novembre 2006 da JayVincent

C’erano derby che erano derby veri, quelli in cui l’avversario era più odiato di ogni cosa, ma forse, in fondo in fondo, sapevi che il suo valore sportivo era di un certo peso specifico.
Erano i derby di Pierluigi Marzorati (uso il passato perché l’esibizione di qualche settimana fa contro Treviso, per me, non è mai esistita), i derby di Pessina e Riva, prima avversari, poi combattenti sullo scudo di Fiero il Guerriero.
Erano i derby dei killer silenziosi: il detestatissimo Beppe Bosa, uno che contro Milano azzeccava sempre tutto, ma anche di Ricky Pittis, Bill Martin, Roosevelt Bouie, Pace Mannion, Lupo Portaluppi.
Gente che con una giocata girava un match, traendo entusiasmo anche da stagioni poco intense.
Erano i derby in cui vedevi tutto, anche ciò che faticheresti a immaginare: Montecchi che, in una serata di neve in cui Milano luccicava di bianco, gioca una partita da urlo, fatta di triple, penetrazioni e assist no look.
Oppure il già citato Davide Pessina, che da avversario, nella stagione del canto del cigno di Meneghin-D’Antoni-McAdoo fa trentello all’andata e trentello al ritorno, crivellando la retina da ogni posizione.
Mi piace ricordare, tra le cose preziose, il sorriso semplice di Andrea Blasi, un altro che ha giocato il derby con ambedue le maglie, senza isterismi e mai sopra le righe.
Di lui ricordo una bomba da 8 metri che lanciò l’allungo decisivo in una Milano-Cantù dei primi anni ’90, quando baby Gorilla Dawkins faceva a sportellate con Adrian Caldwell.
Altri anni, altri momenti, e se mi è consentito, altre emozioni.
Sarà perché nelle ultime stagioni Milano e Cantù sono state accomunate da diverse vicessitudini, passando per ridimensionamenti e nuove promesse, ma da qualche anno il derby lo vivo sempre più come una partita normale.
L’avversario non è indifferente, sia chiaro, ma il pathos e le sofferenze di quegli anni resteranno forse irripetibili.

Quella che arriva domenica al Forum è una Cantù piuttosto dimessa, figlia di un paio di annate negative dopo il boom del duo Arrigoni-Sacripanti, che inventarono una squadra molto competitiva pescando dal sottobosco Usa.
Era la squadra dei Mc Cullogh, Hines, Stonerook, un terno al lotto che non è stato ripetuto negli anni a seguire.
Però non si commetta l’errore di pensare a una vittoria in carrozza, perché se è vero che il derby è sentito sugli spalti, è altrettanto vero che sul parquet molti dei nostri avversari la giocheranno come una partita qualunque.
E questa TiSettanta ha gli uomini giusti per giocarsela fino in fondo, o almeno provare a farlo.
È una squadra che ha caratteristiche peculiari pericolose per noi: Casey Shaw ed Eric Williams sono due centri veri, non eccelsi in difesa ma sempre in grado di dire la loro offensivamente.
Diversamente da altre occasioni avute quest’anno, Blair e Watson non troveranno di fronte lunghi leggeri o sottodimensionati, bensì due con cui sudare su ogni pallone.
Da tenere d’occhio Sua Canturinità Michael Jordan, uno che sta facendo una stagione notevole, indubbiamente l’uomo con più talento offensivo, in grado di accendere i fuochi d’artificio.
E dalla panca attenzione anche allo specialista McGrath, di professione triplista: un po’ spuntato nelle ultime partite, è quel giocatore di striscia capace di iniziare e non fermarsi più.
Per quanto mi riguarda, non nego che le mie attenzioni siano puntate sul piccolo Gallo, al derby d’esordio della sua giovane carriera.
Nella speranza che sia il primo di una lunghissima serie.

 
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