Non è mica solo per quel canestro sul parquet di Bologna, impossibile per i comuni mortali, a due secondi dalla sirena.
Nemmeno perchè sei stato l'ultimo a regalarci un'annata straordinaria, con il double scudetto e Coppa Italia.
E' perchè tu parlavi basket, perchè ogni tuo movimento era da libro di testo già allora.
Perchè sei diventato un immortale in quel mondo dove fisico e muscoli hanno avuto via via sempre più importanza, fino ad arrivare allo strapotere di oggi.
Perchè sei arrivato con la forza dell'intelligenza cestistica laddove tutto il resto non può.
E ancora pochi giorni fa li hai portati a scuola, con quella lentezza deliziosa, con quella meccanica tutta tua, con quella parabola spettacolare che sai già dove va a finire.
Sei stato un esempio, un Campione raro, un personaggio lontano da quel protagonismo eccessivo che oggi troppo spesso si vede sul campo da gioco.
Che è il giudice supremo, l'unico in grado - al di là di ogni dubbio - di decretare la grandezza che resta scolpita.
Sarebbe stato bello vederti chiudere qui la carriera, a costo di scomodare i santi e i ricordi. Ma certamente non ti saresti meritato di dipingere l'ennesimo capolavoro, l'ultimo, in una cornice così squallida.
L'immagine che ho di te è una polaroid che non scolorisce, nitida come la tua classe.
Ciao Dejan.