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Post N° 260
Post n°260 pubblicato il 27 Luglio 2006 da oltrelamente1970
Stasera Concerto dei miei idoli I NOMADI Domani vi raccontoooooooooo Un po' di loro tratto dal sito http://www.ondarock.it/Nomadi.html "I nostri fan ci mandano centinaia di cassette da tutt'Italia. Ci teniamo in contatto, discutiamo, e alla fine scegliamo con loro i pezzi migliori". L'entusiasmo con cui lo racconta non lascia dubbi: crede ancora allo "stile-Nomadi" Beppe Carletti, fondatore e unico superstite del nucleo originario della storica band emiliana, trentacinque anni di canzoni e successi in comunione totale con il pubblico. Una formula inossidabile, malgrado i continui stravolgimenti nell'organico della band, "grande famiglia" aperta a tutti. "Ogni nuovo membro - spiega Carletti - sa che dovrà condividere il nostro credo; ci sono i concerti, ci sono i tanti fan club sparsi per l'Italia. C'è che l'ha trovato pesante, e infatti se n'è andato.". E' questa la filosofia del gruppo fin dall'esordio. Il primo embrione di quelli che poi sarebbero stati i Nomadi nasce in una calda giornata del 1961, in piena era del "dopo-boom". Un gruppo di ragazzi, capeggiati da Beppe e la sua fisarmonica, comincia a esibirsi nei paesi della campagna modenese. Inizialmente si chiamano I Monelli. Ma ben presto si accorgono che quel nome è un limite. Non sarebbero potuti essere eternamente "monelli". Si sentono però "vagabondi", nella musica come nella vita. E' il 1962 quando un giovanotto di sedici anni si unisce al resto della banda: Augusto Daolio, il filosofo, colui che avrebbe portato nel gruppo un tocco di poesia e di magia. Nascono così i Nomadi, l'unico gruppo italiano che ha attraversato trentacinque anni di storia. E' cresciuto e cambiato in un'Italia in continuo mutamento, mantenendo sempre una sua personalità. La morte di Augusto, nel 1992, a soli 45 anni, è stata una brutta batosta, forse il segno se non di una fine, di un passaggio importante. "E' stato l'unico momento in tutti questi anni in cui ho pensato veramente di mollare - racconta Carletti -. Il pensiero di salire sul palco senza di lui sembrava inconcepibile. Ma in quell'anno è morto, in un incidente stradale, anche un altro componente del gruppo, il bassista Dante Pergreffi. Allora mi sono ribellato, ho pensato che solo andando avanti potevo tenere vivo il ricordo dei miei amici. Ed è stato così, la tomba di Augusto, nel cimitero di Novellara, non è un luogo triste; è pieno di vita, c'è una chitarra appesa, una maglietta, tanti ricordi. E i giovani che vengono ai nostri concerti mi chiedono tutti di Augusto". Insieme, Carletti e Daolio hanno condiviso la gioia dei trionfi, ma anche la rabbia per tante battaglie perse. Come la sfortunata partecipazione al "Disco per l'estate" con quello che sarebbe poi diventato il loro inno, "Io vagabondo" (in testa nella prima serata, vengono poi retrocessi all'ultimo posto solo perché "qualcuno si era lamentato"). O come la sfida impossibile alla censura della Rai contro "Dio è morto". "La consideravano una canzone di sinistra, materialista. orse la pensava così anche qualcuno che frequentava i nostri concerti. Invece era piena di spiritualità e di speranza". Se ne accorse la Radio Vaticana, che la mandò in onda prima della Rai. Tempi duri, insomma. "Tirammo la cinghia, anni con poco lavoro, ma con tanta voglia di spaccare il mondo". Per incanalare la rabbia, i Nomadi fondano persino una squadra di calcio. L'album che in qualche modo segna la loro riscossa è "Noi ci saremo". E' il 1976, e da questo momento in poi si crea un pubblico fedelissimo, che ama e segue, nel bene e nel male, la famiglia Nomadi.
Spirito nomade, insomma, ma anche tanto spirito emiliano nelle radici della band. "Essere emiliani, in fondo, vuol dire essere dei testoni, essere tosti e non mollare mai. Ma Emilia significa anche culto delle balere, voglia di divertirsi. Nel mio piccolo paese, di quattromila abitanti, c'era una balera all'aperto. Avevo dodici anni e mi mettevo lì ad ascoltare i musicisti per ore. Se non ci fosse stata, forse, non avrei scelto questo mestiere |
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