Creato da Blordo il 10/09/2005

Ordinaria Follia

Chiaro come un lago senza fango; così limpido come un cielo d'estate sempre blu.

 

 

Tristezza e impotenza natalizia.

Post n°102 pubblicato il 22 Dicembre 2006 da Blordo

Non sforzarti troppo, non ora perdio.
Cerca soltanto di ricordare.

Anche se lei non c’è.
Non c’è, e questo è un problema.

Eppure è sempre stata di fianco a te, qualunque stato d’animo passasse per il tuo cervello.
La sera, la mattina, soprattutto la mattina.
Era sempre di fianco a te, nel risveglio più dolce che poteva capitare, pronta ad accarezzarti e coccolarti amorevolmente, a scrollarti di dosso le impurità di una vita che in certi momenti pareva fare proprio schifo.

Non questa volta.

Guardati intorno, guardati intorno bene.

Ti ha abbandonato, ragazzo.
Ti ha lasciato.
Proprio nel momento in cui ne avevi più bisogno.

Quanti bei ricordi riaffiorano nei tuoi pensieri, quante ore passate insieme dolcemente, teneramente.

E’ quasi natale, e tutti sono più felici, ma tu no, nonononono, non puoi esserlo.
Perchè lei non c’è, non c’è più.
Lei se ne è andata e lo ha fatto nel momento più stronzo che ci sia, quando davvero tutti intorno a te sorridono, quando davvero tutti intorno a te sghignazzano simpaticamente.

Afferri un libro, ma non serve.
Afferri un giornale, ma nemmeno quello ti sarà utile.
Non come il buon rotolo di carta, cazzo.
Non come il rotolo di carta.
Perché ora il culo devi pulirlo a mani nude.
E il bidet, tzè, il bidet non servirà a placare la sete di leggerezza che vai cercando.

Ma sorridi, fratello: sorridi, e buon natale. 
A te, e a tutti gli altri.

 
 
 

Venti dodici duemilasei.

Post n°101 pubblicato il 20 Dicembre 2006 da Blordo

Il bello è guidare in una superstrada sgombra di automobili.
E ritrovarsi soltanto con sè stessi.

Poco importa se l’autoradio della macchina che non è tua diffonde musica ska spagnola.
Ti fa cacare ma va bene cosi.

Poco importa se l’amico che hai dovuto accompagnare abita nel prepuzio del mondo.

Assapori quel momento come faresti davanti ad una guinness appena spillata.
E non raggiungi l’orgasmo, cazzo, ma vaffanculo.
Per questa volta va bene lo stesso.

Basta una sigaretta.
Bastano i tuoi pensieri.
Basta la pace con te stesso.

Persino il centro commerciale di fianco a te, spento, e morto, ti pare stupefacente.
Persino quella macchina che incroci con gli abbaglianti, che mandi a cacare, ti pare meravigliosa.

Mi piace tutto questo.
Godo, e impazzisco, per tutto questo.

 
 
 

Pà-Pà-Pà.

Post n°100 pubblicato il 10 Dicembre 2006 da Blordo

Non ho davvero mai visto niente di più brutto della pubblicità del parmigiano reggiano.

Davvero.

Ogni volta che mi capita di incrociare lo sguardo di quel cazzone biondo vestito da scaglia formaggiosa mi prende un nervoso talmente forte che mi devo accendere una sigaretta e farmi una gran cacata.

Per calmarmi e per rilassarmi.

Eppoi è natale, tutto è felice e giocondo, e questo di certo non contribuisce a rendermi sereno.

Un po’ come quella pubblicità, quasi mi incazzo a vedere le lucine di merda e i babbo natale appesi.

E mi ritrovo puntualmente a scriverlo su questo cazzo di blog, come l’anno scorso, e come l’anno prossimo, se avrò ancora il piacere di mantenere quel briciolo di lucidità mentale.
Che talvolta latita pericolosamente.

Le aggravanti di quest’anno sono numerose, ma potrei riassumerle in due punti principali.
La necessità di finire la tesi, per esempio.
E la palese, ostentata voglia di non fare un cazzo per l’ultimo dell’anno.
E poi ci ritroveremo ubriachi da qualche parte a parlare di progetti irrealizzabili, massì, evviva evviva e trenini alla tivvù.

Scopare un po’ tutti, e meglio, no?

 
 
 

Bologna.

Post n°99 pubblicato il 25 Novembre 2006 da Blordo

Non sono morto.
Tocco lo specchio un paio di volte prima di sincerarmene.
Decisamente, non sono morto.
Non ancora.
Quando succederà spero solo di essere avvisato.

Eh, simò, guarda che ti chiudiamo nella cassetta.
La tua pelle in putrefazione inizia ad emanare un cattivo odore.
E non basta il felce azzurra, nononononono.

Hai ragione, risponderò.
Nemmeno un paio di arbre magique sotto l’ascella.
E poi che figura, merda, con tutti i cordellini di quei cazzo di alberelli aggrovigliati in quei pelacci setolosi.

Il problema non è lo stress, bada bene.
Nemmeno la piattezza delle idee.

No.

Il problema è l’assenza di problema.
E questo è di per sè un bel cazzo di problema.

Se qualcosa può andar male lo farà?
Non ci ho mai creduto fino in fondo.
Il tuo bicchiere è mezzo vuoto?
Macchè, trabocca schiuma e macchia pure il bancone di legno; non vedo il sottobicchiere perciò, amico, fanculo.

Siamo soddisfatti, ok, ma non è ancora il momento di farci i pompini a vicenda.
Come detto, si, il problema è l’assenza di problema.

E ad ogni modo, certo, sono ancora vivo.
Per come possiamo esserlo tutti, in periodi come questi.
Quindi, forse, un po’ troppo poco.

 
 
 

Tesi.

Post n°98 pubblicato il 11 Novembre 2006 da Blordo

Mastichi un tappo di plastica.
Mastichi unghie smaltate d’amaro.
Mastichi merda.

Un dentifricio mentolato non basta.
Nulla basta, in questo preciso momento.
Nemmeno una mano calda che ti massaggia lo scroto.
Nemmeno quella.

Ah.

Stanchezza.

Leggi con attenzione e segni la paginetta per la bibliografia.
Torni indietro e riguardi bene se corrisponde.
Bestemmi.
Scrivi pagine su pagine e ti diventa barzotto.
Leggi pagine su pagine e ti fa cacare il cazzo.
Ciò che hai scritto, ora, ti piace.
Ciò che hai scritto, ora non ti piace.

Ci vuole un caffè.
Ci vuole qualche cucchiaino di zucchero.
Ci vuole qualche sigaretta.

Le tue abitudini cambiano.
Persino la cagata, ora, ha tempi diversi.
Esci fuori e ti sembra estate.
Torni dentro e ti sembra inverno.
Non ci sono più le mezze stagioni e cristo santo qui una volta era tutta campagna, lo so.

La stampante ha finito il nero e devi fare solo bozze in blu corsivo.
La birra ha un sapore amaro perchè una puzzola ci sguazza dentro.
La macchina è da buttare via e non ha più senso bestemmiarci ancora.
La pianta di peperoncini appassisce perchè il gattone nero ci ha cacato sopra.
L’alternativa è un poco di merda piccante, se ti va. Voglio dire, potrebbe andarti se lo vuoi.

Risme di carta in offerta.
Evidenziatori giallognoli del cazzo.
Raccoglitori poco capienti che spiegazzano.
Sedioline troppo scomode.
Portaceneri troppo pieni.

Poi guardi fuori, ed è gia sabato.
Un altro giro, un'altra pagina di calendario.

Il tempo va troppo veloce.
Il tempo va troppo lento.

Ma oggi, cazzo, puoi ubriacarti.
Te lo devi, si, sei quasi obbligato.

Ma poi rientra subito  nel personaggio.
Come Vincent e Jules.
Ma senza l'aiuto di Wolf.
Questa volta sono solo cazzi tuoi.
Da ingoiare in tutta la loro ingombrante pesantezza.

Buon proseguimento simò.

 
 
 

Bis.

Post n°97 pubblicato il 01 Novembre 2006 da Blordo

Porte che si chiudono e porte che si aprono.
Quella giusta, per fortuna, non ci è dato sapere qual’è.

Whole lotte love.

Ordina una birra scura, ordina una birra chiara, ordina una grappa, ordina una sambuca.
Anche un portacenere, per favore.
Anche se non si può fumare, per favore.

Quel bel gruppetto che suona, in qualche modo, ti appartiene.
Alla tua vita, al tuo passato, a quello che è stato, a quello che avrebbe potuto essere.
A quello che non è stato.

Highway star.

Inutile pensare che qualcuno vive a Charlotte.
Inutile pensare che qualcun’altro è depresso e cala psicofarmaci come se fossero zigulì.

Chissà come sareste oggi, su un palco, con la camicia di forza e una bandiera a stelle e strisce piantata nel culo.
Forse è meglio così.

Qualcuno ha fatto la sua scelta di lavoro.
Qualcun’altro ha dovuto adattarsi alla scelta della sua mente contorta.
Tu, invece, hai preferito consegnare le tue bacchettine griffate e salutare il mondo per dedicarti ad altro.
E oggi avresti pure una voglia stronza di salire là sopra e ubriacarti fra timpani e piatti crash?

Black dog.

Cazzone. Mi sembri un cazzone.
Forse, è meglio così.
O forse, forse, no.
Ma chi cazzo può dirlo?

La tua beneamata minchia là sotto, raggiunta dalla birra alla spina fin troppo fredda?
Si, si, io credo di si.
No, perdio, non direi proprio, no, no.

Strange kind of woman.

Ragionare col cazzo, spesso, è più utile di quanto si pensi.
Ragionare: col cazzo!, anche, ugualmente.

Credo che imboccare una strada senza cacare il cartello di divieto, qualche volta, sia l’unica soluzione.
E credo che svoltare nell’unica via chiusa per frana sia, allo stesso modo, piuttosto efficace.

Si, amico, il giochino funziona così.
Prendere o lasciare.
O nessuno dei due.
Ma andare avanti.

Applausi.
Bis.

 
 
 

Quotidianità.

Post n°96 pubblicato il 26 Ottobre 2006 da Blordo

Massì, in fondo che cazzo ci vuole a sorridere alla vita?

Assaporo ogni momento della giornata come se fosse quel cazzuto primo tiro di sigaretta che mi riempie la bocca la mattina mentre magari sto cagando lo stronzo più bello di tutta la mia esistenza.

Non mostro il ghignettino ebete quando vedo il sorriso di un bambino, o un fiore che sboccia in primavera, o l’immensità del mare che dorme su se stesso, perdio, no.
Semmai mi irrito, perchè cazzo c’avrà da ridere quel frugoletto brufoloso?

No.

Assaporo ogni momento, ogni altro momento della giornata che valga la pena di essere gustato fino in fondo.
Anche il più inutile.

Tagliare la linguetta dello zucchero e farlo scivolare dolcemente nella schiumina morbida del tuo caffè dove si insinua lentamente, e il rumore soffice di quell’atto ti entra nelle orecchie prevaricando il colpo di tosse catarroso del vecchio bastardo di fuori.
Questo mi piace, perdio, non due innamorati che si palpeggiano l’ombelico.

Il cameriere che affonda il coltello nella tua bistecca al sangue da un chilo e trenta da dividere in tre e tu che versi un po’ di vino ai tuoi commensali che in quel momento sono più importanti di ogni cazzo di fratello che esiste al mondo, ecco un altro motivo per cui vale la pena vivere.

Spingere la rotellina dello stereo fino in fondo quando sei imbottigliato nel traffico e sentire Gilmour che scopa con la sua cazzo di chitarrina, si, si.

Vedere la troiona cinquantenne che si atteggia da strafica pestare una merda, pure questo mi piace tanto.

E poco importa se qualche volta l’inquilino del piano di sopra prova a incrinarti la tua pace, la tua serenità, e lo fa con quei giochini subdoli che farebbero incazzare anche sè stesso.

Per esempio mi dovrebbe spiegare cosa cazzo vuol dire, adesso, fottermi la centralina della macchina.
Io ne bevo di caffè ma, merda, il colpo di tosse del vecchio bastardo lo sento sempre più forte.

 
 
 

Eàtsa Tsa Parelì Parelà Landì Parelì Landì Standù.

Post n°95 pubblicato il 20 Ottobre 2006 da Blordo

D’accordo, prendilo pure il tuo cazzo di campari con ghiaccio e scorza di limone.
Io mi faccio una birra.

Il tubo automatico nel giardino gira sempre su sè stesso.
Trecentosessantagradi di umidità posticcia.
Quando smette, rimane comunque tutto asciutto.

A cosa serve, allora.

Alla stessa cosa per la quale tu bevi un campari.

E quale sarebbe.

Credere nell’illusione che in fondo a quel bicchiere quella scorza di limone non abbia alcun cazzo di semino rottoinculo.

Sai che non ho capito bene un cazzo di quello che hai detto?

Certo che lo so.
Ma adesso bevi.
E tranquillizzati.

 
 
 

Il cesso è sempre in fondo a destra.

Post n°94 pubblicato il 14 Ottobre 2006 da Blordo


In fondo a destra.
Il cesso è sempre in fondo a destra.
Grazie.

Mi alzo dopo i digestivi un po’ scosso, come è normale dopo una cena sociale con amici che è da qualche tempo che non vedo.

Lentamente mi avvicino verso il bagno, una porta scorrevole nera con le bande rosse.
La faccio scorrere, scoprendone altre tre.

Una con la gonnellina.
Un’altra con la dicitura privata.
Non rimane che l’ultima.

Entro dentro un cesso sporco che puzza di muffa.
IL ventilatore rotto sbuffa qualcosa quando accendo la luce: forse è una bestemmia, forse è un avvertimento.
Ma non conosco il gergo meccanico, e non me ne curo.

Inizio a pisciare, copiosamente.
Piscio birra, piscio sambuca, piscio pizza, piscio tutto quello che ho bevuto e che ho mangiato.

Considerando la gettata abbondante, decido di passare il tempo sgrattando la crosta marrone di merda di chi ha usufruito il cesso prima di me.

Il pisciatore ubriaco deve pur trovare una maniera per passare il tempo.

Comando il flusso con maestria, indirizzandolo prima al centro, poi nella parte destra, poi a sinistra di quella chiazza marrone schifosa che spicca nel bianco consumato di quel water orrendo.
Vedo i risultati, e ne sono felice.

Ma è solo allora che mi accorgo, con non poco timore, di una zanzara che svolazza proprio sopra di me.

E se mi pungesse proprio lì?
Se decidesse che il mio sangue, dolce come uno zuccherino, sia da prelevare proprio sopra quel tronco rosa che spunta oltre quella camicia nera?

Terrore.

Le mani sono occupate, troppo occupate per preoccuparsi di quell’insetto.
La camicia, lunga più del solito, non mi aiuta in questo senso; una mano deve tenerla sollevata, onde evitare che il getto paglierino ne destabilizzi l’ordine prestabilito.

L'altra mano, va da sè, è naturalmente indaffarata.

Sono impotente.
Sono indifeso.
Se la stronza optasse per l’attacco, sarei inerme.
Sarei un cazzo di bambino in un campo minato.
Sarei vittima di un fottuto vampiro grosso quanto un’unghia spezzata.

Mi sento piccolo.
Insignificante.
Muovo il corpo a destra e a sinistra, evitando di continuare a preoccuparmi di quella crosta marrone nella carena del sanitario.
Ora il mio problema è un altro.
Ora il mio problema è quella zanzara.
Che continua a svolazzare, pacifica e giuliva.
E che sembra sorridermi, con quel faccino di merda che pure non riesco a vedere.

Cosa starà pensando, mi chiedo mentre continuo a muovermi per evitare di farla posare sul pisello ormai sgonfio.

Non lo so, mi rispondo.

Ma quando mi riabbottono i jeans chiari mi sento finalmente al sicuro.

Vorrei ucciderla, schiacciarla, punirla per avermi fatto passare qualche secondo di ordinaria follia.

Ma sento bussare all’esterno.
Sento insistere e ridacchiare, all'esterno.

Qualche bambinetto ubriaco deve pisciare dopo di me.

E allora le sorrido.
Le strizzo l’occhio.
E le sussurro parole dolci.

E’ il tuo momento, le dico.
E’ il tuo momento.

 
 
 

Il mio peggior amico.

Post n°93 pubblicato il 11 Ottobre 2006 da Blordo

Zum.
Il fascio verde della macchina fotocopiatrice passa sotto il libro, lo scansiona ben bene, e poi torna indietro.
Zum.
Il palmo della mano rattrappita dal maledetto freddo del mattino tiene il tomo ben aperto, lo solleva, gira pagina e si riposiziona.
Zum.
Da pagina cinquantacinque a pagina centodue.
Da pagina quaranta a pagina settantasette.
Da pagina duecentoquattordici a pagina duecentonovantasei.
Zum. Zum. Zum.

Il rumore meccanico mi è ormai entrato nelle orecchie.
Metabolizzato dal mio cervello, batte il ritmo insieme agli altri rumori del mio corpo.
Come l’intestino che gorgoglia perchè, cazzo, questa mattina ti ho un poco snobbato, hai ragione, cercherò di provvedere quanto prima, ma per favore, ti prego, c’è gente, rimani calmo e trattieni il fiato.
Bene così, bravo.

Zum.

L’occhialuto omuncolo delle fotocopie deve ancora riprendersi dalla nottata di sonno davanti alla tivvù satellitare, si vede, a giudicare dalle occhiaie pratica onanismo con costanza, è vegetariano, caga poco e male.

Non fa sport, non ha alcun interesse, ma colleziona i sottobicchieri della birra quando il mercoledi sera va a vedere le partite di coppa nel pub dietro casa.

Fuma molto, e preferisce le sigarette italiane, probabilmente le Ms.
Costano poco e sono buone.
Come la merda, ma tant’è.

Posiziona rigidamente le ciabattine marroni sotto il letto, al centro del tappetino grigio coi rombi rossi, e quando dorme non si scompone di un centimetro, rimane immobile, un po’ come Gilberto.
Il mattino si alza e non deve nemmeno rifare il letto.

Divide la biancheria intima secondo i colori e le forme.
Mutande bianche nel lato destro del primo cassetto.
Mutande nere nel lato sinistro del primo cassetto.
Boxer nel secondo, di fianco ai perizoma leopardati.

In effetti non è sposato, e probabilmente è pure gay.

Calzini neri nel secondo, calzini bianchi nel terzo.
Le canottiere e le magliette della salute sono nel quarto.

Si fa la barba tutte le mattine con le lamette usa e getta, e spesso si taglia ripensando al capezzolo turgido di Samanthachiamamisaròlatuatroia.

Beve il caffè nella tazzina di vetro e lo dolcifica con il dietor, senza sapere nemmeno il perchè.

Indossa sempre gli stessi colori, esce di casa alla stessa ora e fa la stessa strada per arrivare in mezzo ai suoi toner e alle sue risme di carta.

Saluta il fruttivendolo davanti che sta ancora scaricando gli ultimi cesti di frutta, e mangia a sbafo una mela rossa buttandone via metà.
Inveisce contro gli stronzi che scrivono frasi incomprensibili sopra la sua saracinesca, e fa una smorfia di dolore quando deve sollevarla fino in cima perchè, diamine, la sua povera schiena non è più quella di una volta.

Vota rifondazione e legge l'Unità, che poi accartoccia nel cestino della bicicletta.

Quando arrivano i clienti parla, parla come una mitragliatrice, parla in continuazione, vomita affermazioni, argomenta, motiva, giustifica, conia nuovi termini, chiede pareri, si confronta, inventa, polemizza, insulta, rincuora, consiglia, impreca.

Come un Re immerso nel suo regno di carta e inchiostro, di copie a colori e di copie in bi/enne, di formati e di misure, di gente che va e di gente che viene, di fotocopie e di rilegature.

Lui.
Sarà lui il mio nuovo amico per i prossimi giorni, visto che questo cazzoso lavoro di bibliografia mi richiederà un notevole dispendio di bestemmie
.

E devo trovare la maniera giusta per mandarlo a fare in culo, quanto prima.
Con eleganza, intendo.
Ma con precisione, senza fraintendimenti.

Alle otto di mattina preferisco confrontarmi con il cesso smerdato della stazione di Madrid.

 
 
 

AREA PERSONALE

 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname:
Se copi, violi le regole della Community Sesso:
Età:
Prov:
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

giovannat000e.d.adolcefata17brucaliffataBlordoassunta.81manliosavoniSerendipity.92cassetta2KnockinOnJoecampetto2000slippery.zoneskrikkioliseasun80
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 
 
 

Ve lo dico io di cosa parla Like a Virgin. Parla di una ragazza che rimorchia uno con una fava grossa così. Tutta la canzone è una metafora sulla fava grossa. Parla di una figa che scopa come una matta a destra e a sinistra, giorno e notte, mattina e sera. Cazzo.cazzo, cazzo-cazzo, cazzo-cazzo, cazzo-cazzo, cazzo! Finchè un bel giorno incontra un tipo cazzuto alla John Holmes. E allora..vai alla grande! Cioè uno che con l'attrezzo ci scava i tunnel, come Charles Bronson ne "La grande fuga". Lei ci da dentro come una maiala fino a che sente una cosa che non sentiva da un secolo: dolore. Dolore! Le fa male. Non dovrebbe perchè la strada è bella che asfaltata, ormai, ma quando il tipo la pompa le fa male. Lo stesso dolore che sentì la prima volta, capite? Il dolore fa ricordare alla scopatrice di quando era ancora vergine. E quindi, Like a Virgin.

 
 
 
 

Questa particolare storia si svolge in un cesso pubblico. Perciò devi conoscere tutto di quel cesso pubblico. Devi sapere se c'erano gli asciugamani di carta o il getto d'aria calda. Devi sapere se i pisciatoi avevano le porte oppure no. Devi sapere se c'era il sapone liquido o quella schifossissima polvere rosa che si usava al liceo. Devi sapere se c'era o no l'acqua calda, se c'era puzza. Se qualche pezzo di stronzo schifoso bastardo figlio di puttana aveva schizzato di diarrea una delle tazze. Devi sapere tutto quello che riguarda quel cesso. Perciò quello che devi fare è raccogliere tutti i dettagli e farli tuoi. Le cose importanti da ricordare sono i dettagli. I dettagli rendono la storia credibile.

 
 
 
 

Sono sepolto in questo buco, prendo meno di un negro alla catena, lavoro anche nel giorno di riposo, quelle cazzo di saracinesche si sono bloccate, ho a che fare con i peggio balordi di questo pianeta, puzzo di lucido da scarpe, la mia ex ragazza è in catalessi dopo aver scopato con un cadavere e la mia attuale ragazza si è ciucciata trentasei cazzi.
Deciditi o cachi o tiri su le braghe. O cachi, o braghe.
Parlo di quello che ti senti, questa incapacità che hai di migliorare il tuo stato. Te ne stai li a lamentarti che la vita ti ha fregato, ti avessi mai visto prendere la responsabilità di dare una svolta alla tua situazione. Se ti fa schifo questo posto, e chi ci viene, e se ti caca il cazzo di essere qui il tuo giorno libero, ma perchè allora non ti licenzi?  Tu che fai il melodramma sei naturale come uno che caca dalla bocca.

 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963