Creato da: CarloCarlucci il 22/08/2004
"Pensieri oziosi di un ozioso"

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Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 30 Settembre 2004 da CarloCarlucci

« Non voglio che tu te ne vada,
dolore, ultima forma
di amare. Mi sento
vivere quando mi fai del male
non in te, né qui, più lontano:
nella terra, nell'anno
da dove vieni tu,
nell'amore con lei
e tutto ciò che fu.
In questa realtà
sprofondata, che si nega
a se stessa e si ostina
che mai è esistita,
che fu solo un mio pretesto
per vivere.
Se non mi rimanessi tu,
dolore, incontrastabile,
io lo crederei;
però mi rimani tu.
Che tu sia realtà mi dà la sicurezza
che niente fu menzogna.
E fin quando io ti sento,
tu sarai per me, dolore,
la prova di un'altra vita,
in cui non mi affliggevi.
La grande prova, a distanza,
che è esistita, che esiste,
che mi amò, sì,
che ancora la amo. »

Il dolore non è necessario. Il dolore non è utile. Questo dicevo. Questo insegna lo stupendo SEGRETI E BUGIE. Questo dice la psicologia analitica.

Ma questa poesia afferma il contrario. Che il dolore è utile, che il dolore insegna. Che il dolore non va rimosso, persino che il lutto non va elaborato.
Arriva ad affermare la pervicace volontà di restare ancorati al dolore come testimonianza del sé, della propria storia.

E dunque?
A ben vedere, le due istanze, i due atteggiamenti, sono meno antitetici di quanto possa a primo sguardo sembrare.
Il film di Leigh indubbiamente parla di un dolore diverso da quello descritto da Salinas. Esso parla della non necessità della menzogna, della dissimulazione, della negazione. Parla di rapporti umani, della necessità della condivisione, della accettazione della propria condizione.
Ed è su questa base, che i psicologi analisti postulano la inutilità del dolore, come frutto avvelenato della negazione della propria condizione, come primo passo necessario per la serena consapevolezza di sé, delle proprie pulsioni, della nostra reale dimensione.
Accettare la perdita, significa superare il dolore per diventare altro da prima, persona nuova, diversa.

Ora, quello che la poesia di Salinas rifiuta è proprio questo accettare la perdita. Perché un atteggiamento apparentemente così irrazionale?
Cominciamo a notare che il dolore di cui parla Salinas è di grado ontologicamente superiore. Egli non parla del dolore causato dalla menzogna, ma del dolore cagionato dalla Verità.
Quello di cui si parla è non già il semplice distacco da una persona, ma dal mondo.
E come si realizza questo passaggio di grado? In che modo superare il dolore per la perdita di una persona implica la perdita del mondo? Attraverso il riconoscimento completo di sé in un'altra persona. L’Amore di cui Salinas parla è quell’Amore istitutivo, fondante, che ci accoglie nel mondo, l’Amore in cui riconosciamo e ritroviamo noi stessi.
L’Amore che istituisce è ciò che ci completa in quanto persone, quando ritroviamo in qualcuno – anticamente – la metà di cui sentiamo di mancare: ciò che ci completa, che ci dà il senso di appartenenza piena.
Il mancare, il cessare di questa situazione, fa mancare non soltanto qualcosa che siamo stati – e che vorremmo continuare ad essere – ma in un senso più profondo fa mancare quel senso di appartenenza, quell’essere accolti, quello che Heidegger chiamò, in “Essere e Tempo”, “avanti-a-sé-esser-già-in”.
Amore è, in questo senso, il “prendersi cura”, cioè il rivestire le parole di un significato meditato, fondativo, consapevole e riflettuto. Ma il linguaggio ci precede, ci accoglie e ci introduce al Mondo. E dunque, il ritrovare – anticamente, secondo la stupenda definizione di Salinas, cioè che ci precede da sempre – nell’altro il significato delle nostre parole, e ritrovare nell’altro le parole che ci significano, significa ritrovare il nostro posto nel mondo, il significato del nostro essere.
E la Verità è, dunque, originariamente, ciò che rende vero, possibile, il tutto.

“Avanti-a-sé”, che ci precede, “già-in”, essere già presenti in esso, necessari ad esso. Ritrovare e ritrovarsi. Ciò che non può essere perduto, ciò che non si può perdere, senza perdere se stessi.

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Chi ha cominciato? Non so. ... »

 
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