Creato da: CarloCarlucci il 22/08/2004
"Pensieri oziosi di un ozioso"

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Post N° 29

Post n°29 pubblicato il 03 Ottobre 2004 da CarloCarlucci

Che cosa vuol dire “prendersi cura”, “mi prendo cura di te”, “abbi cura di te”?
La cura. Sorge, in tedesco.
“Aver cura di”. “Abbi cura di te stesso”.

Heidegger dedica pagine essenziali, e fondamentali, sull’argomento. Anzi, il concetto stesso di “cura” è uno dei concetti fondamentali di “Essere e tempo”. Le pagine dedicate alla Cura, che si coniuga poi in quelle dedicate all’angoscia, e al desiderio, sono pagine che rivelano una ricchezza, e una profondità persino straordinarie, nell’ottica dell’analitica dell’esistenza.
Pagine che fa sempre bene rileggere, che illuminano.

“La Cura come essere dell’esser-ci”. Già il titolo del capitolo sesto chiarisce la fondamentalità dell’argomento. Noi siamo-nel mondo. La nostra esistenza è fatta di partecipazione alle cose, al linguaggio, di situazioni emotive suscitate da ciò che incontriamo. Noi siamo il nostro incontro con le cose: noi siamo-nel mondo, “ci-siamo”; siamo un “esser-ci” appunto.

E come avviene questo essere-nel-mondo? Attraverso le parole.
“E’ una bella follia il parlare: con essa l’uomo danza su tutte le cose”, come recita lo Zarathustra di Nietzsche.
Certo, nello scorrere ordinario della vita quotidiana, si perde la cognizione della profondità delle parole: esse si incollano sulle cose, diventano cose esse stesse; la penna, il telefono, la casa, gli alberi. Parole, cose, parole-cose.
Le cose si rivelano in una opacità inespressiva, indifferenti; il mondo diventa banale, insignificante. E quando ci rendiamo conto di questo abissale vuoto di significato, proviamo il sentimento dell’angoscia, che per Heidegger è il sentimento fondante dell’esperienza umana, la consapevolezza, la presa d’atto e di coscienza della vacuità del tutto.

Ed è allora che dobbiamo ridare alle cose la capacità di risuonare nuove, di emozionarci ancora e profondamente. Ed è allora che dobbiamo cercare parole nuove, e le origini, e le implicazioni, e le risonanze, delle parole usate.
Dobbiamo prenderci cura delle cose, prendendoci cura del linguaggio che ci fa danzare sopra di esse. Noi SIAMO realmente, consapevolmente, noi ESISTIAMO nel senso proprio del termine, solo quando sappiamo prenderci cura. Delle cose, delle persone. Delle parole.

Ma non esiste un linguaggio privato. Il linguaggio ci precede, e ci chiama a parlare. Il linguaggio è la voce della madre che accoglie il bambino “al mondo”. Nel linguaggio siamo accolti e siamo resi partecipi. Condividere significati, crearne di nuovi, questo è esser parte del mondo.
Essere ascoltati, saper capire, condividere: questo è parlare.
E abbiamo bisogno che i nostri significati siano accettati, e compresi.
E abbiamo bisogno di trovare persone che sappiano parlarci in modo nuovo, e a cui le nostre parole suonino familiari prima ancora che siano pronunciate. Questo è esser parte del mondo.
Ciascuno di noi ha il diritto ad un suo posto nel mondo; di essere amato, per ciò che dice, per come lo dice, per come sa ascoltare.
Ciascuno di noi, per essere stesso, per “esser-ci” realmente, deve condividere i suoi significati, e sentire condivisi i propri.
Per questo ciascuno di noi porta il dovere di difendere le parole che condivide. Prendersi cura di qualcuno, degli altri, significa questo.

Il prendersi cura è la voce che pronuncia parole come queste:

Apprezzo ciò che dici, lo riconosco mio: continua a dirlo, ti ascolto amico caro, e capisco ciò che dici. Sii te stesso, continua ad esserlo, parlando le parole che sai; e nella comune condivisione entrambi continueremo ad esistere per ciò che siamo e ciò che desideriamo essere. Non ti smarrire nelle parole del mondo; non lasciare che la tua voce si perda inascoltata, o fraintesa, o incompresa, fino a tacere. E lo so, amico caro, che quanto più le parole sono rare, e preziose, tanto più è difficile condividerle, e trovare chi le condivida da sempre e per sempre. E’ un lavoro paziente, difficile; e faticoso, e penoso persino, talvolta.
Ma non è tacendo che possiamo essere noi stessi. E il prendersi cura di se stessi passa solo e soltanto attraverso il difendere le parole che ci significano, che ci fanno esistere, e difendendo le parole che ascoltiamo, e che ci parlano da sempre. E per sempre. Da soli non ci si può prendere cura di se stessi.

E’ buio, e fa freddo, lì fuori, nel silenzio della parola.

 
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