Forse non si riflette abbastanza sul fatto che ci innamoriamo - o meglio, che abbiamo bisogno di innamorarci - anche per condividere le cose belle che amiamo, per far sì che qualcuno condivida con noi il nostro incantamento.
Vedendo la bellezza nelle cose, vogliamo esser partecipi di essa; il che significa desiderare anche che altri vedano noi stessi in quella stessa bellezza.
Riconoscere la bellezza è in un certo senso esserne parte, infatti: dopotutto, come bene sapeva San Paolo, la bellezza sta negli occhi di chi guarda. Così che riconoscendo la bellezza in ciò che troviamo bello, l'Altro ci riconosce capaci, e possessori di bellezza.
E non è forse ciò che noi stessi facciamo, trovando bello ciò che il nostro amore trova bello? Non è forse per questo che innanzitutto e perlopiù amiamo ciò che esso ama?
La bellezza delle cose non è muta, essa ci parla; ma le parole hanno significato solo se condivise, e quando si fermano dentro di noi avvertiamo l'urgenza di farle uscire, di renderle vive, e davvero significanti.
Amore si nutre di bellezza, ma la bellezza chiama Amore.
E non c'è nulla di più triste, di più straziante, di continuare ad avvertire la bellezza quando Amore se n'è andato, o peggio ci ha lasciato.
Ci troviamo allora nella straziante solitudine di una bellezza che non sappiamo e non possiamo più condividere. Una bellezza che ci ricorda a sua volta la perduta armonia, e l'infinita bellezza, di cui siamo stati privati.