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LE MISURE ALTERNATIVE AL CARCERE

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 Consiglio ad un'amica

Post n°48 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da geko1963

Mi sono pervenute alcune richieste di consigli utili per fronteggiare la burocrazia del sistema carcere. Una richiesta in particolare mi ha colpito perchè la situazione del compagno di Marta è simile, purtroppo, a quella di tante altre persone non italiane. Se ho capito bene il compagno di Marta è in carcere da circa dieci mesi, ha avuto una condanna a tre anni e quattro mesi per detenzione (o spaccio?) di sostanze stupefacenti e non è riuscita ancora a vederlo, essendo egli un extracomunitario e non convivente "formalmete" con lei (ma di fatto si). Inoltre la condanna non è ancora divenuta definitiva e questo complica un pò la situazione perchè le decisioni in relazione a tutte le richieste o istanze detenuto non vengono prese dal Magistrato di Sorveglianza ma dal Giudice di merito, cioè dal giudice di primo o secondo grado, a seconda dello stato di avanzamento dell'iter processuale. La prima cosa da fare, a mio avviso e se non è stato già fatto, è quella di rinunciare ai cosiddetti "termini di legge", cioè rinunciare ai vari gradi di giudizio in modo che la condanna diventi subito definitiva. In questo modo si aprono diversi spiragli per accedere alle misure alternative alla detenzione (il compagno di Marta ha già chiesto gli arresti domiciliari ma gli sono stati respinti, credo per 2 ragioni fondamentali: per non avere formalmente una residenza e per la potenziale reiterazione del reato). Purtroppo nella situazione di Marta ci sono tantissime persone che non fanno notizia perchè l'autoreferenzialità dell'istituzione non permette certa pubblicità; mi riferisco al fatto che non può vedere il suo compagno perchè non è convivente con Lei, ma di fatto lo è (risulta anche dalle relazioni degli operatori di polizia). Quando il suo compagno era a Padova il magistrato gli aveva concesso permanentemente i colloqui con il congiunto ma, trasferito a Ferrara, ha fatto richiesta al nuovo magistrato ma non solo non ha risposto ma le nega un colloquio. Marta è convinta che ci siano detenuti di serie A e di serie B. Forse non è così che stanno le cose ma di sicuro influisce molto il fatto che il suo compagno sia extracomunitario. Non solo ma non avendo una residenza formale complica la situazione, anche se quando è stato arrestato lo si sapeva della sua convivenza con Marta. Il magistrato che deve decidere non è quello di soprveglianza, non essendo la condanna divenuta definitiva, per cui occorre fare richiesta esplicita al giudice d'appello evidenziando e procurando documenti o testimonianze riguardanti la convivenza. Purtroppo non è facile, soprattutto quando si tratta di persone deboli politicamente e socialmente. Intanto che l'iter burocratico faccia il suo corso il mio consiglio è quello di fare richiesta di colloquio con terza persona. Mi spiego meglio: in molti istituti penitenziari c'è la possibilità, quando non ci sono familiari, di chiedere  colloqui con terze persone ed è il direttore a decidere; ma attenzione, perchè se il detenuto non è ancora definitivo il direttore non può decidere se non arriva il nulla osta da parte della procura. Questa è una strada da seguire, secondo me, sperando che i tempi si possano accorciare. Purtroppo quando si cade nel circuito della giustizia, o meglio dell'area penale, il cittadino è solo di fronte alla burocrazia carceraria ed è difficile per lui trovare la strada giusta. Spero che Marta nel frattempo abbia risolto il suo problema e l'unica cosa da fare è aspettare. Lo so che è difficile accettare l'attesa senza far niente, ma bisogna avere pazienza.

Riguardo alle misure alternative alla detenzione è opportuno precisare che esse sono possibili solo con una condanna divenuta irrevocabile da parte della Cassazione, cioè dopo il terzo grado di giudizio. Quelle che solitamente sono più richieste dai detenuti sono: l'affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, la semilibertà. Ci sono anche altre, ma queste sono le più diffuse, ossia quelle più ricorrenti; inoltre le richieste che ho ricevuto si riferiscono proprio a queste misure. Riguardo alle altre ci sarà il tempo di parlarne in seguito.

1) L'affidamento in prova ai servizi sociali. E' considerata la misura alternativa per eccellenza perchè si svolge totalmente fuori dal carcere e nel territorio, evitando i danni causati dall'ambiente carcerario. La legge, regolamentata dall'art. 47 dell'ordinamento penitenziario, modificato nel 1998, consiste nel far scontare tutta la pena (eventualmente residua) fuori dall'istituto. Occorrono dei requisiti particolari per la concessione e sono: 1) Pena o residuo pena non superiore a tre anni (se il soggetto è tossico o alcool-dipendente, 4 anni); 2) comportamento regolare all'interno dell'istituto di pena se si sta scontando una pena in via definitiva; 3) comportamento regolare al di fuori, cioè deve essere tale da far ritenere che la persona non commetta altri reati. Inoltre posso dire per esperienza diretta che è molto più semplice ottenere l'affidamento se si riesce ad avere una disponibilità lavorativa. Purtroppo è molto difficile per gli extracomunitari perchè spesso non hanno un punto di riferimento abitativo, ma neanche una famiglia a cui fare affidamento (questo discorso è molto ampio ed inopportuno in questa sede).

2) Semilibertà. Con questa misura alternativa "impropria", il reinserimento nel tessuto sociale e libero del soggetto in stato di detenzione è parziale. Consiste nella concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto di pena per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base ad un programma di trattamento, la cui responsabilità è affidata al Direttore dell'istituto di pena (art. 48 O.P.). Per la sua concessione sono necessari requisiti giuridici e requisiti soggettivi. Requisiti giuridici: 1) pena dell'arresto e pena della reclusione non superiore a sei mesi se il condannato non è affidato al servizio sociale; 2) espiazione di almeno metà della pena o, se si tratta di condanne per reati ritenuti pericolosi (reati di cui all'art. 4 bis), di almeno due terzi della pena; 3) prima dell'espiazione di metà della pena nei casi previsti dalla legge (art. 47 o.p.); 4) espiazione di almeno venti anni di pena per i condannati all'ergastolo; 5) essere sottoposto ad una misura di sicurezza di sicurezza detentiva (internato). Requisiti soggettivi: 1) aver dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale se la pena è inferiore ai sei mesi; 2) aver compiuto dei progressi nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società, per tutti gli altri casi.

 
 
 
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IL MITO

 

HASTA SIEMPRE COMANDANTE GUEVARA

Il potere ha sempre paura delle idee e per arginare la lotta degli sfruttati comanda la mano di sudditi in divisa e la penna di cervelli sudditi. Assassinando vigliaccamente il Che lo hanno reso immortale, nel cuore e nella testa degli uomini liberi. Negli atti quotidiani di chi si ribella alle ingiustizie. Nei sogni dei giovani di ieri, di oggi, di domani!     

 

ART.1 L. 26 LUG 1975, N. 354

Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.

Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.

Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.

I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.

Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono copnsiderati copevoli sino alla condanna definitiva.

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reiserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. 

ART. 27 COSTITUZIONE

La responsabilità penale è personale.

L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalla legge (La pena di morte non è più prevista dal codice penale ed è stata sostituita con la pena dell'ergastolo)

 

TESTI CONSIGLIATI

Sociologia della devianza, L. Berzano e F. Prina, 1995, Carocci Editore.
Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza,
E. Goffman, Edizioni di Comunità, 2001, Torino.
Condizioni di successo delle cerimonie di degradazione
, H. Garfinkel.
Perchè il carcere?,
T. Mathiesen, Edizioni Gruppo Abele, 1996, Torino.
Il sistema sociale,
T. Parsons, Edizioni di comunità, 1965, Milano.
Outsiders. saggi di sociologia della devianza,
Edizioni Gruppo Abele, 1987,
Torino. La criminalità, O. Vidoni Guidoni, Carocci editore, 2004, Roma.
La società dei detenuti, Studio su un carcere di massima sicurezza,
G.M. Sykes, 1958. Carcere e società liberale, E. Santoro, Giappichelli editore, 1997, Torino.

 

 

 

 


 

 

 

 

 
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