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« QUESTO CLIMA MI PREOCCUPADA "Ristretti orizzonti" »

...Basterebbe un pò di cultura

Post n°74 pubblicato il 03 Marzo 2008 da geko1963
 

 

 

Sono anni che problemi come la tossicodipendenza e la prostituzione vengono presentati dai mezzi di informazione come emergenze e conseguentemente vengono affrontati dai governi con misure sempre più repressive. Il risultato disastroso che questo produce lo subiamo sulla pelle anche noi detenuti, che dobbiamo fare i conti prima con condizioni di vita sempre più inumane, e poi con una società sempre più incattivita.

Sembra così difficile far capire alle persone quanto questi fenomeni allarmanti in realtà siano anche dei problemi che coinvolgono esseri umani con tutta la loro complessità, mentre basterebbe, per saperne di più, un po’ più di cultura, semplicemente leggere della buona letteratura o guardare qualche film di quelli che non avranno al centro donne splendide e scene d’azione, ma che insegnano tanto.

In questi giorni ho letto di un film che racconta una storia che secondo me offre una chiave per leggere con più umanità quei fenomeni chiamati "emergenze". Al centro c’è una donna di mezza età che ha un nipotino che rischia di morire se non viene sottoposto a un’operazione in Australia, ma i suoi genitori non hanno il denaro necessario. Lei decide allora di andare a Londra a cercare lavoro, si presenta a un colloquio, ma scopre che il lavoro richiesto è quello di stare dietro una parete, in un locale porno, e masturbare i clienti che però non possono vederla.

Io credo che questa storia insegnerebbe molto a tutti, detenuti compresi, perché mi sembra che non sia solo ricca di umanità, ma in un modo del tutto originale apra una finestra sul mondo complesso delle prostitute. Cioè, in questo film vedi come anche una donna con un lavoro che appare così degradato, ha in realtà una storia pesante, ed è portatrice di una straordinaria capacità di amore per il proprio nipote: la sua è una vita-simbolo, dove si intrecciano due grandi temi, la malattia e la prostituzione.

Sarei curioso di sapere che cosa ne pensa la gente fuori, cosa ne pensano quelli che ritengono che una società civile non debba accettare l’utilizzo della donna come oggetto di piacere a pagamento, ma che però non si scandalizzano se qualcuno ha la libertà di rendere la gente più povera e più sfruttata; mi interessa sentire anche la gente comune, che sicuramente non sopporta di vedere tante prostitute straniere in giro per le città, e però non pensa che a volte tra di loro ci sono donne che hanno famigliari malati, che vivono magari in paesi come l’Albania, dove il liberismo sfrenato ha causato l’abbandono di chi ha bisogno di cure mediche per sopravvivere.

Ecco, mi piacerebbe che questo film così inusuale potesse far un po’ riflettere su quelle realtà di degrado e di povertà, che chi sta in carcere ha spesso conosciuto da vicino.

 

Un detenuto a Padova

 
 
 
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IL MITO

 

HASTA SIEMPRE COMANDANTE GUEVARA

Il potere ha sempre paura delle idee e per arginare la lotta degli sfruttati comanda la mano di sudditi in divisa e la penna di cervelli sudditi. Assassinando vigliaccamente il Che lo hanno reso immortale, nel cuore e nella testa degli uomini liberi. Negli atti quotidiani di chi si ribella alle ingiustizie. Nei sogni dei giovani di ieri, di oggi, di domani!     

 

ART.1 L. 26 LUG 1975, N. 354

Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.

Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.

Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.

I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.

Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono copnsiderati copevoli sino alla condanna definitiva.

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reiserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. 

ART. 27 COSTITUZIONE

La responsabilità penale è personale.

L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalla legge (La pena di morte non è più prevista dal codice penale ed è stata sostituita con la pena dell'ergastolo)

 

TESTI CONSIGLIATI

Sociologia della devianza, L. Berzano e F. Prina, 1995, Carocci Editore.
Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza,
E. Goffman, Edizioni di Comunità, 2001, Torino.
Condizioni di successo delle cerimonie di degradazione
, H. Garfinkel.
Perchè il carcere?,
T. Mathiesen, Edizioni Gruppo Abele, 1996, Torino.
Il sistema sociale,
T. Parsons, Edizioni di comunità, 1965, Milano.
Outsiders. saggi di sociologia della devianza,
Edizioni Gruppo Abele, 1987,
Torino. La criminalità, O. Vidoni Guidoni, Carocci editore, 2004, Roma.
La società dei detenuti, Studio su un carcere di massima sicurezza,
G.M. Sykes, 1958. Carcere e società liberale, E. Santoro, Giappichelli editore, 1997, Torino.

 

 

 

 


 

 

 

 

 
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