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« Morire di carcere: dossi...Lettera aperta al Presid... »

PENSIERO

Post n°82 pubblicato il 26 Maggio 2008 da geko1963
 

...che vita di merda!!! E dire che la maggior parte della gente pensa che noi semiliberi siamo "liberi". E' vero, abbiamo sbagliato, dobbiamo pagare...ma come? Togliendoci anche la dignità di persone? La pena peggiore è essere soli nelle battaglie e non ci puoi fare niente, devi solo accettare le umiliazioni degli altri, di tutti coloro che gravitano intorno al circuito penale. Vogliono toglierti il pensiero, le idee, le tue capacità e inculcarti il loro pensiero, le loro idee perchè solo così sei "uno di loro", cioè una persona passiva, che dà il fondo schiena per la loro bella faccia, per la visibilità mediatica delle istituzioni, mentre tu perdi la tua personalità, la tua identità. E' questo l'intento: produrre persone senza identità. E tu sei lì a chiederti se vale la pena di lottare per tornare a vivere come una volta, quando ancora non pensavi neanche che esistesse il carcere nel tuo futuro. L'oggi, il presente, è un vivere vegetale, alla giornata, senza emozioni, senza un tuo futuro (pretendono anche di pensare al tuo futuro senza mai chiederti: chi vuoi essere?) perchè non hai la possibilità neanche di pensarci. Ti guardi allo specchio e ti chiedi: chi sono? cosa voglio? Ma non sai darti una risposta...perchè il male di vivere è dentro di te e non puoi farci niente finchè la solitudine divora la tua vita, giorno dopo giorno, ora dopo ora...senza tregua. Non puoi neanche parlare con le poche persone che ti sono vicino (se ci sono!) perchè non riuscirebbero a capire le tue paranoie, le tue non-emozioni, e sei costretto a fare l'ipocrita consapevole mostrando un sorriso di facciata, rispondendo sempre che va tutto bene, che è sempre meglio oggi da semilibero che ieri da detenuto. Certe volte penso che sarebbe meglio tornare dentro ed aspettare il fine-pena passivamente, tanto cosa cambia? Il fatto di stare "fuori" non vuol dire essere libero, se dentro di te non lo sei. "Libertà è partecipazione" diceva Gaber e noi ne siamo tagliati fuori. 

 
 
 
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IL MITO

 

HASTA SIEMPRE COMANDANTE GUEVARA

Il potere ha sempre paura delle idee e per arginare la lotta degli sfruttati comanda la mano di sudditi in divisa e la penna di cervelli sudditi. Assassinando vigliaccamente il Che lo hanno reso immortale, nel cuore e nella testa degli uomini liberi. Negli atti quotidiani di chi si ribella alle ingiustizie. Nei sogni dei giovani di ieri, di oggi, di domani!     

 

ART.1 L. 26 LUG 1975, N. 354

Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.

Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.

Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.

I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.

Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono copnsiderati copevoli sino alla condanna definitiva.

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reiserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti. 

ART. 27 COSTITUZIONE

La responsabilità penale è personale.

L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalla legge (La pena di morte non è più prevista dal codice penale ed è stata sostituita con la pena dell'ergastolo)

 

TESTI CONSIGLIATI

Sociologia della devianza, L. Berzano e F. Prina, 1995, Carocci Editore.
Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza,
E. Goffman, Edizioni di Comunità, 2001, Torino.
Condizioni di successo delle cerimonie di degradazione
, H. Garfinkel.
Perchè il carcere?,
T. Mathiesen, Edizioni Gruppo Abele, 1996, Torino.
Il sistema sociale,
T. Parsons, Edizioni di comunità, 1965, Milano.
Outsiders. saggi di sociologia della devianza,
Edizioni Gruppo Abele, 1987,
Torino. La criminalità, O. Vidoni Guidoni, Carocci editore, 2004, Roma.
La società dei detenuti, Studio su un carcere di massima sicurezza,
G.M. Sykes, 1958. Carcere e società liberale, E. Santoro, Giappichelli editore, 1997, Torino.

 

 

 

 


 

 

 

 

 
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