La verità si costruisce un pezzo per volta, un lavoro lento, faticoso, pericoloso (in tutti i sensi) e mai facile.
L’assoluzione della Juventus e dei suoi ex amministratori nel processo per falso in bilancio, tre anni dopo il suo inizio, è per esempio una tessera interessante del mosaico con il quale la Giustizia sta ricostruendo gli eventi che hanno stravolto la storia del calcio italiano. Una smisurata pazienza è essenziale se si vogliono avere delle ragionevoli certezze: un quadro completo, anche se non definitivo, delle vicende di calciopoli si potrà avere solo dopo le sentenze del Tribunale di Napoli, quando ci sarà finalmente l’occasione per riflettere di quei fatti dopo che un vero processo li avrà analizzati.
Nell’attesa, vale la pena seguire l’evoluzione dei vari procedimenti giudiziari e segnarsi alcuni appunti per qualche considerazione volante. L’assoluzione con la formula più piena che c’è (il fatto non sussiste) del Tribunale di Torino, segue di qualche mese la sentenza pronunciata a Roma nel processo Gea, che ha smontato l’ipotesi di un’associazione a delinquere e l’esistenza di una cupola con a capo Moggi (al quale sono state riconosciute imputazioni minori).
A questo punto, permettete una metafora poco ortodossa, se non addirittura blasfema, ma se a Napoli si giocherà la partita decisiva percapire calciopoli, le amichevoli precampionato stanno andando alla grande per Giraudo, Moggi e Bettega, che nell’ambito della Giustizia, quella con la maiuscola, faticano a trovare il riconoscimento dell’etichetta di “mostri” appiccicatagli altrove.
E in una giornata intensa dal punto di vista giudiziario, la Juventus si è vista riconoscere anche l’innocenza nel caso degli insulti a Balotelli. Il giudice sportivo non li ha giustamente considerati razzisti e ha punito la società solo con una sacrosanta multa di 20.000 euro e non con la squalifica del campo, come richiesto furbescamente da Mourinho.
E, esattamente come previsto dal regolamento, Maicon è stato squalificato per due giornate pergli insulti al guardalinee. Sarebbe molto bello vedere stadi in cui nessuno insulta nessuno, ma perraggiungere questo risultato non si deve passare da scorrette applicazioni dei codici di giustizia sportiva, ma da una profonda rivoluzione culturale del calcio italiano.
E anche in questo caso serve una smisurata pazienza.
Da TUTTOSPORT del 30.11.2009
SUPERPAOLO
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