Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

 

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Quando usavamo i cannelli ferruminatori...

Post n°130 pubblicato il 19 Settembre 2011 da paoloalbert

Il tema del Carnevale chimico di settembre, ospitato questa volta da Teresa Celestino sul suo blog Urto Efficace, invita a fare -->
"...una riflessione sull'insegnamento della chimica attingendo ai propri ricordi della scuola superiore".

Uhmm, fammi pensare, perchè è passato un pochino di tempo dalla mia scuola superiore...

Per fare questa riflessione devo fissare innanzitutto il perno attorno a cui ruota ogni ragionamento, un concetto ormai abusato ma fondamentale: l'ambiente di reazione di quando io ero alle superiori, per dirla con una metafora chimica, era diverso.
Quando dico diverso, intendo "completamente" diverso.
Quella che non coincide più è la cosiddetta "società" (non i singoli individui, che più o meno son sempre quelli e sempre lo saranno, buoni, medi, cattivi, ma il loro insieme).
Senza questa premessa ogni comparazione tra la scuola di ieri e quella di oggi perde di significato, come quando si vogliono confrontare due grandezze non omogenee.

Ed anche la scuola e la didattica seguono la società, è ovvio.
Provocatoriamente: buona società --> buona didattica, società triste --> didattica triste...
Che la società della mia giovinezza fosse migliore di quella attuale permettetemi di dire che di questo sono sicuro.
Attenti, importantissimo!: non faccio il ragionamento di quel Cavaliere di Vittorio Veneto il quale, chiesto come si stava in trincea sul Carso nel '17, rispondeva: "benissimo, avevo 18 anni...", no, sono proprio sicuro in maniera oggettiva che quand'ero alle superiori la società era migliore, molto migliore.

Fine delle considerazioni sociologiche, e cerchiamo di ricordare.

°°°

Tanto per cominciare occorre premettere che nel mio periodo le scuole superiori a indirizzo prettamente chimico erano talmente poche (sulle dita delle mani ci stavano tutte quelle dell'Italia settentrionale? Credo di sì) che gli studenti che le frequentavano erano generalmente più motivati della media, e tanti, come il sottoscritto, costretti a vivere molto lontano da casa e a caro prezzo per poter studiare proprio quella materia prima dell'università.

°°°

La mia scuola la ricordo con estremo affetto, e altrettanta considerazione la riservo a tutti i miei professori; non ce n'è uno che io ricordi con un minimo di disaffezione! Li salvo tutti, dal primo all'ultimo.
Qualcuno era meno preparato (quello di fisica del secondo anno forse) ma devo dire che mediamente erano molto bravi, dal lato professionale e da quello umano.
La giusta severità era allora d'obbligo ed il rapporto gerarchico molto osservato, ma il rispetto reciproco alunni-insegnanti era sacro. Goliardico, magari spinoso, ma sacro.

°°°

I voti?
Sui voti non esistono paragoni con l'oggi: la media dell'otto credo non sia mai stata assegnata nel mio quinquennio in tutte le numerose sezioni; sette era una media da premio (molto rara).
Da un po' di anni a questa parte ci sarebbe discutere su quell'ambiguo autogiudizio che qualche insegnante dà palesemente a se stesso, secondo l'equazione: "...i miei alunni escono tutti con ottimi voti? Guardate come sono bravo! Quei nove e quei dieci che elargisco a piene mani rispecchiano il giudizio sulla qualità del MIO insegnamento!"... ma lancio e non commento un ragionamento così impietoso quanto evidente su certa moderna didattica.
In ogni caso la mia vecchia scuola riguardo i voti funzionava in quel modo. Forse anche per questo aveva quel prestigio che le è rimasto.

°°°

- I fondi sono scarsi, i reagenti costano e quell'impianto è rotto: non si può fare laboratorio.

Allora questa situazione, divenuta oggi la quasi la normalità, sarebbe stata, oltre che inconcepibile, anche vergognosa; non ricordo quante ore di laboratorio si facessero alla settimana, ma erano tante, di mattina e di pomeriggio, di inorganica e di organica.
Ognuno era possessore, a sue spese, del canonico filo di platino, anche allora carissimo: cinquecento lire, una follia!
Nel taschino del camice di parecchi studenti spuntava un vezzoso simbolo del mestiere, il cannello ferruminatorio (!), come ora spunta lo stetoscopio al collo di ogni novello dottore di corsia.
(Ogni tanto lo cerco nelle robe vecchie, dovrebbe essere ancora in giro da qualche parte, mi dispiace da morire averlo perso).
Mi domando che senso abbia, nel 2011, la sola parola "cannello ferruminatorio" e quanti sappiano cosa diavolo sia senza andarlo subito a cercare con Google.
Allora era un attrezzo quasi quotidiano del mestiere di studente di chimica, e non parlo dei tempi di Justus Liebig o del Molinari...

°°°

Naturalmente ho ancora il Kuster-Thiel, quel famigerato preziosissimo libro rosso dei pesi molecolari e delle tabelle logaritmiche, indispensabili per fare i calcoli con tanti di decimali: ci voleva più tempo per fare due moltiplicazioni che per trovare il calcio sepolto in mezzo allo stronzio... Pazzesco!
(Ricordo che il regolo ed i logaritmi si usavano fino ai primi anni '70; la rivoluzionaria calcolatrice Sinclair da taschino viene dopo!).

°°°

I libri?
Ben fatti, per quanto mi riguarda. Alcuni non li venderei a nessun prezzo.
Non per il contenuto, che è necessariamente diverso perchè la chimica la si insegna oggi in maniera completamente diversa, migliore credo
,  ma per l'approccio a questa materia.

Io amo profondamente la chimica grazie soprattutto ai libri; ma se dovessi avvicinarmi oggi ad essa, partendo da zero, non credo che i libri attuali della scuola superiore (li trovo freddi e senz'anima), mi aiuterebbero ad amarla.
Ti fanno magari convinto di essere un mago della materia, l'insegnante ti ha dato nove, ed esagerando un po' non hai la più pallida idea di come sia fatto nemmeno l'acido solforico.

-Posso sapere benissimo la chimica senza averlo nemmeno mai visto l'acido solforico...- dice immediatamente qualcuno, arrivato a questo punto.
Certo! Ma se questo qualcuno sei tu, saprai magari tutti i meccanismi ma, mi spiace, non ami la chimica.
Se veramente pensi così e non senti quella curiosità fisica, direi "organolettica", verso le sostanze, non sarai mai un Chimico come io concepisco debba essere un Chimico.
(Non pretendo di avere ragione per forza!).

°°°

Non sono stato del tutto obbiettivo? Mi sono lasciato prendere dalla sindrome di quel Cavaliere di Vittorio Veneto? Può darsi, ma non più di tanto...
Il discorso è molto parziale ed incompleto, ci sarebbero da aggiungere ancora tante cose? Il problema della didattica è stato solo sfiorato? Sicuramente, ma la pagina è venuta lo stesso anche troppo lunga.

(Ho lasciato volutamente indefiniti il tempo e lo spazio di questi ricordi: ognuno li collochi dove e quando meglio crede).

 
 
 
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