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CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

 

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L'olio d'oliva del barone Arthur von Hubl

Post n°137 pubblicato il 22 Ottobre 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Il Carnevale della chimica di fine ottobre, ospitato dal blog di Popinga, ci porta in tavola un argomento sfizioso: "La chimica in cucina", lasciando come il solito ai partecipanti una trattazione del tema molto discrezionale.
Per questa decima occasione carnevalesca mi sono permessso di scomodare nientemeno che...

...sua eccellenza imperiale (k.k., kaiserlich-koniglich) der Baron von Hubl!

Chi è costui? No, non è per niente un anonimo Carneade come può sembrare, perchè questo signore è passato alla storia come autore di un saggio importantissimo nella chimica merceologica: la determinazione del cosiddetto "Numero di iodio" per le sostanze grasse.
Cosa sia il numero di iodio lo vedremo fra un attimo.

Il nostro Barone era nato nel 1853 a Grosswardein, allora territorio austriaco ed ora importante città romena col nome di Oradea. 
Figlio di ufficiale dell'esercito austro-ungarico, divenne egli stesso capitano, e gli capitò di frequentare negli anni 1879-1881 il dipartimento chimico dell'Università Tecnica di Vienna.

Si interessò a diversi campi della materia, principalmente di fotochimica; assieme a Giuseppe Pizzighelli (un altro ufficile austro-ungarico, di chiare origini) sviluppò nuovi metodi per le applicazioni fotografiche allora in uso.
Divenne in seguito, durante la prima Guerra mondiale, addirittura capo dell'Istituto Geografico Militare per la sua esperienza in campo fotografico applicato alla cartogafia.
Fu comunque nel periodo universitario viennese che Hubl sviluppò il suo metodo per la determinazione del numero di iodio, per il quale è tutt'ora ricordato.

Si impone a questo punto la chiarificazione riguardo questo indice: il numero di iodio è un metodo per conoscere il grado di insaturazione (presenza di doppi legami) di una sostanza grassa, principalmente di un olio, e rappresenta la quantità di iodio che può essere fissata da 100 g di acidi grassi, sia in forma libera che combinata.

In determinate condizioni il doppio legame viene saturato ponendovi a destra e a sinistra, diciamo così, un atomo di alogeno; dalla quantità di iodio che viene fissato, si capisce facilmente che si può risalire al grado di insaturazione.
E dal grado di insaturazione si possono poi riconoscere il tipo di olio, eventuali adulterazioni e sofisticazioni, ecc.

E' quindi un indice importante, tutt'ora usato per caratterizzare un olio alimentare.

Per la determinazione del numero di iodio si usa il reattivo di Wijs, che è una soluzione in acido acetico/cicloesano di cloruro di iodio ICl, una sostanza molto reattiva, capace di alogenare facilmente i doppi legami.
Si titola poi con tiosolfato/amido l'eccesso di iodio non reagito e quindi si risale per differenza a quello assorbito dalle insaturazioni.
All'inizio Hubl, prima del miglioramento introdotto da Wijs, usava una soluzione alcolica di cloruro di mercurio e iodio sui grassi sciolti in cloroformio, comparando con una prova in bianco il colore risultante dopo la reazione.

Ho voluto riproporre tale metodo, naturalmente meno accurato di quello standard di Wijs, ma fedele al periodo storico... più o meno come tutte le mie sintesi e le mie prove, fatte prevalentemente in maniera "old style" o "vintage", come meglio preferiamo dire.

La reazione che avviene tra iodio e cloruro di mercurio è la seguente:

HgCl2 + I2 --> HgICl + ICl

dove si viene a formare proprio il cloruro di iodio, buon reattivo per i doppi legami, che vengono saturati da entrambi gli alogeni.

Ho proceduto in tal modo:

- Sciogliere 3 g di HgCl2 in 25 ml di etanolo ed altrettanto fare con 2,7 g di iodio, mescolare le soluzioni e portare a 100 ml.
Questo è il reattivo di Hubl originale, che contiene in un ml 0,0172 g di ICl.
Porre in una capsulina bianca 10 ml di cloroformio, 5 gocce di reattivo e tenere per la prova di confronto.
In un'altra capsula porre 1 ml di olio e 10 ml di cloroformio, mescolando fino a soluzione.
Titolare ora lentamente con il reattivo, mescolando ogni volta, fino a che la soluzione abbia lo stesso colore giallastro della prova in bianco.
Si nota che ad ogni aggiunta, aspettando un poco, avviene la decolorazione del reattivo, indice dell'avvenuto legame degli alogeni (si lega sia lo iodio che il cloro) al doppio legame dell'acido oleico e di eventuai alri insaturi.
L'acido oleico è infatti un acido insaturo e ha un doppio legame in questa posizione

CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)7-COOH; alogenando si viene a formare CH3-(CH2)7-CHI-CHCl-(CH2)7-COOH

Allo stesso modo avviene per l'acido linoleico, doppiamente insaturo, presente anch'esso in discreta quantità nell'olio di oliva.
La decolorazione avviene all'inizio lentamente, poi in maniera veloce e ritorna più lenta verso la fine; attendere quindi qualche minuto prima di procedere con le ulteriori ultime aggiunte.
Nella mia prova sono stati consumati 26 ml di reattivo e la foto mostra il colore delle due capsule alla fine della reazione, quando ho considerato finita la titolazione.

Per non appesantire il discorso ometto i calcoli per risalire al numero di iodio del mio olio, che comunque mi ha dato un valore di 88, in linea con i valori dell'olio di oliva, che possono variare a seconda del tipo e della provenienza tra 80 e 88.

(Nel mio caso si trattava di un olio della riviera gardesana, che detto per inciso è un'eccellenza...).

Come dicevo in altra occasione, le analisi dell'olio sono tantissime; il mio valore 88 per il N.I. vuole comunque essere puramente indicativo e non ne scommetterei l'esattezza se comparato con quello ottenuto con i moderni metodi strumentali (probabilmente è sbagliato di qualche punto per eccesso).

Ho fatto questo test con il solito spirito: sembra impossibile ai più, ma la chimica per qualcuno è, oltre che una soddisfazione culturale, anche e soprattutto divertimento!

 
 
 
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