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www.disinformazione.it

Post n°169 pubblicato il 13 Luglio 2006 da ILMIO_LR

Chi semina vento raccoglie tempesta
di Carlo Bertani - 13 luglio 2006

 


www.disinformazione.it 

La notizia dell’attacco di Hezbollah in Galilea non è cosa di poco conto nel panorama del Vicino Oriente: la maggior parte di noi è oramai abituata a queste notizie, e le caccia tutte nell’informe calderone dell’infinito conflitto fra Israele ed i vicini arabi.
La notizia appena battuta dalle agenzie, invece, è una di quelle che fanno rizzare i capelli in testa per gli sviluppi che può avere. Se Israele avesse una leadership un poco più affidabile si potrebbe ipotizzare che – dopo la rabbiosa rappresaglia – tutto tornerebbe come prima, ma così non è. Dall’uscita di scena di Sharon Israele è governato da una classe politica insicura, timorosa di compiere qualsiasi passo, e non si rendono conto che alimentando la fornace dell’odio chi a lungo termine ne farà le spese sarà proprio lo stato ebraico.

 

Riflettiamo sul fatto – assai sintomatico – che a voler chiudere la questione con i palestinesi furono due ex generali: Rabin e Sharon, non proprio due “colombe” poiché il primo – durante la prima Intifada – ebbe a dire «spezzate gambe e braccia ai ragazzi palestinesi che tirano pietre ma non uccideteli, per non tirarci addosso le ire dell’Europa». Sul secondo, Sabra e Chatila parlano per lui.
Eppure, proprio due generali cercarono ostinatamente di “chiudere” la questione palestinese: il primo fu tolto di mezzo dagli israeliani stessi – e non vengano a raccontare che l’attentatore era un “cane sciolto” – il secondo da un misterioso ictus.

 

Il potere è tornato nelle mani di politici incapaci: una sequela che parte dall’inconsistente Barak, passando per lo scellerato Netanyau fino al tremolante Olmert. Il problema è che, più un politico è indeciso, più crede che la forza militare colmi le sue debolezze. Bush ne sa qualcosa.
Ciò che Tel Aviv non riesce a comprendere è che la stagione delle guerre arabo/israeliane è definitivamente tramontata: dopo la delusione dei fallimenti – da Oslo in poi – nel mondo arabo e musulmano è cresciuta la convinzione che trattare con Israele sia tempo perso.

 

Tel Aviv ha lavorato decenni per scavare la fossa all’ANP di Arafat, ed oggi si trova a dover trattare con Hamas al potere in Palestina: può anche non farlo, ma ogni giorno che passa il rischio di una nuova “palude” medio-orientale, di un nuovo Libano “fotocopia” dell’Iraq, cresce.
Le novità nello scenario sono tante, e gli israeliani continuano ad interpretarle con modelli troppo semplici: chi non riconosce lo stato d’Israele, chi pone condizioni, chi pretende il ritorno nei confini del 1967 è un terrorista. Lo decidono loro, e basta.

 

Per continuare a sostenere le loro tesi hanno venduto l’anima al diavolo, ossia proprio a quella destra americana che con gli ebrei non fu mai molto tenera. Ciò che dovrebbe allarmare Tel Aviv – se solo trovassero un attimo di riflessione – è che i loro più fedeli alleati sono oggi i neocon americani, figli del Ku Klux Klan e delle sette razziste e xenofobe.
Il Pentagono è loro grande alleato, ma fino a quando tornerà comodo a Washington: non dovrebbero dimenticare, gli ebrei, che l’USAF fotografò più volte il campo di sterminio di Auschvitz/Birkenau ma non inviò un solo bombardiere per interrompere le linee ferroviarie che portavano la carne umana al macello nazista.

 

Le ragioni – Tel Aviv – le conosce ma fa finta di non saperle: negli equilibri politici americani non era “gradito” un intervento a favore degli ebrei perché – semplicemente – una consistente parte dell’elettorato americano era antisemita. D’altro canto, il Mossad conosce bene quali furono i rapporti fra il nonno dell’attuale presidente USA – John Prescott Bush – ed i banchieri nazisti, Thyssen in prima fila.
La ragione stessa della nascita d’Israele non fu soltanto una sorta di “riparazione” per le persecuzioni naziste, ma anche perché nel medio Oriente del dopoguerra era necessaria una presenza affidabile – una sorta di Fort Apache nel Far West del petrolio – poiché la crescita mondiale del dopoguerra dipendeva in larga misura dall’oro nero.

 

Oggi tutto è mutato, ma a Tel Aviv nessuno pare accorgersene e si continua facendo finta che il mondo si sia fermato e che bastino poche centinaia di F-16 per dominare l’area più “calda” del pianeta.
Se vogliamo, potremmo affermare che gli islamici hanno copiato il modello israeliano – ossia l’interdipendenza fra lo stato d’Israele e gli ebrei della diaspora – ed oggi le strutture transnazionali come Al Qaeda e le varie Jiad si rifanno proprio al loro modello, ossia la raccolta di fondi e d’accoliti in tutto il pianeta per una causa politica cementata dal collante del credo religioso. In fin dei conti, gli stati basati sul fondamentalismo religioso – nel pianeta – sono pochi: l’Iran, l’Arabia Saudita ed Israele.

 

Proprio la nuova realtà generatasi dopo il conflitto iracheno dovrebbe far trillare più di un campanello d’allarme in Israele: perché Hezbollah attacca apertamente Israele in Galilea? Sa benissimo che la reazione dell’aeronautica israeliana sarà terribile, ma sa anche che Tel Aviv ha molta paura a cacciarsi nuovamente nel pantano libanese, ed avrebbe ottime ragioni per non farlo.
La guerra irachena ha dimostrato che dall’aria non si vincono le nuove guerre – forse una guerra convenzionale contro un nemico che ha qualcosa da perdere ( la Serbia , ad esempio) – ma non s’ottiene nulla quando il nemico non ha industrie, aeroporti, uffici, banche, ferrovie e strade da perdere.

 

Senza l’intervento di terra Saddam Hussein regnerebbe ancora in Iraq, ma per spodestare Saddam Hussein gli americani si sono cacciati in un pantano senza fine. L’attacco di Hezbollah – giustificato con la necessità di “alleggerire” la pressione sui palestinesi a Gaza – racconta invece un’altra vicenda, quasi un invito: benvenuti nel Grand Hotel del Libano, pronto a diventare un secondo Iraq tutto per gli israeliani. Proprio quello che i generali israeliani – Sharon in testa – hanno sempre cercato d’evitare.
D’altro canto, continuando la mattanza di palestinesi senza nessuna remora umanitaria – uccidendo famiglie sulla spiaggia, seppellendo donne e bambini sotto le macerie – Israele si sta tirando addosso le ire anche dei cosiddetti musulmani “moderati”, che non hanno più ragioni da opporre a chi chiede solo violenza nei confronti di Tel Aviv.

 

Cosa possiamo attenderci?
Le condizioni economiche dello stato israeliano non sono floride – tanto che circa un anno fa le banche israeliane cessarono di concedere mutui ai comuni, non considerando più “affidabilissimo” l’erario centrale – e quindi una guerra su due fronti sarebbe una ulteriore “tegola” per l’economia israeliana.
Dall’altra parte, possiamo facilmente comprendere che – con il greggio intorno ai 75$ il barile – non mancano certo i fondi per sorreggere qualche decina di migliaia di combattenti: l’Iraq insegna.

 

L’unica soluzione della vicenda era e sempre sarà il rientro di Israele nei confini del ’67, ma è una condizione che farebbe saltare gli equilibri politici interni dello stato ebraico. Le colonie in Cisgiordania costano allo Stato più di quel che rendono, ma la destra fondamentalista israeliana usa i coloni come “massa di manovra” in politica interna, condizionando con i loro 200.000 voti qualsiasi apertura.
Se i carri armati israeliani varcheranno il confine libanese per una breve rappresaglia tutto tornerà come prima – ovvero alla quotidiana mattanza di palestinesi – ma se rimarranno invischiati in territorio libanese allora non ci sarà il due senza il tre: Afghanistan, Iraq e Libano.

 

Carlo Bertani 

 
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Appesa ad un filo

Post n°168 pubblicato il 12 Luglio 2006 da ILMIO_LR

Cioè, il filo del telefono. I nostri appuntamenti telefonici sono diventati ormai una piacevole consuetudine. Ogni volta, appena aver composto il numero, mi chiedo " e adesso che lo chiamo a fare? che gli racconto?"; poi puntualmente le parole scorrono, anzi sono come un fiume che rompre gli argini: tumultuose, mi investono; e io mi accorgo di essere solo lo strumento attraverso cui pensierisentimentigioiesorrisi sgorgano dal profondo di me per riversarsi dentro di lui. così.
nonostante tutto penso di avere fortuna con gli uomini. nella loro complicatezza/impossibilità d'essere le mie "storie" hanno hanno sempre generato qualcosa di bello. adesso, duri quanto duri, succeda quel che succeda, sono felice quando sento la sua voce, sono felice quando mi parla e sembra quasi che sia qui a sussurrarmi nell'orecchio, sono felice di ascoltarlo e nel contempo immaginare le sue labbra che si muovono per pronunciare quelle parole. mentre ride lo vedo ridere. mentre mi dice che gli manco vedo i suoi occhi che brillano nei miei. mentre mi dice "vorrei essere con te adesso" vedo la sua mano tra le mie.
belle queste telefonate. ma sono un pò come il caffè di cicoria che si beveva durante la guerra. una sorta di contentino, ma poi la voglia di caffè vero ti rimaneva! ecco, ho voglia di caffè vero. ho voglia  davvero che tu mi parli all'orecchio. ho voglia davvero di guardare le tue labbra. ho voglia davvero di guardarti mentre ridi (dioseicosìbelloquandoridi). ho voglia davvero di guardarti negli occhi. ho voglia davvero di stringerti le mani. ho voglia di te, punto.
che strano. desideriamo sempre quello che non possiamo avere. io poi sono campionessa mondiale in questo. massima esperta della materia. un'autorità nel mio campo. una luminare. (uhmmmm....che brava!).

Sospiro e torno al lavoro.

 
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dal sito www.disinformazione.it

Post n°167 pubblicato il 12 Luglio 2006 da ILMIO_LR

Massacro nel silenzio
Tratto da “Rinascita” di Venerdi 7 Luglio 2006 
www.rinascita.info

Si continua a morire in Palestina nell’assoluto silenzio della stampa embedded occidentale. Se la radio statale israeliana celebra“la più ampia operazione dell’esercito dal ritiro di Israele dalla Striscia”, quasi undici mesi fa, per il popolo palestinese si tratta invece di un vero massacro. Ormai sistematicamente uccisi “per errore” e privati delle minime condizioni per mantenere funzionanti gli ospedali, i civili palestinesi devono far fronte alla mancanza di farmaci ed elettricità, indispensabile per i rifornimenti di acqua.

 

Difficile il conteggio delle vittime causate dall’ultima offensiva israeliana: sarebbero circa una ventina i palestinesi ad aver perso la vita ieri, fra miliziani e civili. Ucciso anche Abu Ajwah, dirigente di Hamas, da un commando di uomini mascherati.

 

Se a sud della Striscia di Gaza continuano da mercoledì scorso i raid aerei senza soluzione di continuità, intanto a nord l’esercito prosegue ad avanzare in territorio palestinese. Con l’intensificazione dei raid, Israele sostiene di voler colpire i militanti palestinesi che lanciano i missili in territorio israeliano, i quali continuano comunque a non causare vittime. Le truppe di terra israeliane, supportate da blindati e ruspe e con la copertura di elicotteri da combattimento, ieri hanno raggiunto l’area nella quale sorgevano gli insediamenti ebraici di Dugit, Nissanit e Elei Sinai, spingendosi fino a Bet Lahiya, distante circa cinque chilometri dal confine israeliano. 

Ed è proprio qui che da ieri mattina sono in corso aspri combattimenti tra armati palestinesi di diverse fazioni e truppe e blindati israeliani: a perdere la vita nel corso di un conflitto a fuoco con un gruppo di militanti palestinesi è stato un soldato israeliano. Intanto è stato arrestato dalle forze israeliane anche uno dei vicepresidenti dell’Assemblea legislativa palestinese Hassan Khreisheh, che si era presentato come indipendente, con il sostegno di Hamas, alle elezioni dello scorso gennaio.

L’aggressività israeliana ha costretto a far scendere in campo il Consiglio Onu per i diritti umani che, pressato dall’Organizzazione per la Conferenza islamica, ha acconsentito a inviare una missione nei territori palestinesi per verificare le violazioni dei diritti umani attribuite all’esercito israeliano nell’offensiva in corso. Come al solito per Israele risoluzioni o missioni Onu sono soltanto carta straccia. Dai politici di casa nostra, infine, non si alza nessuna voce. Le ultime dichiarazioni su quanto sta avvenendo in Palestina sono ferme alle attestazioni di solidarietà alla comunità ebraica italiana...

 

 
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06_07_06

Post n°166 pubblicato il 06 Luglio 2006 da ILMIO_LR
 

Volevo tu sapessi che mi sei mancata
Mi sei mancato anche tu
Adesso si dovrebbe concludere con un bacio...aaahhh, com'è frustrante eh?

Sai chi mi chiama P. , a parte te?
.....CHI ti chiama P. a parte me?? CHI??
Mio papà...
Ah OK!!! Lui lo può fare!

 
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04_07_2006

Post n°165 pubblicato il 04 Luglio 2006 da ILMIO_LR
 

Li ascolti i Cd che ti ho regalato, ogni tanto?
Si, li ascolto!
Quando? Dove?
Ogni mattina, ogni sera...in autobus, in ufficio...
In ufficio? Ah si?
Si...
E ti ricordano qualcosa? Dei momenti, dei posti
Si...
E la nostra canzone, la ascolti mai?
Si, sempre!!!
E qual è?
Numero 17
Si
Si



 
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02_07_06

Post n°164 pubblicato il 03 Luglio 2006 da ILMIO_LR
 

Se leggi questo messaggio, mi ami.
Se lo cancelli, mi adori.
Se lo salvi, sei pazza di me.
Se lo rileggi, hai voglia di me.
allora, cosa pensi di fare?

 
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Post N° 163

Post n°163 pubblicato il 30 Giugno 2006 da ILMIO_LR

GELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIAGELOSIA

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29_06_06

Post n°162 pubblicato il 29 Giugno 2006 da ILMIO_LR
 

Tutto bene?
Come può andare tutto bene se tu nn sei qui?

...rientravo a casa e ti trovavo lì, in camera mia...sarà stata la frustrazione del pomeriggio!

 
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Del 28_06_06

Post n°161 pubblicato il 29 Giugno 2006 da ILMIO_LR
 

Ogni volta che ti sento mi fai un certo effetto...però è frustrante, sentirsi e non vedersi.

- Oggi è...il 28? Allora sono quasi 20 giorni che non ti vedo.
- Non sono i giorni in cui ti vedo quelli che conto; ma sono quelli in cui non ti vedo, che mi sembrano interminabili.

sono invischiata invischiata invischiata

 
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27_06_06

Post n°160 pubblicato il 28 Giugno 2006 da ILMIO_LR
 

Mi manchi mia Principessa

 
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