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Post n°61 pubblicato il 03 Settembre 2010 da mysterydgl1
Era l’età della pietra, circa 5 mila anni fa, e nell’Egitto meridionale già avanzava il processo di desertificazione, quando un blocco metallico di una decina di tonnellate, poco più di un metro di diametro, piombò dallo spazio sulla Terra e colpì una località che oggi si chiama Kamil, al confine con Libia e Sudan, non lontana da un villaggio neolitico. Gli uomini assistettero atterriti a un’esplosione, al tremore della terra e alla frantumazione del corpo impattante in milioni di pezzi. Sul terreno fumante rimase una buca grande una cinquantina di metri e profonda poco meno di venti: uno dei crateri da impatto che costellano la superficie del nostro pianeta. - Tutta questa ricostruzione è rimasta ignota fino a pochi mesi fa quando, nel corso di un’esplorazione virtuale al computer con Google Earth, il dottor Vincenzo De Michele, già curatore del Museo civico di storia naturale di Milano, si è imbattuto in una depressione circolare sospetta. Una consultazione con l’astronomo professor Mario Di Martino, dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), poi la decisione di organizzare un’esplorazione sui luoghi del presunto impatto, coinvolgendo Massimo D'Orazio dell'Università di Pisa, ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), dell’Università di Bologna, del Museo nazionale dell'Antartide di Siena e di altri enti scientifici egiziani. Infine l’attesa conferma con il rinvenimento della «pistola fumante»: i frammenti del meteorite ricco di nickel e dei minerali che si formano al tremendo impatto. E giovedì 22 luglio la rivista internazionale Science ha consacrato la scoperta del meteorite di Kamil con un articolo a firma dei numerosi ricercatori italo-egiziani coinvolti (The Kamil Crater in Egypt). - Il cratere ha una sua rilevanza scientifica proprio perché è piccolo e ben conservato. Di solito sul nostro pianeta crateri di queste dimensioni sono destinati a essere cancellati dall’erosione e coperti dalla vegetazione in pochi secoli, tant’è che oggi sulla Terra se ne contano solo 15 di diametro inferiore ai 300 metri, contro 176 di diametro maggiore ai 300 km. Invece, nel caso del piccolo cratere Kamil, il contesto desertico ne ha preservato l’integrità, tranne un modesto riempimento con materiale sabbioso. «Ha l’apparenza di un catino circondato dal bordo rilevato, tipico dei crateri da impatto», spiega il dottor Stefano Urbini dell’Ingv, che assieme al collega Iacopo Nicolosi, ha curato i rilevamenti geofisici con apparati Gps, radar a penetrazione, e magnetometri. «Le rocce incassanti, formate da arenarie del Cretaceo, hanno conservato perfettamente le strutture d’impatto, assieme agli abbondanti resti del meteorite metallico e ai minerali dovuti al metamorfismo da shock. Il corpo impattante è stato classificato come un meteorite della famiglia delle Ataxiti, ricco in nickel». - Sarebbe anche interessante, propone Urbini, mettere in relazione la leggenda del «ferro caduto dal cielo», di cui parlano alcuni antichi geroglifici egiziani, con il meteorite di Kamil, ma questo è un compito che spetterà agli archeologi. I rilievi geologici e geofisici hanno permesso pure di risalire alla velocità del meteorite all’ingresso con l’atmosfera, pari a circa 18 km al secondo, e a quella residua al momento dell’impatto, dopo il frenamento esercitato dall’atmosfera: circa 3,5 km al secondo. Tanto bastò perché il«ferro caduto dal cielo» liberasse, un’energia equivalente a circa 20 tonnellate di tritolo. Ma, l’aspetto peggiore dell’impatto fu legato alla frammentazione del meteorite che si comportò come una gigantesca granata militare, generando una pioggia di proiettili incandescenti e taglienti capaci di arrivare anche a un chilometro di distanza. Se c’erano esseri viventi entro quel raggio, nessuno poté sopravvivere. |
Post n°60 pubblicato il 29 Agosto 2010 da mysterydgl1
Degne di menzione sono anche le coppelle, scoperte da anni dall’archeologo Mario Salomone tra le quote variabili tra i 400 e i 900 metri del monte. Per scoprirle e viaggiare indietro nel tempo basta inerpicarsi sul ripido sentiero che parte dietro il centro sportivo della frazione di Caselette proprio alle pendici del monte. Il percorso porta a un grande pianoro che si apre in località Torre della Vigna. Lì accanto, incisa su un masso, si può scorgere una serie di coppelle (incisione a forma di coppa, scavate nella roccia) che formano una croce. Altre forme e incisioni sono sparse nei dintorni: basta cercare e, a un occhio attento, le coppelle formano indiscutibilmente le figure geometriche di numerose costellazioni visibili chiaramente nel cielo boreale. L’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore sono palesi, nondimeno le famose Pleiadi, il Cigno (o Croce del Nord), il Triangolo, la Colomba e l’imponente Orione con la sua cintura. Un planetario ultrasecolare, vergato e lavorato nella roccia del Musinè, testimonianza di quanto nel passato le locali popolazioni tenessero in considerazione la volta celeste, da cui forse traevano forza e speranza o, più semplicemente, vi leggevano i giusti momenti della semina e del raccolto. O forse speravano in qualcosa o qualcuno. Gli Dei o gli Antichi Astronauti o un segnale che li rappresentava entrambi? Difficile dirlo. Poche certezze e molte ricerche da compiere ancora. Peccato, la pietra non parla. Ma, vagando tra le valli locali è possibile (dopo aver convinto gli anziani e saggi abitanti a parlare), apprendere leggende e storie, da riempiere un’enciclopedia. Una, in particolare, riveste aurea poetica e magica a un tempo e tira in ballo il delicato ed enigmatico popolo delle fate. Le coppelle, secondo gli anziani, sarebbero delle antiche coppe dalle quali le fate sorseggiavano bevande magiche o il nettare dei fiori. E ancora: queste concavità sarebbero state persino scolpite da San Francesco per poter fare abbeverare i piccoli animali dei boschi. Le coppelle formano (nella figura sotto) la costellazione della Lyra e, nella foto ancora sotto, la costellazione del Cigno.
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Post n°59 pubblicato il 27 Agosto 2010 da mysterydgl1
Il Musiné è tra l'altro sede di un particolare obelisco che acquistò fama mondiale grazie ad un libro di Peter Kolosimo intitolato "Astronavi sulla preistoria". Sulla sua superficie compaiono alcune croci raffiguranti probabilmente cinque persone, un cerchio in alto a sinistra con un punto al centro e due semicerchi tagliati nella parte inferiore. E' perfettamente normale che agli occhi di uomini d'oggi i due semicerchi possano sembrare dischi volanti, ma trarne le conclusioni di Kolosimo sembra andare un po' oltre quello che dovrebbe essere il dominio di un archeologo. Egli sostenne, infatti, che si trattava della descrizione di un terrificante attacco spaziale. |
Post n°58 pubblicato il 26 Agosto 2010 da mysterydgl1
A pochi chilometri da Torino, sulla strada che porta verso la Val di Susa, si staglia imponente un monte dal cono spoglio e dalla forma vagamente piramidale. Sulle sue pendici uomini di ogni tempo vi hanno impresso tracce del loro passaggio, tradotte in simboli accennati, graffiti ed affascinanti incisioni rupestri. A questo ambiente così ricco di storia nel 1976 la giornalista torinese Giuditta Ansante Dembech dedicò uno studio archeologico cui diede il suggestivo titolo di "Musiné magico". Le leggende che nacquero dalle popolazioni vissute per secoli a ridosso del Musiné non sono dissimili da quelle di qualunque altro villaggio di montagna: tutte parlano di entità malefiche, streghe, demoni, lupi mannari, la più originale di un carro volante guidato da Erode che scorrazza di qua e di là ogni notte? Se nelle antiche leggende il monte Musiné è stato a lungo centro di visite da parte di carri di fuoco volanti, oggi le strane "luci nel cielo" sono attribuite dagli ufologi ad improbabili visitatori alieni, che sarebbero addirittura discesi nelle viscere della montagna per effettuare strani esperimenti.
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Dei gruppi di sfere di luce sono state filmate in pieno giorno il 19 Giugno scorso nei pressi di San Giovanni Rotondo (FG): un testimone oculare ha assistito e filmato il passaggio di una dozzina di oggetti sferici che hanno attraversato la verticale della località per poi svanire dopo alcuni minuti, dietro le nuvole. Escludendo il fenomeno delle lanterne cinesi (siccome l’avvistamento è avvenuto in pieno giorno) o di qualche prototipo di aereo segreto, possiamo sicuramente accostare questo caso a quelli delle famose “flottillas” avvistate nel sud america e classificare gli oggetti come non identificati. Stesso fenomeno avvistato in Sudamerica |
INFO
Sito amatoriale - personale
di Locutus of borg 1974 (
http://digilander.libero.it/locutus_of_borg_1974/ )
Inviato da: esternoluce
il 04/01/2016 alle 23:00
Inviato da: elena33
il 31/07/2014 alle 15:32
Inviato da: Personnage peluche
il 10/08/2013 alle 10:02
Inviato da: Angelo
il 24/07/2013 alle 23:07
Inviato da: elyah.wmb.777
il 17/07/2012 alle 01:44