Creato da cziffra il 15/07/2006

milano 2006

diario metropolitano

 

 

ballata no.1

Post n°13 pubblicato il 18 Novembre 2006 da cziffra

sono rientrato alle 23. ho ascoltato pollini. avevo appena comprato il cd. poi una telefonata. e non so che fare. come aiutarla a venirne fuori. forse dovrebbe allontanarsi dalla sua arte e da me che gliela ricordo - mio malgrado - costantemente. non ho colpe. vorrei non averne. il lavoro procede. peccato non poterne gioire oggi. ho comprato l'ultimo ad. 700 e rotte pagine di fuffa. spicca una residenza-biblioteca di 600 mq. realizzata da norman foster per un plurimilionario. la casa ha in facciata una vetrata alta 10 metri di 18 tonnellate. ma mentre ascolto la fantasia op. 49 penso a quanto sia poco riconoscente la vita alle persone più deboli che non hanno la forza di credere fino in fondo di poter arrivare da qualche parte, al di là della morte. serata triste di pioggia che vorrei spazzare via con la forza di un qualche dio. buonanotte.

 
 
 

sempre proust

Post n°12 pubblicato il 17 Novembre 2006 da cziffra

sono a pagina 447. swann nel dolore scava dentro di se. cerca di capirsi. di comprendere. in swann c'è l'intenzione analitica di cartesio, del quale però non possiede il miracoloso potere di agire in se stesso cambiando la propria sensibilità. swann è in preda alle proprie emozioni...e subendole tenta di arginarne gli effetti dirompenti... cartesio non subisce le emozioni ma le guida. le mette dove vuole. e se qualcuna le sfugge la riacciuffa. la sottopone al giudizio estremo della sua morale. e decide dove risistemarla. o se detonarla. io non sto dalla parte di swann. ma purtroppo non sono così potente come cartesio. beato lui.

domattina devo andare in cantiere. succederà di tutto già immagino. spero di avere tempo per la lettura. senza proust ormai le giornate mi sembrerebbero letteralmente perse.

 
 
 

ex

Post n°11 pubblicato il 15 Novembre 2006 da cziffra
Foto di cziffra

oggi mi ha telefonato la mia ex. non la sentivo da più di un mese. ci siamo lasciati da poco più di cinque anni. incredibile. sembrano passati dieci anni. non capisco perché sia gelosa. mi consola quando mi sente triste. si rattrista quando sono felice. non la capisco. io sono felice da oltre due anni. oggi forse l'ha sentito particolarmente e me l'ha fato notare stando zitta dopo certe mie frasi sulle quali altri avrebbero commentato in qualche modo: anche solo con una risata. capitolo ex a parte sono a 'un amore di swann' pg 263 della recherche. più o meno a un quindicesimo dalla fine. questo swann per certi versi mi somiglia (e se non mi somigliasse proust avrebbe fallito). proprio oggi un amico mi ha chiesto se avevo letto l'ultimo casabella: lo trova molto bello. che beffa. comunque sia ieri ho sentito un ex collega. ha abbandonato lo studio anche lui. e anche il mio compagno che mi aveva giurato: 'se vai via tu me ne vado anche io'. sono contento per entrambi. e anche per lo studio, che finirà come merita (chiuderà insomma...questione di qualche lungo anno di agonia...tremendo vero sapere già il destino di una cosa non potendo fare nulla per interrompere le sofferenze altrui...? un lungo stillicidio. sono contento di non doverlo vivere quotidianamente ormai da...calcoliamo un po'...luglio agosto...agosto novembre...quasi quattro mesi! mi sembravano molti di meno). londra si avvicina e mi spaventano le conseguenze. per ora fingo di non pensarci...e stacco perché mi aspettano un centinaio di pagine di recherche (sto ancora cercando le ballate ma dovrò andare fino a gorizia per procurarmele perché da 'ste parti non c'hanno veramente un tubo. che miseria). a presto, milano. (le ballate sfumate incise da pollini...non so...preferire rubinstein o michelangeli - giovane. chissà se le ha incise da venticinquenne)

 
 
 

domus 897 e una ragazza

Post n°10 pubblicato il 15 Novembre 2006 da cziffra
Foto di cziffra

domus 897 per scritti e progetti illustrati credo sia il più bel numero degli ultimi dieci anni. nove di preciso. prima non lo so perché lo seguo dal febbraio del 1997. la rivista si apre con un omaggio (la copertina e i suoi risvolti) allo scomparso allan fletcher con la dicitura ‘i segni sono tutto’ che potrebbe sembrare un tributo ambiguo alla cultura iconoclasta. segue un lungo racconto-editoriale di doninelli intitolato ‘l’alba del degrado’ (di cui ho letto metà perché mi è parso stilisticamente molto meno convincente del milanese parazzoli. entrambi parlano di milano. ma quest’ultimo è pur sempre uno scrittore – di non eccelso livello – mentre luca è un giornalista – nel senso che scrive da giornalista – e pertanto non lo ritengo degno di lettura. e al di là delle mie – fondate - idiosincrasie il testo non si capisce dove voglia andare a parare. non lo rileggerò). i progetti pubblicati sono principalmente il glass pavilion dei sanaa e il recupero dello zollverein kohlenwasche di oma. due capolavori antitetici. uno trasparente e cristallino, l’altro impenetrabile e cupo. segue uno scritto di augé ‘il potere dell’architetto’ dove non viene detto nulla di rilevante (augé quando parla di architettura vacilla sempre. ed è tristemente noto più agli architetti che agli antropologi – almeno in italia – per la sua celebre definizione di ‘non luoghi’ di cui già la letteratura parlava da parecchi anni – basta leggersi ‘la città di vetro’ di paul auster). prima però del gran finale con il solito baudrillard che straparla ancora usando la macchina per (o da) scrivere o la pellicola perché il suo mondo mentale non comprende la post-post-modernità di cui parla sempre (jean è un altro estraneo all’architettura preso a prestito dalla filosofia come già fu fatto con heidegger etc.), c’è uno splendido scritto di andrea branzi ‘la rivoluzione viscerale’ che diventerà il manifesto delle avanguardie artistiche del ventunesimo secolo. ‘la rivoluzione viscerale è questa: le viscere della città costituiscono oggi il nucleo centrale del suo funzionamento; la forma esterna è accessoria e poco significativa. questa è dunque la prima ‘interiorizzazione’ di cui parliamo. la seconda è un derivato della prima, ma riguarda altre questioni. in un simile contesto infatti l’architettura comincia finalmente ad avviarsi verso un livello di ‘astrazione’, cioè di superamento del proprio vecchio limite ‘figurativo’, per diventare anch’essa (come l’arte, la musica e la letteratura) un sistema, una semiosfera non da guardare ma da sperimentare, perché fatta di percezioni, emozioni, informazioni in continua trasformazione […]’. insomma non solo si è superato il costruttivismo rilanciato da koolhaas, ma lo si è fatto trasmigrare verso l’interiorità della sensorialità. l’architettura oltre le quattro dimensioni proustiane. oltre la triade vitruviana. oltre la metabolizzazione. l’architettura sta diventando un organismo autorigenerantesi. un organismo non più dipendente dal ‘meccanico’ come le novecentesche macchine (per abitare) ma un organismo che trasforma se stesso e le proprie vecchie cellule rigenerandone nuove dal di dentro. la città rimane com’è ma l’interno di ogni cellula…abitativa…o organismo…edilizio…o zona…si adegua ai nuovi abitanti che la popolano (che non sono persone ma esigenze). insomma l’interior design sarà il futuro? questo sembra dirci. in realtà gli ubiquitous (si scriverà così?) computer - una domotica all’ennesima potenza – gestiranno gli spazi, la percezione che abbiamo d’essi e scomparirà l’abitudine di cui parla proust. insomma pare che l’architettura sia destinata a diventare impalpabile. mentre gregotti nella sua epoca dell’incessante continua a studiarsi i fondamenti della disciplina a braccetto con baudrillard. molto toccante, sempre in domus, il composto omaggio all’eleganza di vico magistretti. oggi mentre pensavo al campanile di proust stavo cercando un cd con le ballate di chopin all’ipercoop. c’erano solo i notturni di pollini (un prezioso regalo di natale…). in compenso alla cassa avevo davanti due ragazze belle. soprattutto la prima che stava pagando. ogni tanto mi guardava. forse chiedendosi se avevo notato quel suo maglioncino nero a vi che si chiudeva sovrapposto tipo giacca monopetto. le stava veramente bene. soprattutto perché aveva un seno piccolissimo. era una ragazza splendida. giovane ma aveva l’espressione vissuta di un’attrice americana di cui ora mi sfugge il nome (ha fatto recentemente un film osceno ‘che parlava di una casa sul lago di un architetto famoso che aveva un figlio di cui la tipa si innamora e si scrivono lettere a distanza di mesi’ – è tutto vero purtroppo). non ero il suo tipo ma con me ci sarebbe stata comunque, non so perché. io comunque ho comprato una confezione di 6 lattine di coca light, un dentifricio e il secondo volume della recherche. vado a leggere (sono ovviamente ancora al primo volume..)

 
 
 

i valori spirituali soffocati dalla quotidianità

Post n°9 pubblicato il 13 Novembre 2006 da cziffra
Foto di cziffra

‘a lungo, mi sono coricato di buonora. qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: “mi addormento”. ‘
sì…ho iniziato a leggere la recherche. ho comprato anche ‘caos calmo’ (dovevo farlo sennò non posso parlarne male). certo l’ipercoop non è di destra come l’esselunga e forse sarà per quello che si trovano anche libri di un certo ‘spessore’. ovviamente mi riferisco a proust (primo volume della meridiani mondadori) anche se edito da chi di certo non può dirsi vicinissimo al mondo delle cooperative. politica a parte, parazzoli (cavolo si rimane in mondadori…) dalle colonne del corriere (attraverso paolo di stefano) lo scorso 6 novembre ha lanciato un 'j’accuse' contro il minimalismo letterario (italiano). parazzoli non scrive bene, e il suo mm rossa lo dimostra (leggetelo se non mi credete) eppure in veste di critico militante sembra dare il meglio e fra i bocciati infila delucatamaroammaniti (sull’ultimo romanzo di ammaniti parazzoli dice cose estremamente vicine a quel che ho scritto io al punto di farmi credere d’esser stato copiato) e fra i promossi cita il pasolini di petrolio (tutt’altro che un romanzo), aldo busi (di cui anch’io sono un fermo sostenitore) e giuseppe genna (!). eccolo genna (e su questo non approvo). vengono anche nominati i wu ming e pincio e allora scopro che questo parazzoli va quasi a braccetto con genna (del quale leggevo ‘i miserabili’ – quel suo blog che recensiva tutti i libri che parazzoli si è letto mingpincioetc) e che i due si scambiano effusioni pubblicitarie sul web e sulla carta stampata. con la complicità delle pagine culturali del corriere che ormai da tempo immemore si presta a questi giochini di batti e ribatti per accalappiare lettori ingenui. comunque sia al di là di queste tristi realtà la sostanza dello 'j’accuse' è questa: ‘nessuno scrittore italiano osa da tempo spingere lo sguardo oltre quella parete che scrittori come dostoevskij varcarono traendone la propria grandezza’. parazzoli crede che la narrativa italiana ‘si è fatta casalinga, per prudenza, per necessità […]’ (io invece credo che la migliore letteratura italiana sia casalinga). e regala un’efficace metafora ‘io ritengo semplicemente che la dimensione ricorrente nella nostra narrativa sia quella orizzontale, mentre il romanzo secondo me è come un solido: c’è la larghezza, c’è l’altezza e c’è la profondità’. questa incapacità degli scrittori italiani di ‘sprofondare al di sotto della superficie’ non mi pare tanto una critica quanto un tentativo di invitare gli scrittori italiani a sturarsi le orecchie per sentire il suono delle campane. la cristianità, la religione. insomma è alla ricerca di un nuovo manzoni. o forse spera di trovare un sant’agostino nel ventunesimo secolo. vabbé mentre lui cerca autori dannati (che in italia non esistono da tempi immemori) o scrittori cristiani (si leggesse vinicio ongaro – che piace tanto a magris) per premiarli (premio falck) io mi dedicherò a proust che mi occuperà per una decina di mesi. (m’ha fatto comunque piacere il suo elogio a de lillo. io però salvo solo underworld. che lo metto in cima alla pila di libri americani. un vero capolavoro che invito tutti a leggere mentre io continuo con proust ‘forse l’immobilità delle cose che ci circondano è imposta loro dalla nostra certezza che si tratta proprio di quelle cose e non di altre, dall’immobilità del nostro pensiero nei loro confronti [...]’)

 
 
 

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