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« notizie nerissime...Il dramma di Stefano Borgonovo »

Pakistan, spose «ribelli» sepolte vive

Post n°403 pubblicato il 04 Settembre 2008 da serpenteschifoso

dal sito del CORRIERE DELLA SERA

La tribù non approvava la scelta dei mariti. Tra le 5 vittime due teenager

Sepolte vive il giorno delle nozze in Baluchistan, un giorno infuocato d'estate. Che bel nome, Baluchistan. Anche Mir Wah, il villaggio dove vivevano le ragazze, suona propizio (wah vuol dire acqua) per gli abitanti della più grande provincia pachistana modellata da deserti e montagne. In uno spicchio di mondo nascosto a Google Earth e ai diritti dell'individuo, tre studentesse avevano deciso di sposarsi e di scegliersi un marito contro la volontà della tribù, il potente clan degli Umrani.

Fauzia aveva 18 anni, un'amica 17, la più piccola 16. Quando sono arrivati i sette killer sul gippone con targa governativa, erano in una casa del villaggio di Baba Kot con una mamma e una zia (Fatima Umrani 45 anni, Jannat Bibi 38). Si preparavano a partire. Andavano a nozze. Le loro. Appuntamento in città, Usta Mohammad. Rito civile, cerimonia quasi clandestina. Fatima e le amiche teenager volevano sposare i ragazzi che amavano. Avevano chiesto il permesso alla jirga, l'assemblea degli anziani. Che aveva detto no. La punizione prima degli anelli. A guidare lo squadrone della morte — secondo le testimonianze raccolte da Asian Human Rights Commission (Ahrc) — Abdul Sattar Umrani, fratello del ministro delle Case del Baluchistan: Sadik Umrani, membro del Partito Popolare guidato dal vedovo di Benazir Bhutto, Asif Ali Zardari, che sabato a Islamabad potrebbe essere eletto Presidente dal Parlamento e dalle quattro Assemblee Provinciali.

Proprio ieri l'Assemblea del Baluchistan ha dato il suo prezioso appoggio a Zardari. Proprio ieri il ministro degli Interni di Islamabad ha detto di aver ordinato un'inchiesta che «nel giro di una settimana» faccia luce sulla morte delle spose di Mir Wah. Un'inchiesta che in sei settimane non era mai partita, indovinate perché. Il Pakistan balla sul burrone di una crisi mortale, i talebani alzano la testa, i cosiddetti «omicidi d'onore» (donne e uomini uccisi per adulterio, relazioni fuori dal matrimonio etc) sono faccenda quotidiana (mille all'anno) e quindi «non notizie». La prima denuncia sulle cinque donne sepolte vive, lanciata dalla Commissione asiatica per i diritti umani, è dell'11 agosto. Ma la polizia locale era riuscita ad insabbiare il caso (Umrani famiglia potente, il fratello del ministro, il partito Popolare). Ma poi pochi giorni fa Israr Ullah Zehri, senatore che rappresenta il Baluchistan, ha voluto esagerare: in Parlamento a Islamabad ha replicato alle denunce di alcune colleghe dicendo che la fine delle cinque donne di Mir Wah rientra nelle «legittime tradizioni secolari del Paese». Vergogna? «Solo chi indulge in comportamenti immorali — ha tuonato il senatore — dovrebbe avere paura». Molti parlamentari sono insorti gridando contro «questa barbarie», ma altri hanno detto che si tratta di «questioni interne al Baluchistan». Che nome luminoso, Baluchistan.

Luminoso e lontano. Eccole, le «questioni interne»: il fratello del ministro Umrani e i suoi sgherri portano le tre spose in una località desertica, Nau Abadi. Le picchiano, prima di fare fuoco. Sono ancora vive quando le gettano in una buca. La mamma e la zia dietro ai finestrini assistono alla sepoltura delle ragazze agonizzanti. Terra e pietre. Fatima e Bibi urlano ai killer-becchini di fermarsi. Quelli si indispettiscono e sotterrano pure loro. Come ha raccolto queste notizie la Asian Human Rights Commission? Non è difficile ricostruire i fatti, in un posto in cui i «delitti d'onore» sono un lavoretto «normale» di cui andar fieri. La polizia locale ieri ha annunciato l'arresto di cinque familiari delle vittime: «Li stiamo interrogando — ha detto un funzionario — per farci dire dove sono i corpi». Eh già. Almeno quello. Tre anni fa il fratello del ministro Umrani era stato coinvolto in un altro delitto. Un insegnante di scuola era passato a prendere in taxi la fidanzata. Anche loro andavano a sposarsi con rito civile. Un'auto li aveva bloccati e uccisi. Tutti e tre, compreso il tassista. Il primo sospettato, il fratello del ministro, l'aveva fatta franca.

Michele Farina
03 settembre 2008

dal sito di TGGCOM

Si oppongono a nozze combinate

Cinque donne, di cui tre giovanissime, sono state sepolte vive per essersi opposte alla regola tribale del matrimonio combinato. E' accaduto in un villaggio in Pakistan. Il crimine sarebbe rimasto coperto per un mese perché sarebbe coinvolto il fratello di un ministro della provincia. Ma è stato denunciato dall'Asian Human Rights Commission. Ejaz Ahmad, membro pachistano della Consulta per l'Islam italiano, ha chiesto l'intervento dell'Onu.

Le cinque donne uccise in un'area deserta nei pressi del villaggio Baba Kot, nella provincia del Baluchistan, sono due ragazze di 18 anni, una di sedici, la madre di una di loro e la zia di un'altra. Le cinque donne erano state raggiunte poco prima dai loro assassini in una casa del villaggio, da dove stavano per partire alla volta di un tribunale civile nel distretto di Jafarabat, dove le tre giovani dovevano sposarsi con gli uomini scelti da loro. La decisione era stata presa dopo giorni di discussioni con gli anziani della tribù degli Umrani, che non volevano dar loro il permesso di sposarsi.

Le donne sarebbero state portate via, con l'aiuto di sei complici da stato Abdul Sattar Umrani, un fratello del ministro provinciale Sadiq Urami, eletto all'assemblea del Baluchistan lo scorso febbraio. Dopo averle portate via su una Toyota Land Cruiser che avrebbe avuto una targa del governo provinciale, i sei avrebbero sparato alle tre giovani e poi avrebbero cominciato a seppellirle sul posto, nonostante queste fossero ancora vive. La madre e la zia avrebbero cercato di intervenire ma sarebbero gettate nella stessa fossa e sepolte vive anche loro. 

Il fatto, avvenuto a fine luglio, non sarebbe stato ancora registrato dalla polizia per carenza di informazioni e perché non sarebbe stata trovata la fossa. Mentre il ministro, contattato dall'Ahrc, l'associazione che ha denunciato la barbara esecuzione, avrebbe da parte sua solo confermato che tre donne sono state uccise da sconosciuti.

I familiari delle vittime avrebbero avrebbero intanto fatto perdere le loro tracce. Il fratello del ministro - riferisce ancora l'Ahrc - era stato coinvolto nell'inchiesta sulla uccisione per motivi analoghi di un'altra donna, e di altre due persone.

Ejaz Ahmad, presidente dell'associazione Nuove Diversità e membro pachistano della Consulta per l'Islam italiano presso il ministero dell'Interno, ha fatto un appello a tutta la società civile e in particolare ha inoltrato una richiesta urgente alle Nazioni Unite "perché prendano seri provvedimenti verso quei Paesi che non rispettano la libertà e la dignità delle donne".


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