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Post n°398 pubblicato il 06 Febbraio 2022 da pasquale.zolla
Le origini di Febbraio Il mese di febbraio deriva dal latino februare, che significa : purificare o un rimedio agli errori, dato che nel calendario romano era il periodo dei rituali di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris, i quali avevano il loro culmine il giorno 14. Tale ricorrenza pagana è, poi, confluita nel culto cristiano tributato in onore a santa Febronia, poi soppiantata da san Valentino e trasferita al 25 giugno. Febbraio, assieme a gennaio, era l’ultimo mese aggiunto al calendario, poiché i romani consideravano l’inverno un periodo senza mesi. Fu Numa Pompilio, nel 713 a:C. a inserirlo per poter adattare al calendario l’anno solare: il febbraio originale conteneva 29 giorni e il bisestile era di 30. Augusto rimosse in seguito un giorno di febbraio per raggiungerlo al mese in suo nome, agosto, in modo che il mese dedicato a Giulio Cesare, luglio, non fosse più lungo. Poiché i calcoli calendariali antichi erano imprecisi, i sacerdoti romani inserirono un mese di inframezzo, Mercedonius, dopo febbraio, per riallineare le stagioni. Gli antichi definirono febbraio non solo corto e amaro, ma anche mese corto e maledetto, in quanto erano detti legati non solamente al calendario, ma anche al clima stagionale e all’economia familiare. Infatti in quei tempi lontani l’economia delle famiglie appartenenti al ceto medio/basso e dell’intera società era basato sulla produzione agricola, ed era fortemete vincolante dall’esito dei raccolti. La stagione invernale ed il mese di febbraio, soprattutto, rappresentavano un periodo di ansia e di preoccupazione, in prospettiva futura, e di povertà immediata, dato che le provviste ormai iniziavano a scarseggiare e gli animali erano poco numerosi e malandati a causa della carenza di erba, di fieno e di mangime. In questo mese si diffuse l’esigenza di sbarcare il lunario per raggiungere i mesi primaverili, durante i quali i contadini potevano ricavare qualche frutto dalla terra. Frebbare kurte è amare Frebbare, pecceninne è de prjèzze chjìne, ke kurjannele, kande, balle è masckere arrive sckumjande è vìje fuje nda kuattèkuattòtte; se ne vace sènza ninde de tutte i stripete suje lassà. Nenn’éje nè béne vulute è nè sprezzate è k’a faccia suje ‘mmusunute, avvóte rire, ma éje ‘na rerute ka da fèsse pighje pekkè i jurne suje d’à kitre vernate sèmbe éje skumbussulate. È pekkuiste d’è tatarusse nustre ditte venéve kurte è amare è appure maleditte. Avvóte appresènde nu mbacciate sóle ka se nzakke nd’i kacchje d’i areve p’i cighje kulurà è gumbjà i frònne ka nd’i cighje a se frummà akkuminzene. Febbraio corto e amaro Febbraio, piccolo e gaio, con coriandoli, canti, balli e maschere giunge spiumeggiante e corre via in un soffio; se ne va senza lsciare nulla del suo frastuono. Non è né amato e né inviso e col suo volto imbronciato, talvolta sorride, ma è un riso di scherno perché i suoi giorni del rigido inverno sono sempre sconvolti. E per questo dai nostri avi veniva detto corto e amaro e anche maledetto. A volte mostra un timido sole che si insinua tra i rami degli alberi per tingere i germogli e gonfiare le foglie che nei germogli cominciano a formarsi.
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