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Messaggi di Febbraio 2014
Post n°95 pubblicato il 27 Febbraio 2014 da pasquale.zolla
Carnevale: Per i politici italiani non muore mai Un periodo breve per il popolo, ma che dura l’intero anno per i politici La celebrazione carnevalesca ha origini in festività molto antiche, come ad esempio quella in onore del dio greco Dioniso o quelle romane in onore di Saturno, che erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza. Nel mondo antico anche le feste in onore di Iside, dea egizia, comportavano la presenza di gruppi mascherati. Il carnevale era non solo un periodo di festa ma anche e soprattutto di rinnovamento durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito. Presso i Romani la fine del vecchio anno era rappresentata da un uomo coperto di pelli di capra, Mamurio Viturio, che veniva portato in processione e colpito con bacchette. Presso i popoli mesopotamici e di altre civiltà antiche aveva anche una valenza purificatoria in quanto sentivano il bisogno profondo di rigenerarsi periodicamente abolendo il tempo ormai passato. Nel XV e XVI secolo a i Medici a Firenze organizzavano grandi mascherate su carri che venivano accompagnate da canzoni e balli di cui Lorenzo, poi, ne scriverà una, intitolata: Il trionfo di Bacco e Arianna. La parola carnevale deriva da "carnem levare" ("eliminare la carne" – lingua latina) poiché indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo della Quaresima che imponeva astinenza e digiuno. Per i politici italiani, invece, il termine latino lo applicano tutti i giorni per spolpare il popolo degli onesti contribuenti. L’importante è avere privilegi e sotterfugi per fare vita da nababbi e farsi passare, con le parole, come salvatori della Patria. (Esiste ancora oggi il termine Patria?) Nella mia città, un tempo il Carnevale terminava con il palo della cuccagna e l’accensione di un pupazzo di paglia assai grosso per indicarne la morte di Carnevale e l’inizio della Quaresima. In Italia negli ultimi decenni il Carnevale è durato e dura per tutto l’anno per i nostri politici a tutti i livelli. Perché, poverini, per star su devono indossare le maschere di tutte le Regioni in modo che corruzione, falsità, evasione possano nascondersi, grazie ai diversi personaggi che interpretano nei 365 giorni dell’anno, sotto mentite spoglie (E giudici, non sanno più a che santo voltarsi per eliminare la correzione imperante. Anzi si cerca di fare leggi per impedire loro di non pensare alle malefatte dei politici, ma di punire gli eventuali ladri di polli che cercano di tirare a campare!) Ai tartassati, dunque, per il carnevale viene riservato un breve periodo per purificare le vuote budella perché piene di sola aria e per scrollarsi di dosso, con tricche e ballacche, le tasse e i balzelli che a volte non sanno come pagare! Ai politici, in particolare a Renzi e Grillo, parolai di promesse, un buon carnevale per toglierci oltre alla carne anche le ossa! Dicevano gli antichi lucerini: Karnùuàle vècchje è ppazze/s’è vvennute u matarazze/p’akkattà pan’è vvine/taralluzz’è kkutekine/ è mmaggnan’a krèpapèlle/‘na muntaggne de frettèlle,/c’è kkressciute nu treppòne/k’assemègghje a nu pallòne./Véve véve è ò’ mmbrùvvìse/addevènde russce nvise/pò i ssckatte pur’a trippe/kuanne pure maggne maggne. Carnevale vecchio e pazzo si è venduto il materasso per comprare pane e vino tarallucci e cotechino e mangiare a crepapelle una montagna di frittelle, gli è cresciuto un pancione che somiglia ad un pallone. Beve beve e all’improvviso diventa rosso in viso poi gli scoppia anche la pancia kuando anche mangia mangia. (Succederà a tutti gli italiani di vendersi il materasso per riempirsi la pancia? È Carnevale: ogni scherzo vale!
Fèste massckuere è kkelure, kuiste
éje Karnùuàle ka vecchjarille
è ggrusse arrekunnuce è timbe
arramaje lundane de kuanne
èvene krjature. Bbèlle è bbrutte,
avete è vvassce, ciutte è ssikke,
rikk’è ppuverille u Karnùuàle
festjèjene. Kurjannele, trummètte,
stèlle felande, massckuere: tutte atture
dind’u pajése face addevendà
pe ‘n’atmusfére chjéne de prjèzze krjà.
Se rire, se kande, se sóne, se bballe,
se pazzjéje è nnessciune a mmale
s’a pigghje pekkè òggnè pazzìje vale.
Carnevale
Festa maschere e colori, questo
è Carnevale che vecchietti
e adulti riconduce ai tempi
ormai lontani
dell’infanzia. Belli e brutti,
alti e bassi, obesi e magri,
ricchi e poveri il Carnevale
festeggiano. Coriandoli, trombette,
stelle filanti, maschere: tutti attori
nel paese fa diventare
per un’atmosfera gioiosa creare.
Si ride, si canta, si suona, si balla
e si scherza e nessuno a male
se la prende perché ogni scherzo vale.
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Post n°94 pubblicato il 13 Febbraio 2014 da pasquale.zolla
San Valentino: la Festa degli innamorati La festa degli innamorati ricorre annualmente il 14 febbraio in concomitanza della festa di San Valentino; festa che, tra l’altro, oggi viene celebrata in tutto il mondo e che fu diffusa dai benedettini, primi custodi della basilica dedicata al santo in Terni, attraverso i loro monasteri, prima in Italia e poi in Francia e Inghilterra. In questo giorno la parola AMORE, nome astratto che diventa concreto, si manifesta in tutta la sua apoteosi. Tragedie, intrighi, atti eroici e chi più ne ha più ne metta, sono stati celebrati sotto di Esso. Oggi, però, l’ingiustizia sociale l’ha fatto quasi del tutto sparire dalla circolazione e Valentino, nel giorno a lui dedicato, ci vuole riportare al suo significato più vero, grazie anche alle leggende di cui trattate, seppur brevemente, in seguito. Ma chi era Valentino? Di nobile famiglia, fu convertito al cristianesimo e consacrato vescovo di Terni nel 197, a soli 21 anni. Nel 270 Valentino si trovava a Roma per predicare il Vangelo e convertire i pagani. L’imperatore Claudio lo fece imprigionare e lo invitò ad abiurare la propria fede. Valentino non solo rifiutò, ma cercò di convertire al cristianesimo lo stesso imperatore che lo graziò dall’esecuzione capitale affidandolo ad una famiglia di nobili. Venne arrestato una seconda volta sotto Aureliano e decapitato il 14 febbraio 273, a 97 anni, per mano del soldato romano Furius Placidus lungo. Le sue spoglie furono sepolte sulla collina di Terni nei pressi di una necropoli. Su quel posto sorse, nel IV secolo, una basilica nella quale sono custodite le reliquie del Santo. Molte sono le leggende riguardanti la vita di San Valentino. Una di esse dice che compì il miracolo di ridare la vista alla figlia cieca del suo carceriere, alla quale fu teneramente legato fino al giorno in cui venne giustiziato, tanto che la salutò con un messaggio d’addio che si chiudeva con le parole “Dal tuo Valentino”. Un’altra narra che un giorno, vedendo due giovani litigare, andò loro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla nelle loro mani unite. I giovani si riconciliarono immediatamente. Pare, anzi, che intorno ai due giovani fece volare numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci gesti d’affetto. Il che diede origine all’espressione, nel vedere due ragazzi innamorati: sembrano due piccioncini. Bellissima è la storia del matrimonio tra la giovane cristiana Serapia e il centurione romano Sabino, la cui unione era ostacolata dai genitori di lei. Quando si scoprì che la ragazza era affetta da grave malattia, il centurione chiese a Valentino di non voler essere mai separato dalla sua amata. Valentino lo battezzò, lo unì in matrimonio a Serapia, dopo di che morirono entrambi. Come tutte le cose belle c’è sempre qualcuno che cerca di mettere il bastone tra le ruote. Proprio come avviene in politica quando si comincia a fare passi per cambiare il Paese. Infatti la figuara di Valentino come Santo Patrono degli innamorati viene messa in discussione perché ritengono che sia un altro sacerdote romano, anch’egli decapitato pressappoco negli stessi anni ma di cui non si conosce il nome. A tutti gli innamorati del mondo il mio augurio più fervido per Un Amore che non abbia mai fine! A tutte le coppie innamorate di una certa età va la mia poesia in vernacolo di Lucera, con traduzione in lingua madre.
Aùrje a ttè ammóre mìje Aùrje a ttè ammóre mìje ka sèmbbe date m’haje assaje de cchjù de kuille ka tagghje addummannate, pure akkuanne ‘a tenzzjòne è i kase d’u kambbà ‘a vedute è u sennemènne skurà parene. Aùrje a ttè ka me faje semóve u kóre è l’alme è kka daje òggnè jurne ‘a lustre nd’u skurde d’i penzzire mìje. Aùrje a l’ammóre nustre ka paróle cchjù ne ndéne pe ddì ‘a grannèzze de kuille ka sime, paróle k’avarrèmme mmendà, paróle ka ne nge nnènnene ma ka ìje è ttè bbune sapime. Paóle ditte sóp’a vòkke, paróle ka decime ssckitte ke l’ucchje, sènzza sune ma ka fanne rremure dinde. Aùrje p’u tuje, p’u nustre kambbà, ka pòzza ghèsse cchjù mmègghje nda stu timbbe ka da matte fuje ma ka ne ngaggne kuille ka sendime. Aùrje a ttè ammóre mìje k’angóre muzzjune me daje kuanne addurmènnete a mmè avvecine u live fjate tuje sènde è i sunne nustre se fònnene è sse kumbbònnene tramènde l’alma tuje s’astrèngge fórte a’ mìje. Aùrje a ttè ammóre mìje ka da sèmbbe avvecine a mmè staje pe arrjalà kujéte è kkalóre a l’alma mìje ka, pe kuande pòzze ngire jì, a’ fine sèmbbe éje da tè k’arrive! Auguri a te amore mio Auguri a te amore mio che sempre mi hai dato molto di più di quello che ti ho chiesto, anche quando la tensione e le pressioni la vista e il sentimento oscurare sembrano. Auguri a te che mi fai muovere il cuore e l’anima e che dai ogni giorno la luce nel buio dei pensieri miei. Auguri al nostro amore che non ha più parole per esprimere la grandezza di ciò che siamo, parole che dovremmo inventare, parole che non esistono ma che io e te ben sappiamo. Parole dette sulle labbra, parole che diciamo solo con gli occhi, senza suono ma che fanno rumore dentro. Auguri per la tua, la nostra vita, che possa essere migliore in questo tempo che passa veloce ma che non cambia ciò che sentiamo. Auguri a te amore mio che mi dai ancora emozioni quando addormentandoti al mio fianco il lieve tuo respiro sento e i nostri sogni si fondono e si confondono mentre la tua anima si stringe forte alla mia. Auguri a te amore mio che da sempre a fianco a me stai per donare pace e calore alla mia anima che, per quanto possa vagare, alla fine è sempre da te che arriva!
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Post n°93 pubblicato il 10 Febbraio 2014 da pasquale.zolla
Nostra Signora di Lourdes Tra l'11 febbraio e il 16 luglio del 1858 Bernadette Soubirous, giovane quattordicenne del luogo, riferì di aver assistito a diciotto apparizioni di una "bella Signora" vestita di bianco, con un velo dello stesso colore, una cintura blu ed una rosa gialla sui piedi, in una grotta poco distante dal piccolo sobborgo di Massabielle. Nel luogo indicato da Bernadette fu posta, nel 1864, una statua della Madonna e col tempo si è sviluppato un imponente santuario. Molti giornali dell'epoca trattarono le apparizioni di Massabielle come un sintomo di pazzia della veggente. A parere di taluni, invece, le apparizioni della "bella signora" sarebbero state suggerite alla ragazzina dall'abate Aravent (fratello della sua nutrice), allo scopo di togliere dai guai il padre, unico sostegno della poverissima famiglia di Bernadette, gravato dalle conseguenze di una denuncia a suo carico per furto di due sacchi di farina, denuncia in seguito risultata di fatto non fondata. Gli oppositori usarono ogni sorta di intervento per denigrare quelle apparizioni: scetticismo, proibizioni delle autorità civili, appelli alle autorità ecclesiastiche, accuse, ironie, denigrazioni, pareri scientifici, falsificazioni, furono all’ordine del giorno. Ma la fermezza di Bernadette Soubirous, la convinzione incrollabile del parroco (inizialmente scettico) Peyramale, l'adesione dapprima timida e poi sempre più convinta e diffusa dei fedeli, l’inchiesta e la dichiarazione formale di autenticità da parte della Chiesa, hanno confermato le apparizioni e i miracoli come verità assolute. Kuille ka vularrìje d’a Mamme de Ddìje Ȯ Marìje, Mamme de Ddìj’è dd’a Cchjìse, tu ka parte vive sì state nd’a stòrje terréne de Ggesù dind’u jjì suje tra l’ummene, vularrìje ka pe mmè fusse ragge de lustre p’allustrekà è uedà u kammine d’u kambbà mìje d’ò spundà d’u sól’a kuanne tramundéje. Ka sèmbbe avvecine a mmè jìsse, me sustenarrisse nd’u sciarrjaminde k’i fórzze d’u male kuanne vacelléje è ffaciarrisse ka jèsse k’i pite pe ndèrre è kk’u kóre agabbetà ngile. K’arrapisse ‘a mana tuje è jenghisse òggnè mìje vulìje, sènzze me destògghje d’ò vatte kuèlla vìje ka i Sande hanne vattute. Ka kustudisse u kóre è l’alma mìje dind’a Ggesekriste, sópattutte mò ka i lakreme, p’a dejetà k’a ‘nnanze stace, da l’ucchj’asscènnene pure pe fattarille ka nind’a kkè vvedè hanne.
Ciò che vorrei dalla Madre di Dio O Maria, Madre di Dio e della Chiesa, tu che parte viva sei stata nella storia terrena di Gesù nel suo percorso tra gli uomini, vorrei che per me fossi raggio di luce per illuminare e guidare il cammino della mia vita dall’alba al tramonto. Che camminassi sempre accanto a me, mi sostenessi nel combattimento con le forze del male quando vacillo e facessi che cammini con i piedi per terra e col cuore abitare in cielo. Che aprissi la tua mano e saziassi ogni mio desiderio, senza distogliermi dal battere quella via che i Santi hanno battuto. Che custodissi il suore e l’anima mia in Gesù Cristo, soprattutto ora che le lacrime, per l’età avanzata, scorrono anche per emozioni di poco conto.
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Post n°92 pubblicato il 01 Febbraio 2014 da pasquale.zolla
C'è ancora nel mondo cristiano la purezza d'animo che questa festività ci ricorda? L'avidità e la perdita di principi etici fanno pendere l'ago della bilancia verso l'indifferenza di ciò che dovrebbe essere curato con profondo amore e rispetto. Il due di febbraio la chiesa celebra la presentazione di Gesù al tempio (Luca: 2,22/39), popolarmente chiamata festività della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione nel Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi. La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi. La denominazione di "Candelora" deriva dalla somiglianza del rito del Lucernare, di cui parla Egeria: "Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima" (Itinerarium 24, 4), con le antiche fiaccolate rituali che si facevano durante i Lupercali (antichissima festività romana che si celebrava a metà febbraio). Papa Gelasio I (tra il 492 e il 496 d.C.) ottenne l'abolizione dei Lupercali che furono sostituiti con la festività della Candelora. Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata al 2 febbraio da Giustiniano, data che viene festeggiata ai giorni nostri. La parola Candelora deriva dal latino festum candelarum e va relazionata con l'usanza di benedire i ceri e le candele, prima che siano accese e portate in processione. I ceri vengono, poi, conservati nelle abitazioni dei fedeli per essere riutilizzati per accattivarsi le divinità durante le avversità oppure nell'assistenza di una persona gravemente malata, o nel casodi fatture o nell'attesa del ritorno di qualcuno momentaneamente assente o in segno di devozione alla Chiesa. Anticamente, i seguaci di antichi riti basati sulla magia, nel giorno della Candelora verificavano se una persona era colpita dal malocchio immergendo tre capelli dell'interessato in una bacinella d'acqua seguiti da tre gocce di olio, precedentemente messo a contatto col dito dell'individuo. Se le gocce restavano intere e collocate nel centro della bacinella, il soggetto non era stato affetto da malocchio. ‘A Kannelóre: ‘na lustre sóp’ò munne se ‘léve
Strakku’è strutte p’a strate te ne jìve
citta citte è ssóla sóle mbrazze
stritte tenènne nu Bbòmmenille
kè ‘a lustre d’u munn’addevendate
sarrìje. Ggià sapive, Mamma bbèlle,
ka u bbéne tuje kumbattute sarrìje
state pekkè kuèlla lustre stutà
se vuléve da ummene da farzetà
pegghjate. ‘Na grazzjòne, ò Marìje,
dinda stu jurne a Ttè vògghje fà:
kuèlla lustre kè ò munne purtate
haje nenn’a facènne maje stutà
p’a strate ce putè allummenà
è rrènnece dèggne d’a vite de Ddìje.
La Candelora: una luce sul mondo s’innalza
Stanca e distrutta per la strada andavi
in silenzio e solitaria in braccio
stretto tenendo un piccolo Bimbo
che la luce del mondo diventato
sarebbe. Già sapevi, o Madre bella,
che il tuo bene combattuto sarebbe
stato perché quella luce spegnere
si voleva da uomini da falsità
presi. Una preghiera, o Maria,
a Te in questo giorno voglio fare:
quella luce che al mondo portato
hai non farla mai spegnere
per la strada poterci illuminare
e renderci degni della vita di Dio
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il 14/02/2024 alle 18:49
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