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Messaggi di Dicembre 2016

Anno nuovo vita vecchia che si rinnova

Post n°201 pubblicato il 28 Dicembre 2016 da pasquale.zolla

 

Capodanno: il vecchio si rinnova

La scelta di considerare il 1° gennaio quale primo giorno dell’anno è dovuta all’introduzione del calendario giuliano promulgato da Giulio Cesare nell’anno 46 d.C. (prima veniva considerato il 1° marzo).

La festa trae origine dai festeggiamenti in onore del dio Giano, da cui nasce anche gennaio.

Nel Medioevo l’inizio dell’anno avveniva in diverse date, basti dire che fino al 1752 in Inghilterra e in Irlanda, come pure a Pisa e a Firenze, il capodanno si celebrava il 25 marzo, giorno dell’Incarnazione, mentre in Spagna fino all’inizio del Seicento il cambio dell’anno era il 25 dicembre, giorno della Natività.

In Francia fino al 1564 il Capodanno veniva festeggiato nella domenica della Resurrezione; a Venezia il 1° marzo e in Puglia, Calabria e Sardegna si festeggiava seguendo lo stile bizantino che lo indicava al 1° settembre.

Nel 1691 papa Innocenzo XII stabilì che l’anno doveva cominciare il 1° gennaio, secondo lo stile della Circoncisione.

L’adozione del calendario gregoriano fece sì che anche la data del 1° gennaio, come inizio d’anno, divenisse comune.

Il Capodanno è un’occasione per celebrare la notte di passaggio tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, che si festeggia con il veglione di Capodanno in quasi tutte le città del mondo con spari di fuochi artificiali.

Molti la considerano anche un’occasione per fare buoni propositi per il nuovo anno, che rimangono solo tali dentro di loro.

In Italia è tradizione una serie di rituali scaramantici come quello di vestire biancheria intima di colore rosso o di gettare dalla finestra oggetti vecchi o inutilizzati. Quest’ultimo, grazie al cielo, è ormai solo un ricordo!

Durante il veglione si mangiano le lenticchie, come augurio di ricchezza per l’anno nuovo, e baciarsi sotto il vischio in segno di buon auspicio.


Kapedanne: ò cile libere

U timbe devesjune ne ndéne

pe u passagge suje sengalà;

‘na tembèste de tune ò trellìje

de tròmme maje nge stace p’ annungià

u nizje de ne nuve anne, sime

sèmbe è ssurtande nuje a sunà

kambane è ppisciavunnèlle sparà.

Nda stu nizje d’anne, pettande, ‘mmetà

vògghje tutte i jenìje d’u munne

ò cile leberà i pròbete vulìje,

pekkè a ògnè sciusce de vinde

mbruvvise i se pòzze arrekurdà;

i pavure, pekkè k’a prufunnetà

suje  i pòzze tutte ammesckà

k’i brellòkke d’u cile è i trasfurméje

dind’a nuve punde de referemènde

pe krèsce; i nume d’i perzune

ka chjù béne se vònne, pekkè n’angele

i nume lóre kustudisce nd’i kòse

chjù kare; i pròbete speranze,

pekkè ‘na lustre pòzzene addevendà

p’ì jurne chjù skurde; ‘a pròbeta

lustre, k’allustrekéje u kammenà

dind’u jì d’u pròbete kambà.

Capodanno: libera al cielo

Il tempo non ha divisioni

per segnare il suo passaggio;

una tempesta di tuoni o squilli

di trombe non c’è mai per annunziare

l’inizio di un nuovo anno, siamo

sempre e soltanto noi che suoniamo

campane e spariamo fuochi artificiali.

In questo inizio d’anno, pertanto, invitare

voglio l’intera umanità

a liberare al cielo i propri desideri,

perché ad ogni ventata

improvvisa li si possa ricordare;

le paure, perché con la profondità

sua le possa mischiare tutte

con le stelle e le trasformi

in nuovi punti di riferimento

per crescere; i nomi delle persone

che si amano di più, perché un angelo

i loro nomi custodisca tra le cose

più care; le proprie speranze,

perché un faro possano diventare

per i giorni più bui; la propria

luce, che rischiari i passi

nel cammino della propria vita.


 
 
 

Natale: sarà ancora la festa dell'Amore da Dio donatoci?

Post n°200 pubblicato il 21 Dicembre 2016 da pasquale.zolla

 

Natale: festa della Luce

Il Natale, oggi, non appartiene più solo alla comunità cristiana, ma a tutti gli uomini, in quanto è una festa diffusa in tutti i continenti. Ha assunto un significato universale e allo stesso tempo trasversale. È la festa dell’Uomo, di Gesù Cristo; è la festa della Luce 

La festa del Natale resiste e va sempre più diffondendosi, nonostante le leggi del mercato capitalistico ne stiano modificando profondamente il significato affettivo e soprattutto spirituale.

Ogni Natale ci riporta nella dimensione del mito e del rito, un rito collettivo che ravviva sulla terra luci e speranze; ogni anno si prepara il presepe e si addobba l’albero, si ripercorrono le strade della memoria, si ritrovano i gesti appresi fin dall’nfanzia e si rinnova con le varie età della vita tramandandosi di generazione in generazione.

Questa festa continua a coinvolgerci perché ha radici profonde, che evocano dimensioni quasi dimenticate e parla un linguaggio di cui abbiamo smarrito l’alfabeto, ma di cui l’anima conserva ancora qualche eco.

È la festa che canta il dono della vita: la nascita di un bimbo che vagisce in una misera grotta.

Oggi, però, sotto la spinta di un consumismo edonista rischia di perdere il significato spirituale per ridursi a mera occasione commerciale di acquisti e scambi di doni.

Solo se riusciamo a spogliarlo delle incrostazioni consumistiche e materialistiche, il Natale diventerà un’occasione per accogliere il messaggio di speranza che promana dal mistero della nascita di Cristo.

Bisogna prepararsi al Natale con umiltà e semplicità, disponendoci a ricevere in dono la luce, la gioia e la pace, che da questo mistero si irradiano.

Bisogna accogliere il Natale di Cristo come un evento capace di rinnovare oggi la nostra esistenza, in modo che l’incontro con il Bambino Gesù ci renda persone che non pensano soltanto a se stesse, ma si aprono alle attese e alle necessità dei fratelli.


U Natale ka éje?

 

Natale tenerume éje

 

p’u jìre, aùsà p’u presènde,

 

speranze p’u ‘vvenì. Si Natale

 

ne nge starrìje, l’òme ‘mmendà

 

l’avarrìje pekkè Natale

 

éje kum’a nu bèlle mumènde.

 

Nu mumènde jendile, ka pjace,

 

karetatèvele è addedekate

 

ò’ perdune. Si kuiste ngape stà,

 

dind’a nuje arrenasciarrà

 

u Sarvatòre è ssóp’a nuje

 

u raje de nu brellòkke d’u cile

 

lustrekarrà ka purtarrà

 

‘na fajìlle de speranze p’u munne.

 

U Natale pessèmbe avarrìja

 

èsse, ne nzurtande pe nu jurne.

 

U amà, u kunnevide, u dà,

 

ne nzònne da mètte da parte

 

akkum’è luce è i file durate

 

nda kakkè sckatele de kartòne.

 

U béne kè a l’avete se fà,

 

béne éje k’a nuje stèsse se fà.

 

Si putarrìje, u spirde d’u Natale

 

dind’a nu buatte u mettarrìje

 

p’u terà fóre nu póke a’ vóte:

 

jurne dòppe jurne, mése dòppe mése!

 

Che cos’è il Natale?

 

Natale è tenerezza

 

per il passato, coraggio per il presente,

 

speranza per il futuro. Se il Natale

 

non esistesse, l’uomo inventare

 

lo dovrebbe perché Natale

 

è come un bel momento.

 

Un momento gentile, piacevole,

 

caritatevole e dedicato

 

al perdono. Se nella mente ciò c’è,

 

dentro di noi rinascerà

 

il Salvatore e su di noi

 

il raggio di una stella

 

brillerà che porterà

 

un barlume di speranza per il mondo.

 

Il Natale per sempre dovrebbe

 

essere, non solo per un giorno.

 

L’amore, il condividere, il dare,

 

non sono da mettere da parte

 

come le luci e i fili dorati

 

in qualche scatola di cartone.

 

Il bene che si fa agli altri,

 

è bene che si fa a noi stessi.

 

Se potessi, lo spirito del Natale

 

in un barattolo lo metterei

 

per tirarlo fuori un poco alla volta:

 

giorno dopo giorno, mese dopo mese!

 
 
 

Santa Lucia: il giorno più corto che ci sia

Post n°199 pubblicato il 11 Dicembre 2016 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

 

Lucia: la santa protettrice della vista

Santa Lucia, protettrice degli occhi e della vista, fu una martire cristiana morta durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa.

Giovane donna di buona famiglia, fidanzata e destinata ad un futuro di moglie e madre, quando la mamma si ammalò, si recò in preghiera sulla tomba di Sant’Agata a Catania, per invocarne la sua guarigione.

Sant’Agata le apparve e le chiese di dedicare la sua vita all’aiuto dei poveri e dei deboli, predelicendole il martirio.

Tornata a Siracusa, trovò la madre guarita e lei ruppe il fidanzamento e andò tra i poveri nelle catacombe con una lampada in testa.

Il fidanzato si arrabbiò e decise di vendicarsi denunciandola come cristiana.

Lucia anche sotto tortura ammise che la sua forza veniva dallo spirito, tanto che né uomini, né buoi, né fuoco, né pece bollente riuscirono a smuoverla.

Condannata a morte, prima dell’esecuzione predisse a Diocleziano la sua morte e la fine delle persecuzioni.

Ci sono due leggende su Santa Lucia. La prima dice che Lucia era una ragazza molto buona e che un ragazzo si era innamorato di lei, ma a lei non piaceva. La madre voleva che lo sposasse, ma lei si rifiutò. Il ragazzo venuto a conoscenza del rifiuto disse che l’avrebbe bruciata. Lucia pregò Dio di darle la forza di sopravvivere al fuoco e il suo desiderio venne esaudito.

Il ragazzo visto che Lucia resisteva al fuoco, prese una spada e gliela conficcò nella gola. Lucia sopravvisse per oltre tre ore dicendo parole stupefacenti.

La seconda leggenda racconta che un ragazzo si innamorò di Lucia e in particolare dei suoi occhi. Lei rifiutò il suo amore, ma in cambio gli diede i suoi occhi. Allora accadde un miracolo: Lucia riebbe di nuovo gli occhi ancora più belli.

Il giovane le chiese nuovamente di dargli gli occhi, ma lei si rifiutò e il giovane la uccise infilandole un coltello nel cuore.

Si dice anche che il giorno di Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia, ma è una definizione sbagliata in quanto il re Canuto di Svezia aveva stabilito che il 13 dicembre sarebbe dovuto essere il solstizio d’inverno, mentre si sa che è il 21 dicembre il giorno più breve.


Sandalucìje, vine t’aspètte

Sandalucìje ka nd’i mane tuje

jendile purte l’ucchje a ki chjù

ne mbòde ò ne nvòle vedè,

dind’a kasa mìje trase, nd’a nòtte

tuje, cittacitte, sènza fà manghe

nu remòre è, akkume faje

p’i krjaturille brave è bbune

a kuje purte k’u ciucciarille tuje

ammagate dòrce è ddune nguandetà,

arrapeme ‘a vesazze d’i rekurde

akkuanne da pecceninne me facive

truà a pitelitte, a ndò durméve

ke l’ucchje mizz’apirte è mmizze chjuse

pe te vedè, i dòrce. Mé, vine te préje,

ke kundandèzze t’aspètte pekkè

te vògghje vedè, te vògghje tukkà

è ‘na grazjòne k’u kòre ‘m’mane

te fazze: prutìjeme da ògnè

male è u jì mìje lustrukìje

d’a Lustre ka ne nze stute maje

de l’ucchje tuje, chjù bèlle d’i stèlle ngile!

Santa Lucia, vieni ti aspetto

Santa Lucia che nelle tue mani

gentili porti gli occhi a chi più

non può o non vuole vedere,

entra in casa mia, nella notte

tua, in silenzio, senza fare alcun

rumore e, come fai

per i bambini bravi e buoni

a cui porti con il tuo asinello

fatato molti dolci e doni,

aprimi la bisaccia dei ricordi

quando da piccolo mi facevi

trovare a piediletto, dove dormivo

con gli occhi semichiusi

per vederti, i dolci. Su, vieni ti prego,

felice ti aspetto perché

ti voglio vedere, ti voglio toccare

e una preghiera con il cuore tra le mani

ti faccio: proteggimi da ogni

 male e illumina il mio cammino

della Luce Eterna

dei tuoi occhi, più belli delle stelle del cielo!


 
 
 

La Luce dell'Amore si presenta all'umanità tutta

Post n°198 pubblicato il 05 Dicembre 2016 da pasquale.zolla


La festa della Vergine Immacolata

L’immacolata Concezione è un dogma cattolico che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, proclamato da Pio IX l’8 dicembre 1854.

La Chiesa Cattolica celebra la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l’8 dicembre.

Il Protovangelo di Giacomo, composto tra il 140 e il 170, contiene l’idea che Maria fosse una persona speciale sin dal concepimento, come grazia divina, anticipata da un angelo ai suoi genitori.

Agostino d’Ippona (354/430) è il primo teologo che parla della natura perfetta e speciale di Maria, cosa che viene trattata da molti padri greci che attribuiscono una speciale natura a Maria.

Proclo di Costantinopoli (+ 446) scrive che Maria è il santuario dell’impeccabilità, il tempio santificato di Dio, il paradiso verdeggiante e incorruttibile.

Theoteknos di Livia (VII sec.), la definisce: Tutta bella, pura e senza macchia. Nasce come i cherubini colei che è fatta di argilla pura e immacolata.

Andrea di Creta (+ 740) scrive che il corpo della Vergine è una terra che Dio ha lavorato, la primizia della massa adamitica che è stata divinizzata nel Cristo, l’immagine del tutto somigliante della bellezza divina, l’argilla modellata dalle mani dell’artista divino.

Sofronio di Gerusalemme dichiara che Maria è pura, santa, senza macchia, risplendente, dai sentimenti divini, santificata, libera da tutte le lordure del corpo, del pensiero, dell’anima.

In occidente Pascasio Radberto (+ 865/7) scrive che Maria è stata esente da ogni peccato originale e il benedettino inglese Eadmero (1064/1124) dice: “Non poteva forse Dio conferire a un corpo umano di restare libero da ogni puntura di spine, anche se fosse stato concepito in mezzo ai pungiglioni del peccato? È chiaro che lo poteva e lo voleva; se lo ha voluto, lo ha fatto.”

Anselmo d’Aosta (+1109) sostiene che Maria, concepita come tutti gli uomini nel peccato originale, fu anticipatamente redenta da Cristo, prima della nascita del Salvatore.

È con Duns Scoto (+1308) che prende forma il dogma sostenendo non la redenzione anticipata di Anselmo, ma la redenzione preventiva.

Non dice che Maria fu concepita nel peccato originale e poi redenta, ma che fu concepita senza peccato originale: “Cristo esercitò il più perfetto grado possibile di mediazione relativamente a una persona per la quale era mediatore. Ora, per nessuna persona esercitò un grado più eccellente che per Maria. Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale.”

Papa Sisto IV (+1484) introdusse a Roma la festa liturgica della Concezione.

Nel 1848 Pio IX istituisce una commissione di teologi e una di cardinali, dalle quali però emerge il parere cintrastante circa l’Immacolata. Ma i vescovi si dichiararono a favore del dogma che il Papa promulgò con l’enciclica Ineffabilis Deus l’8 dicembra 1854.

La festività dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria era già celebrata in Oriente nel secolo VIII e venne importata in Italia meridionale da monaci bizantini. Dal meridione il culto si propagò a tutto l’Occidente e fu inserita nel calendario della Chiesa universale da Papa AlessandroVII.

Il Santo di Lucera Francesco Antonio Fasani (1681/1742) fu devotissimo dell’Immacolata Concezione fino al punto di definirsi “Il peccatore dell’Immacolata!”

Avè, ò Vèrgene Marìje

Avè, ò Marìje, Mamme de Dìje,

tutta ‘mmakulate è dde lude

dègne. Tu sì l’akkuarèlle d’u kòre

mìje arze, ‘a lustre kujéte

d’u cerèbre mìje kumbuse,

‘a repezzatrice de tutt’i male mìje.

‘Na grazjòne te fazze, Mamme de Dìje,

tineme da parte nu kòre, pure

è chjare kum’a akkue de surgime,

de krjature; nu kòre sèmblece

ka ne nze rechjéke a ‘ssapurà

i pròbete trestèzze; nu kòre

grusse grussassaje nd’u se dunà,

facele a’ kumbassjòne; nu kòre

fedéle è jjeneruse, ka ne nze skòrde

manghe nu béne è nne ndéne rangure

de manghe nu male; nu kòre dòce

è spugghjate ka ame sènza pretènne

d’èsse rjamate; nu kòre grusse

è mmaje dumate akkussì ka nesciuna

ngratetutene u pòzza chjude

è nnesciuna ndeffrènze u pòzze stangà.

Ò Vèrgene, bèlle kum’a lune, delizje

d’u cile, nda kuje facce uardene

i bjate è ss’arrespècchjene Langele,

faje ka ìje te pòzza assemegghjà

è kka l’alma mìje aùtténe nu raje

d’i bellizze tuje ka ne ndramòndene

ke l’anne, ma ka resblènne nd’a ‘ternetà,

ka ‘na mane me dìje affenghé

nu jurne pòzze raggiunge pure ìje

u purte d’a kujéte è dd’a sarvèzze

tra i vrazze d’u Figghje tuje Gesù!

 

Ti saluto, o Vergine Maria

Ti saluto, o Maria, Madre di Dio,

tutta pura e di lode

degna. Tu sei la rugiada del cuore

mio arido, la luce serena

della mia mente confusa,

la riparatrice di tutti i miei mali.

Ti prego, Madre di Dio,

conservami un cuore, puro

e limpido come acqua di sorgente,

di fanciullo; un cuore semplice

che non si ripieghi a godere

delle proprie tristezze; un cuore

magnanimo nel donarsi,

facile alla comprensione; un cuore

fedele e generoso, che non dimentichi

alcun bene e non serbi rancore

di alcun male; un cuore dolce

e umile che ami senza esigere

di essere riamato; un cuore grande

e indomabile così che nessuna

ingratitudine lo possa chiudere

e nessuna indifferenza lo possa stancare.

O Vergine, bella come la luna, delizia

del cielo, nel cui volto guardano

i beati e si rispecchiano gli Angeli,

fa’ che io ti possa assomigliare

e che la mia anima riceva un raggio

della tua bellezza che non tramonta

con gli anni, ma che rifulge nell’eternità,

che mi dia una mano affinché

un giorno possa raggiungere anch’io

il porto della pace e della salvezza

tra le braccia del Figlio tuo Gesù!

 


 

 

 
 
 
 

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