pasqualezollaIl blog di Pasquale Zolla |
Messaggi del 16/11/2020
Post n°335 pubblicato il 16 Novembre 2020 da pasquale.zolla
La giornata dei poveri Questo momento epidemico che stiamo vivendo ha messo in crisi tante certezze. Ci sentiamo più poveri e più deboli perché stiamo sperimentato il senso del limite e la restrizione della libertà. La perdita del lavoro, degli affetti più cari, come la mancanza delle consuete relazioni interpersonali, hanno di colpo spalancato orizzonti che non eravamo più abituati a osservare. Le nostre ricchezze spirituali e materiali sono messe in discussione e abbiamo scoperto di avere paura. Chiusi nel silenzio delle nostre case, abbiamo riscoperto quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale. “Tendi la tua mano al povero” , tratto dal libro: Suracide, dell’Antico Testamento, fa da presentazione alla giornata dei poveri voluta da Papa Francesco. La lettura di detto libro ci fa scoprire che dentro di noi esiste la capacità di compiere gesti che danno senso alla vita. Purtroppo accade sempre più spesso che la fretta trascina in un vortice di indifferenza, al punto che non si sa più riconoscere il tanto bene che quotidianamente viene compiuto nel silenzio e con grande generosità. (Si vedano, come esempio, i medici e gli infermieri nell’opera di aiuto ai tanti ammalati di coronavirus negli ospedali!) Accade così che, solo quando succedono fatti che sconvolgono il corso della nostra vita, gli occhi diventano capaci di scorgere la bontà dei santi della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi. Le cattive notizie abbondano sulle pagine dei giornali, nei siti internet e sugli schermi televisivi, tanto da far pensare che il male regni sovrano. Non è così. La generosità che sostiene il debole, consola l’afflitto, lenisce le sofferenze, restituisce dignità a chi ne è privato, è sotto i nostri occhi ed è la condizione di una vita pienamente umana. Certo, non mancano la cattiveria e la violenza, il sopruso e la corruzione, ma la vita è intessuta di atti di rispetto e di generosità che non solo compensano il male, ma spingono ad andare oltre e ad essere pieni di speranza. Anche un sorriso che condividiamo con il povero è sorgente di amore e permette di vivere nella gioia. La mano tesa, allora, possa sempre arricchirsi del sorriso di chi non fa pesare la propria presenza e l’aiuto che offre, ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo. ‘A Lègge uàle pe tuttekuande éje ‘A Lègge éje uàle pe tuttekuande, nu bèlle ditte éje ka renguréje u pòvre, kuanne skritte ‘a véde sópe ‘a kape d’i judece, sóp’ò mure de funne d’i avule judezjarje; ma kuanne s’akkòrge ka, pe sullecetà ‘a ùuàghjanze d’a lègge a tutéle suje, ndespenzabele éje u ajute de kuèlla rekkèzze ka ne ndéne, tanne kuillu ditte i pare ‘na farze a’ mesèrje suje. ‘A puvretà éje kume a nu gastighe pe nu rjate maje fatte. U lukkule d’u pòvre éje kè anghjane sine a Dìje, ma nen arrive maje è rècchje d’i rikke è d’i puliteke ka sanne peghjà i mòmmabìje ke mbòste sckitte d’è sakke d’i pòvre ka sanne ka ne ndènene, ma ka tande sònne. Si gnune avarrìje sckitte tande kuande dace, rikke ne nge sarrìjene. Si gnune darrìje a l’avete tande kuande have, ne nge sarrìjene pòvre ka, l’uneka kòse ka hanne kuèlle éje de se ajutà i vune ke l’avete: vune póde mbrestà i kòsse suje ò’ zuppe, l’avete i ucchje ò’ cekate, n’avete angòre póde vesetà i malate. È kuillu ditte skritte sóp’è kape d’i judece éje state, éje è rumanarrà sèmbe è sckitte nu sunne p’i pòvre.
La Legge è uguale per tutti La Legge è uguale per tutti, è una bella frase che rincuora il povero, quando scritta la vede sopra le teste dei giudici, o sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocare l’uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria. La povertà è come una punizione per un crimine mai commesso. È il grido del povero che sale fino a Dio, ma non arriva mai alle orecchie dei ricchi e dei politici che sanno prendere i soldi con tasse solo dalle tasche dei poveri che sanno che non hanno, ma che sono tanti. Se ognuno ricevesse solo tanto quanto dà, non ci sarebbero ricchi. Se ognuno desse all’altro tanto quanto ha, non ci sarebbero poveri che, l’unica cosa che hanno è quella di aiutarsi gli uni gli altri: uno può prestare le sue gambe allo zoppo, l’altro gli occhi al cieco, un altro ancora può visitare gli ammalati. E quella frase sulle teste dei giudici è stata, è resterà sempre e solo un sogno per i poveri.
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Post n°334 pubblicato il 16 Novembre 2020 da pasquale.zolla
La giornata dei poveri Questo momento epidemico che stiamo vivendo ha messo in crisi tante certezze. Ci sentiamo più poveri e più deboli perché stiamo sperimentato il senso del limite e la restrizione della libertà. La perdita del lavoro, degli affetti più cari, come la mancanza delle consuete relazioni interpersonali, hanno di colpo spalancato orizzonti che non eravamo più abituati a osservare. Le nostre ricchezze spirituali e materiali sono messe in discussione e abbiamo scoperto di avere paura. Chiusi nel silenzio delle nostre case, abbiamo riscoperto quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale. “Tendi la tua mano al povero” , tratto dal libro: Suracide, dell’Antico Testamento, fa da presentazione alla giornata dei poveri voluta da Papa Francesco. La lettura di detto libro ci fa scoprire che dentro di noi esiste la capacità di compiere gesti che danno senso alla vita. Purtroppo accade sempre più spesso che la fretta trascina in un vortice di indifferenza, al punto che non si sa più riconoscere il tanto bene che quotidianamente viene compiuto nel silenzio e con grande generosità. (Si vedano, come esempio, i medici e gli infermieri nell’opera di aiuto ai tanti ammalati di coronavirus negli ospedali!) Accade così che, solo quando succedono fatti che sconvolgono il corso della nostra vita, gli occhi diventano capaci di scorgere la bontà dei santi della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi. Le cattive notizie abbondano sulle pagine dei giornali, nei siti internet e sugli schermi televisivi, tanto da far pensare che il male regni sovrano. Non è così. La generosità che sostiene il debole, consola l’afflitto, lenisce le sofferenze, restituisce dignità a chi ne è privato, è sotto i nostri occhi ed è la condizione di una vita pienamente umana. Certo, non mancano la cattiveria e la violenza, il sopruso e la corruzione, ma la vita è intessuta di atti di rispetto e di generosità che non solo compensano il male, ma spingono ad andare oltre e ad essere pieni di speranza. Anche un sorriso che condividiamo con il povero è sorgente di amore e permette di vivere nella gioia. La mano tesa, allora, possa sempre arricchirsi del sorriso di chi non fa pesare la propria presenza e l’aiuto che offre, ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo. ‘A Lègge uàle pe tuttekuande éje ‘A Lègge éje uàle pe tuttekuande, nu bèlle ditte éje ka renguréje u pòvre, kuanne skritte ‘a véde sópe ‘a kape d’i judece, sóp’ò mure de funne d’i avule judezjarje; ma kuanne s’akkòrge ka, pe sullecetà ‘a ùuàghjanze d’a lègge a tutéle suje, ndespenzabele éje u ajute de kuèlla rekkèzze ka ne ndéne, tanne kuillu ditte i pare ‘na farze a’ mesèrje suje. ‘A puvretà éje kume a nu gastighe pe nu rjate maje fatte. U lukkule d’u pòvre éje kè anghjane sine a Dìje, ma nen arrive maje è rècchje d’i rikke è d’i puliteke ka sanne peghjà i mòmmabìje ke mbòste sckitte d’è sakke d’i pòvre ka sanne ka ne ndènene, ma ka tande sònne. Si gnune avarrìje sckitte tande kuande dace, rikke ne nge sarrìjene. Si gnune darrìje a l’avete tande kuande have, ne nge sarrìjene pòvre ka, l’uneka kòse ka hanne kuèlle éje de se ajutà i vune ke l’avete: vune póde mbrestà i kòsse suje ò’ zuppe, l’avete i ucchje ò’ cekate, n’avete angòre póde vesetà i malate. È kuillu ditte skritte sóp’è kape d’i judece éje state, éje è rumanarrà sèmbe è sckitte nu sunne p’i pòvre.
La Legge è uguale per tutti La Legge è uguale per tutti, è una bella frase che rincuora il povero, quando scritta la vede sopra le teste dei giudici, o sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocare l’uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l’aiuto di quella ricchezza che non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria. La povertà è come una punizione per un crimine mai commesso. È il grido del povero che sale fino a Dio, ma non arriva mai alle orecchie dei ricchi e dei politici che sanno prendere i soldi con tasse solo dalle tasche dei poveri che sanno che non hanno, ma che sono tanti. Se ognuno ricevesse solo tanto quanto dà, non ci sarebbero ricchi. Se ognuno desse all’altro tanto quanto ha, non ci sarebbero poveri che, l’unica cosa che hanno è quella di aiutarsi gli uni gli altri: uno può prestare le sue gambe allo zoppo, l’altro gli occhi al cieco, un altro ancora può visitare gli ammalati. E quella frase sulle teste dei giudici è stata, è resterà sempre e solo un sogno per i poveri.
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