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Messaggi del 26/02/2021
Post n°361 pubblicato il 26 Febbraio 2021 da pasquale.zolla
Femminicidio: meccanismo acuito dalla pandemia L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia ha aumentato maggiormente il rischio di violenza sulle donne in quanto, quasi sempre, questa viene consumata all’interno delle mura domestiche. Troppe donne hanno perso la vita per mano di compagni, amici, familiari a causa di una mano armata dall’odio verso le donne. Stiamo assistendo a una recrudescenza di sessismo, razzismo, misoginia.. È qualcosa di palpabile di cui la società è tremendamente pregna e che sono aumentati nel corso della pandemia. Il Covid-19 ha reso evidenti quali e quanti sono ancora i limiti che impediscono una piena realizzazione del ruolo della donna nella nostra società. È necessario investire sull’educazione e soprattutto aiutare gli uomini, che si macchiano di queste violenze, a prendere consapevolezza. È necessario che istituzioni e politica facciano fronte comune per contrastare il seme del male che cresce in maniera incontrollata nelle nostre famiglie, a scuola, sul lavoro, nelle istituzioni. Oltre alla volontà politica di contrasto alla violenza, occorrono risorse da destinare a progetti di sensibilizzazione e formazione che accompagnino uomini e donne nel percorso della vita. Abbiamo bisogno di partire dall’abc delle relazioni, dai concetti più elementari, imparando fin da piccoli strumenti utili per riconoscere ed esprimere le emozioni, condurre i rapporti sani e liberi, gestire i conflitti, elaborare rabbia e frustrazione. Cominciamo col dire a chi amiamo: Ti voglio bene, col significato di: Voglio il tuo bene. Sarà il primo passo per combattere la violenza sulle donne, mostrandoci veramente loro amico. Te vòghje béne Te vòghje béne. Trè sèmblece paróle ‘a kuje degnetà ‘nnarrevable éje. Avastarrìje u dì a tuttekuande kuille ka béne vulime pe file da tòrce dà a rembiande è remurze. U béne éje fatte de kulure è rerute juste, mane tése p’ajutà, rècchje ka sèndene è passe ka, kuanne sperdute se éje, ce arrepòrtene sóp’a strata juste. Éje penzà k’u kòre, vjaggià k’a mènde è sènde ke l’alme. Spisse se dice te vòghje béne skurdanne ka segnefekéje vòghje u béne tuje. Sènza ‘mmidje, sènza judizje, sènza gujìsme. Arrekurdamece ka ce stace sèmbe nu kraje è u kambà sèmbe dace ‘n’ata uppurtenetà pe fà béne i kòse, ma si se sbaghje è u presènde tuutekuille éje k’arrumane, sendì dece pjaciarrìje: Te vòghje béne!
Ti voglio bene Ti voglio bene. Tre semplici parole la cui dignità è inarrivabile. Basterebbe dirlo a tutti quelli che amiamo per filo da torcere dare a rimpianti e rimorsi. Il bene è fatto di colori e sorrisi giusti, mani tese per aiutare, orecchie che ascoltano e passi che, quando si è smarriti,, ci riportano sulla strada giusta. È pensare con il cuore, viaggiare con la mente e ascoltare con l’anima. Spesso si dice ti voglio bene dimenticando che significa voglio il tuo bene. Senza invidia, senza giudizio, senza egoismo. Ricordiamoci che c’è sempre un domani e la vita dà sempre un’altra opportunità per fare bene le cose, ma se si sbaglia e il presente è tutto ciò che resta, sentir dire piacerebbe: Ti voglio bene!
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