Mi guardi, come fai sempre quando
vuoi dirmi che, soltanto una volta in più, ho sbagliato.
Non ti occupi del mio ginocchio dolorante,
della fasciatura rigida che lo costringe, della mia tristezza
nell'essere - seppure temporaneamente - invalido.
Già pensi al da farsi prossimo venturo,
alle cose che devo fare io per guarire più in fretta,
a quelle che non puoi fare tu perché io sto così;
a tutte quelle cose che ci saranno da fare
quando finalmente starò bene.
Nulla ti arriva della mia sofferenza, di quell'idea
malata che ho spesso nel fondo della mia anima
di averti deluso una volta ancora,
anche se dolore, immobilità e ginocchio sono miei.
Dici, dopo un po', che si può vivere anche
coi legamenti rotti, basta stare attenti,
basta solo essere prudenti, non esagerare
e non pretendere troppo da se stessi -
concetti che ricorrono da sempre come compleanni
e che come tali sto imparando lentamente a odiare.
Basta non fare percorsi accidentati, guardare
sempre dove si mettono i piedi ed evitare
di fare movimenti bruschi e non pensati; insomma,
basta rinunciare gradualmente a vivere, come hai fatto tu,
chiuso nei tuoi anni gravi e nelle tue abitudini quotidiane
cui non rinunci se non per qualche evento eccezionale.
La vita, quella di noi mortali, difficilmente riesce come un percorso netto
e se anche fosse, io, che cavallo di razza non sono mai stato,
di sicuro commetterei quell'uno o due errori
che non mi darebbero la sicurezza di passare
davanti alle tribune, testa alta, coda ondeggiante,
a ricevere l'applauso della gente.
La vita, quella di tutti i giorni, è fatta di buche
e frenate impreviste, di accelerazioni necessarie
e repentini ma inevitabili cambi di direzione,
se no si rischia di essere disarcionati troppo spesso
e troppo spesso rimanere col culo per terra.
E se la vita è fatta anche di persone che volendoti accarezzare
fanno male e volendo scalciare ti rimettono in piedi,
io, nel mezzo di questo cammino, voglio avere gambe solide
come ho sempre avuto, e non essere un mezzo uomo,
con mezze gambe, come su mezzo padre, in passato,
su cui poter contare.