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L'enigma del sigillo imperiale

Post n°624 pubblicato il 24 Febbraio 2015 da pedro_luca
 
Foto di pedro_luca

 

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L'enigma del sigillo imperiale

La porta a cui la luce conduce
Il mistero della vita introduce,
ch'è nella fonte l'andar alla foce.

traccia XXXII

Da come si guarda attorno, dal suo gesticolare squilibrato deduco facilmente che quel vecchio è uno di quelli che sono andati un po’ fuori con la testa, ecco, a questo punto mi ricordo di Bernardo. Chissà, spero proprio che si rimetta com’era prima di quella botta in testa.
Dall’androne vedo comparire la figura di Aldobrando, anche se non ha ancora messo piede nel cortile ed il suo viso è ancora avvolto dall’ombra, lo riconosco dall’incedere.
Gli vado incontro d’impeto, voglio sapere se possiamo lasciare il castello oppure c’è da attendere chissà cosa.
“Credo che tu sappia già cosa è successo. Comunque per questo hanno deciso di fare una indagine affidandola al capitano Cadeur. Il principe mi ha chiesto di affiancarlo in questo compito perché, essendo io forestiero, posso dare all’investigazione un ulteriore e superiore carico d’imparzialità. Insomma, pare che non si voglia  dare adito a chiacchere, perché il capitano ucciso è quello di cui si vociferava avesse una relazione con la dama del signore.”
Da come mi osserva e dall’accenno di sorriso spontaneo che gli è spuntato sul volto capisco di aver manifestato la mia delusione in modo appariscente. Cerco di darmi un contegno adeguato ma il disappunto per la mancata partenza monta in me. Lui si sofferma ad osservare il palazzo come se avesse notato qualcosa di strano, e poi prosegue:
“Comunque non preoccuparti che sarà una cosa breve, perché questa non è una sedizione, non è una rivolta, questa è una faccenda circoscritta. Conti da saldare tra  loro, e serve la scena della legittimazione. Poi, un delitto, un assassinio, che è? Cose che si risolvono nel giro di poco tempo.”
Lo ascolto con poca attenzione perché improvvisamente e senza alcun motivo ho come una strana sensazione spiacevole, come per l’incombere di una avvenimento a lungo temuto. Non so perché ma inizio ad avere parecchi dubbi sul fatto che la faccenda di cui parla Aldobrando sarà di breve durata, e il timore che si finirà con l’andare per le lunghe trascinandoci dietro altre fastidi e altre complicazioni si fa sempre più forte. Il fatto è che mi  sento come preso in una trappola da cui non ho nemmeno la più piccola idea di come uscirne, e poi, cosa posso fare? Penso di non avere altra scelta che questa, di rimanere al fianco di Aldobrando, in una posizione che mi dà più garanzie di sicurezza piuttosto che tentare l’azzardo di un allontanamento solitario dal castello. E per andare dove, con che mezzi? Così accetto ilo fatto compito, anche se non era nei patti, mi metto l’animo in pace e rimango al mio posto, scudiero al servizio di Aldobrando. Se la volontà del padre eterno è questa, vorrà dire che attenderò che si compia il tempo destinatomi prima di ritornare all’eremo da Bernardo, e poi non è forse vero che è meglio arrivare tardi a destinazione che non arrivarci di fretta.”
“Hai compreso?”
Aldobrando quasi si mette a ridere per come assiste ai miei muti indugi, ma poi mi rassicura:
“Fidati.”
Rispondo di si con il capo, cos’altro potevo fare, affronto gli sviluppi della vicenda perché è ormai chiaro che il mio ritorno all’eremo non può prescindere da quello di Aldobrando.
“Andiamo.”
Si dirige verso il palazzo e io lo seguo, anche se non so cogliere bene il senso di tutto questo e non ho la minima idea sulla faccenda in cui ci stiamo infilando.
Le due guardie poste davanti all’edificio hanno una faccia da adolescenti e sono così rigide nel portamento che sembrano impalate. Ho imparato che questo è un atteggiamento che denota poca dimestichezza con il loro lavoro oltre ad insicurezza e poca tranquillità. E’ evidente che sono solo delle reclute alle prime armi, lo deduco  facilmente perché l’ho vissuta anch’io e non molto tempo fa. Varcata la soglia ci troviamo in un ampio atrio da cui parte la scala che porta ai corridoi. Appoggiata alla colonna centrale troneggia una grande tavola in legno, a prima vista sembra quercia, corredata ai lati da due lunghe panche fatte dello stesso materiale. A farle da corollario, alle pareti vi sono appoggiate delle panche rustiche, squadrate e ruvide, lavorate senz’altra pretesa che quella di essere funzionali allo scopo per cui sono state costruite. L’insieme dell’arredo è più che misero, è quasi primitivo, e questo sta ad indicare come quel luogo, con molta probabilità, sia adibito ad alloggio per la guarnigione. E’ un luogo sì ordinato, ma si evidenzia pure in modo chiaro come non vi dimorino delle donne, c’è polvere e muffa sui muri e mancano gli oggetti, anche i più insignificanti, quelli che loro amano dislocare negli ambienti in cui vivono per personalizzarli. Qui vedo solo rigore militare e nient’altro, due rastrelliere colme d’armi sulla parete di fondo, ai lati di una porta aperta da cui si intravede un lungo corridoio illuminato da fiaccole appese alle pareti. Si, non c’è dubbio,  si tratta di un posto di guardia con annessa armeria. Un gruppo di gente, immersa in una accesa discussione, staziona davanti alle rastrelliere, alzano lo sguardo, dopo un attimo escono due uomini e si dirigono verso di noi. Il primo, un tipo di media statura dall’aspetto robusto, portamento ritto tipico dei soldati, sguardo dritto, ci saluta presentandosi come  capitano Gadeur. Mostra una rada barba rossiccia cosi come i capelli che tiene corti. Parla con un tono di voce pacato ma deciso:
“Cavaliere Aldobrando. Mi ritengo onorato d’essere stato prescelto dal conte per affiancare un cavaliere del suo rango nello svolgimento dell’indagine.”
Nonostante il formalismo del discorrere rimane l’impressione di un uomo leale, uno che per abitudine crede a ciò che gli viene ordinato senza porsi altre domande.
Quello che l’accompagna non apre bocca, rimane come impietrito al suo fianco, e con i suoi occhi scuri non cessa un attimo di osservare il circostante. Penso che sia una specie di segretario o aiutante, so solo che lo segue come un’ombra.
“I corpi del capitano e dell’uomo d’arme sono stati portati nella camera mortuaria della cappella. Qui, ai piedi della scala è stato trovato il corpo dell’uomo d’arme. Come potete vedere per terra non c’è ombra o macchia di sangue perché la sentinella è stata strangolata. Aveva ancora attorno al collo la corda con cui è stata uccisa.

 
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