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« BUONGIORNO!#!*!14.04.2006 »

Mittttico Casatiello

Post n°14 pubblicato il 13 Aprile 2006 da sensodgl0

Ragazzuoli questa è la versione in prosa del precedente post! "La leggenda del casatiello" ... Seppur sembra lunga vi invito a leggerla ... altrimenti che cavolo l'ho messa a fare  

C’è grande animazione stasera, in Paradiso. E’ un sabato speciale: il primo Sabato Santo della storia. Domani è la domenica di Pasqua: Gesù risorge, e torna finalmente a  casa. Il Padreterno, come sempre, sta in cielo, in terra e in ogni luogo.  Ma non sta più nei panni per la felicità.

“Benedetto ragazzo. Se ne è voluto andare a tutti i costi. Qua sopra, da solo, si annoiava a morte. Gli avessimo almeno dato un fratellino, o una sorella…Siete tutti vecchi, diceva, non fate che pregare tutto il santo giorno…..Papà, per le vacanze me ne vado sulla terra, là c’è un po’ più di movimento.” Poi le vacanze erano durate trentatrè anni, e si erano pure concluse male. Adesso però è tutto finito. Domani sarà qua. Gli dobbiamo fare una festa, ma una festa che se la deve ricordare finchè campa. Cioè per sempre. Per le coreografie fu convocato San Vito. La scelta delle musiche  toccò a  San Remo (niente canti di chiesa, per carità).

Per l’attesissimo spettacolo pirotecnico non si potè fare a meno di Santa  Barbara, nervosissima, e sempre sul punto di  prendere fuoco.

San Rocco, chiudi il cane, per piacere. E tu, Sant’Antonio, domani il  porco lo  lasci a casa. Il sommelier celeste, san Gregorio dei Feudi omonimi, venne a prendere ordini per il vino. Gli fu detto di preparare delle grosse caraffe d’acqua. Il resto non era affar suo. Per il dessert, una coppia: Saint Honorè e Santa Rosa. I Santi, da Sant’Anna a San Zaccaria: vale a dire dal primo all’ultimo, erano felici. Finalmente  ’o Nennillo  tornava all’ovile. Santa Lucia  già sapeva che avrebbe avuto occhi solo per lui.

I preparativi vanno avanti per tutta la notte, e alle prime luci dell’alba tutto è pronto. Il Padreterno si è messo la tunica più bella e si è spazzolato a lungo la  barba bianca. Cherubini, serafini e pasticcini sono schierati in bell’ordine. Non rimane che attendere. Passa un’ora, ne passano due, e poi tre. I Santi, pur dotati della pazienza omonima, cominciano a mormorare (molti sono piuttosto in/al di là con gli anni). “Va bene che a noi nessuno ci corre dietro. Ma farci aspettare tutto questo tempo ….E’ una  questione di educazione”. Dopo cinque ore di attesa  il disappunto cede il passo alla preoccupazione. Com’è che ‘o Nennillo non arriva? Gli fosse successo qualcosa?Sulla terra la gente è a tavola, a godersi il pranzo di Pasqua. Su in Paradiso arrivano certe refole di capretto al forno da resuscitare i morti. Ma nessuno abbandona la posizione.   Quando però si comincia a diffondere l’effluvio della pastiera, segno inequivocabile che il pranzo pasquale (degli altri) volge ormai al termine, uno dei Santi si fa coraggio, e fa un passo avanti. “Patatè, se permettete, vorrei scendere giù a fare una piccola indagine” dice  Sanantonio, col suo accento francese. “Commissario, non per sfiducia, Io me ne guardi…ma di questa faccenda me ne voglio occupare di persona”. Ciò detto, il Signore si gettò addosso un mantello da viaggio, e un momento dopo era già in caduta libera.

La prima tappa fu il Santo Sepolcro. “Forse il ragazzo ha pigliato sonno….”  Ma il sepolcro era vuoto. Si  fermò un istante ad annusare l’aria. E con quel naso fine ‘e Pateterno, riuscì a cogliere  una lieve traccia olfattiva. Nella sua onniscienza, seppe che era quella giusta, e che doveva seguirla. Così fece. Lasciò Gerusalemme,  e si levò sul Mar  Mediterraneo, sul quale galleggiava lo Stivale (“Bello…..l’ho fatto io?”), e cominciò a risalirlo. Quando il profumo gli sembrò abbastanza forte, scese in picchiata, atterrando morbidamente. Dov’era? A Napoli. Chi lo sa perché, si sentì subito  meglio. La preoccupazione per il ritardo del Figlio, e la rabbia per essersi rovinato la prima Pasqua della sua vita, cominciavano pian piano a svanire. “Ma è veramente  bella, questa città. Ci mancavo dal secolo passato, ma ha proprio molto, molto migliorato” disse fra sé. L’odore: l’odore  adesso era bello forte. Grasso e delicato, imperioso ma sottile.

Va’ avanti tu, che ti vengo dietro. Un po’ alla volta le strade diventavano più strette e più buie, e in quell’intrico di vicoli chiunque avrebbe potuto perdersi. Ma non Lui. Per tre motivi: Lui non era chiunque; se quello era il centro storico, Lui era il Centro, plurimillenario per giunta; e poi  era guidato dall’odore, che ormai aveva battezzato Profumo (dare un Nome alle Cose gli era sempre piaciuto). Il profumo e l’olfatto lo condussero infine davanti a  una finestra bassa, fortemente illuminata. Dall’interno provenivano scoppi di risa, grida, battimani; se era una festa, era ben riuscita. Alzandosi in punta di piedi (o forse lievitando un po’: su questo punto gli studiosi non sono d’accordo), Dio guardò dentro la stanza.

“Gesù!”, esclamò. Nel senso della meraviglia, e nel senso proprio, cioè Suo: davanti a Lui c’era infatti il Suo Figliolo. Seduto a capotavola, Gesù pareva perfettamente a suo agio. (“Quanto te sì fatto bello, a papà….E questi mò chi sono? Apostoli, mi  sembra di no. Non  è l’ebraico, la lingua che parlano: questa qua è molto più musicale, più allegra….Quelli poi mangiano male. Solo pane senza lievito. Quando a tavola c’è un po’ di  pesce, è un miracolo. Qua invece ci sta ogni bene Mio!”)

Gli occhi divini passarono da una pietanza all’altra, dai resti del capretto alla   pastiera, fino a che lo sguardo non arrivò al Primo Motore: alla Fonte di quel magico odore che lo aveva amorevolmente condotto fin là.

Era una specie di ciambellone alto, di un colore tra l’ambra e l’oro: rotondo, e con un buco in mezzo. La compattezza delle pareti presentava un largo squarcio, che ne lasciava intravedere l’impasto, di un giallo più chiaro, da cui occhieggiavano piccoli e profumatissimi ciccioli di maiale.

Incastonate nel ciambellone  come pietre preziose, alcune uova, intere e profumate.Alla ciambella mancavano ormai parecchie  fette. La  più grossa,  in via di progressivo e rapido assottigliamento, si trovava nel piatto di Gesù.In quel momento Gesù vide il Volto del Padre dietro i vetri,  e gli fece  un grande sorriso. “Trasite signò, pigliatevi un bicchiere di vino” fecero i napoletani,  correndo ad aprirgli la porta.

“Dunque mi avete riconosciuto”, fece il Padreterno, che di infinito aveva tutto: anche la vanità, mettendosi in posa.

“No papà: hanno detto signore con l’esse minuscola, e di-vino: due  parole” gli spiegò Gesù, mentre lo abbracciava commosso.

“Certo,  avevo capito. Ma veniamo a noi, Figlio…..di mappina! (Quando ci vuole ci vuole). Tutti quanti noi ti stiamo aspettando da stamattina, e tu invece di venirtene a casa, te ne stai qua beato, a mangiare con gli amici?”  “Scusami, papà. Hai ragione. Vedi, io volevo venire…..ma mi hanno invitato a pranzo. Dice che mi volevano ringraziare……

“Per esserti sacrificato per loro”.“Nossignore- intervenne uno dei commensali. – Cioè sì, pe’ chesto  nunn’abbasta a ringrazià. Noi però volevamo ringraziare il Figlio Vostro, qui presente, no pecchè è morto; perché è nato. E con la sua nascita (vi ricordate?, ‘o fatto d’a grotta, il bue e l’asinello), ci ha fatto venire l’idea del presepe.

A noi il presepe ci ha fatto un sacco di bene: ‘ a piccerille, da bambine,  ci piaceva assai: e pure da grossi, pe’ c’intendere, ora che ci aviamo fatti  grandi: proprio qua dietro, a San Gregorio Armeno, i presepi li fabbrichiamo, e ce li vendiamo. E accussì putimmo campà.”

“’E capito mò, papà? Per questa gente io sono il numero 1 (il numero 10 è arrivato più tardi, sul presepe ci sta pure lui). Così mi hanno invitato qua  a mangiare”.“Ma tu, che la parlantina non ti manca, non gli potevi dire “In verità, in verità vi dico: non posso accettare, in Paradiso sono più di trent’anni che mio Padre mi aspetta?” “E’ quello che volevo fare, mi devi credere. Appena sveglio (insomma, appena risorto) ho guardato la posta, e ho trovato il loro invito. Avevo già scritto un cortese biglietto in cui dicevo che mi era impossibile,  avevo pure chiamato l’angiolillo per farglielo recapitare a volo a volo, quando ho sentito un profumo, ma un profumo….Tu ne dovresti sapere  qualcosa”.

Dio capì subito. Furbi, questi napoletani: avevano giocato la loro ciambella al momento giusto…

“Che ti posso dire, papà. Aggio resistito a Satana, ma al casatiello – m’hanno detto che si chiama così – non ce l’ho fatta…...sarà pure che stavo digiuno da venerdì”.“Visto che hai toccato l’argomento – fece il Padreterno, fingendo disinteresse – ne potrei avere una fetta pure io? Tanto per rendermi conto.”“Signò, favorite”, dissero in coro i napoletani. Questa volta l’Esse era maiuscola, o almeno così gli sembrò. Avrebbe voluto dire grazie, ma aveva già la bocca piena di casatiello. Era vero: il sapore uguagliava il profumo, e forse lo superava. Per un (bel) po’, in quella modesta casa di via S. Biagio dei Librai non si udì altro che il sommesso lavorìo delle Divine mandibole. Pulendosi la bocca dalle ultime briciole, il Padreterno non riuscì a nascondere la propria soddisfazione. Il buonAmore  gli era tornato. 

“A proposito di casa/tiello, Figlio mio bello: non ti pare che sia giunto  il momento di tornarcene a casa? Senza di noi, il Paradiso non si può fare.  Quanto a voi, cari amici…- fece, rivolgendosi ai commensali -  vi posso chiedere una cortesia? Ma no, lasciamo perdere.”

“Dite, dite pure. Voi site ‘o Padrone”

“Ecco….questo poco di casatiello  che è avanzato, non è che me lo potreste incartare? Lo vorrei portare sopra, ai ragazzi: non mi avete appena detto che il casatiello è p’e Sante? In realtà avevano detto che era pesante,difficile cioè da digerire…

 

A questa divina battuta i napoletani finsero di scompisciarsi dalle risate. “Come?- proseguì il Signore - Dite che non basterà per tutti? Nessun problema: a questo ci pensa lui”, e accennò a Gesù.   

“E mò jammuncenne, guagliò. Buona Pasqua a tutti!”  

Salutoni a tutti.....

 

 

 

 

 

 

 
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