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Post N° 56

Post n°56 pubblicato il 08 Aprile 2008 da picilongo
Foto di picilongo

Introduzione alla storia contemporanea. P. Pombeni (ed.)

Domande 7 _ Le relazioni internazionali

 

1.        Quando nasce la «società internazionale»?

La nascita degli stati moderni implicava la decisione di un principe di assumere la propria autonomia dall’impero e dal papato ed al tempo stesso la volontà di centralizzare l’autorità in un bel definito territorio. Da una parte la ragion di stato portava ogni principe a voler mantenere, tutelare e rafforzare il proprio dominio politico come primo obiettivo. Dall’altra parte, continuava a operare la visione pregnante di una sorta di comunità tra gli stati. E. Burke parlava alla fine del 700 di una repubblica diplomatica d’Europa. Proprio l’affermazione della sovranità aveva infatti come risvolto necessario il riconoscimento reciproco degli stati in un rapporto teoricamente paritario. Da qui si sviluppò un insieme di regole di relazione (diritto internazionale), di mezzi dei comunicane e scambio (diplomazia), che configurò una vera e propria società internazionale di stati in Europa.

2.        Che cosa si intende con l’espressione balance of power?

All’inizio del800 cinque erano gli stati maggiori (Inghilterra, Francia, Prussia, Impero asburgico, Russia). Tra questi attori maggiori, il gioco della ricerca di egemonia si era intrecciato con la visione di un equilibrio pluralistico (balance of power), codificata già con il trattato di Utrecht del 1713. La visione meccanicistica dell’equilibrio era in realtà solo teorica: se contro i tentativi egemonici nascevano spesso alleanze contrapposte, tale regola non aveva nessuna efficaci quando una grande potenza si rapportava ad una minore (si pensi alla spartizione dello stato polacco).

3.        Che cosa sono l’ordine di Vienna e il «concerto europeo»?

Dopo la sconfitta di Napoleone e la Francia fu ridimensionata nei confini del 1792, si decise di convocare a Vienna un grande congresso europeo che avrebbe dovuto sistemare i problemi pendenti e mettere le basi un ordine stabile per il futuro. L’elemento innovativo più forte fu proprio un progetto di stabilizzazione consensuale: le controversie andavano risolte in un quadro capace di imporre un ordine condiviso e presentabile di fronte all’opinione pubblica nascente: la restaurazione dei sani principi della tradizione, dalla monarchia di diritto divino alla morale cristiana. Si parlò di legittimismo: l’Europa riconosceva se stessa come una comunità basata sul diritto, in cui i governi validi erano quelli sanzionati dalla tradizione, dalla legge riconosciuta. La revisione della carta d’Europa attuata al congresso di Vienna provò comunque che le esigenze delle diverse potenze non erano affatto facili da contemperare. Lo zar Alessandro I propose si costituire una Santa Alleanza dei sovrani cristiani europei che impegnava i firmatari a prestarsi reciproco sostegno secondo i principi inderogabili della giustizia, dell’amore e della pace per ottenere la felicità dei popoli troppo a lungo tenuti in agitazione. Era una versione rigidamente tradizionalista dell’idea di cooperazione delle grandi potenze, mentre più sobria e pratica era l’interpretazione del concerto europeo da parte inglese. Tale concerto europeo funzionò, con alterne vicende ed efficacia variabile, per 40anni. La sua prima fase dopo il 1815 si imperniò su periodiche riunioni al vertice tra gli esponenti delle grandi potenze. Le regole inespresse ma generalmente accettate del sistema stabilivano che nessun problema europeo dovesse ricevere soluzioni europee; che ogni potenza prima di agire in un campo che toccasse lo status, gli interessi o i diritti delle altre dovesse consultarle; che nessuna delle grandi potenze potesse essere esclusa da una conferenza o congresso; che ci fosse bisogno di consenso per modificare lo status quo; che i piccoli stato avessero diritto di protezione e di ascolto, ma non di partecipare alle decisioni.

4.        Quando si sviluppa e in che cosa consiste la pax britannica?

La riv.industriale aveva condotto il paese a divenire l’economia più produttiva (e dominante) e a creare un mercato finanziario cruciale per tutto il mondo. Su queste basi si sviluppò un’egemonia mondiale di tipo nuovo, che fino al 1870 doveva restare pressoché unica, con una coscienza imperiale, espressa dal motto della pax britannica, riallacciato al modello di Roma classica. Il perno del sistema era una sfera informale di influenza economico-politica sempre più estesa a livello globale: nuovi mercati e nuovi territori erano avvicinati dalla riv. dei trasporti e delle comunicazioni. Attorno alla metà del secolo la classe dirigente inglese si convertì al liberismo, abbandonando il mercantilismo ed il protezionismo del passato e richiedendo analoga apertura ai propri partner commerciali.

5.        Quali sono le principali caratteristiche dell’età dell’imperialismo?

Dopo il 1880 iniziò l’età dell’imperialismo, basata sulla centralità della conquista coloniale europea di territori e popolazioni extraeuropee, con la partecipazione di nuove potenze. L’Africa fu rapidamente spartita, non senza qualche tensione tra le maggiori potenze coloniali, ma senza scontri aperti. Caratteristiche dominanti di quest’epoca: carbone e acciaio, telegrafo e ferrovie spinsero lo stato, per la propria sopravvivenza industriale, all’imperialismo. Il commercio estero divenne un elemento competitivo sempre più centrale, unitamente alla protezione dell’industria nazionale e al tentativo di costruire un’autosufficienza alimentare.

6.        Che cosa si intende con l’espressioni Weltpolitik e Ostpolitik?

La formula della Weltpolitik (politica mondiale) alludeva alla necessità dello stato tedesco, con il suo forte dinamismo economico e demografico, di modificare i rapporti di forza, per puntare al controllo della Mitteleruopa, ponendo così le basi per un confronto imperiale più ampio nel mondo.

Il senso della distensione va colto non solo nei rapporti Usa Urss: le potenze europee la utilizzarono per metabolizzare l’eredità della seconda guerra, trovando forme di convivenza e cooperazione nuove, che scavalcassero in qualche modo i confini dei blocchi. La cosiddetta Ostpolitik dei governi tedeschi avviata con il 1966, fu l’episodio più evidente di questa volontà. Due trattati di non aggressione della Germania occidentale con l’Unione sovietica e con la Polonia prepararono la strada al trattato fondamentale con la DDR del 1972, che riconosceva l’esistenza di due stati in una sola nazione tedesca.

 

7.        Quali ricadute sul sistema delle relazioni internazionali ha la crisi economica del ’29?

La crisi, nata come fenomeno interno di inceppamento della macchina produttiva e finanziaria americana, drogata da un decennio di mano libera al big business ed alla speculazione, la crisi si tradusse in una radicale depressione produttiva che raggiunse l’Europa ed il mondo extraeuropeo. Ricadute à chiusura delle economie e rilancio di un ciclo ideologico e politico nazionalistico. Le maggiori potenze non si limitarono a innalzare il protezionismo commerciale ed a chiudere il circuito valutario, ma si orientarono a costruire attorno al proprio paese sfere d’influenze economiche chiuse e competitive.

8.        Che cosa si intende con l’espressione appeasement?

XX sec. La risposta ai nascenti revisionismi dei paesi delusi, da parte dei paesi che gestivano l’ordine di Versailles fu debole e scoordinata. Da parte britannica si affacciò l’idea dell’appeasement: una politica che intendeva pacificare il dittatore tedesco accettando le sue mosse e raggiungendo compromessi politici, fino al limite degli interessi vitali britannici, confidando nel fatto che ciò avrebbe stemperato la sua aggressività in modo da evitare un nuovo bagno di sangue. La Germania nazista giunse nel 1938 a prendere di petto gli assetti territoriali di Versailles, attraverso una serie di colpi di mano: l’Anschluss (annessione) dell’Austria, nonostante il divieto del trattato di Versailles, fu seguita dalla pressione sulla Cecoslovacchia con il pretesto della presenza di una nutrita minoranza di tedeschi nella regione dei Sudeti. La conferenza di Monaco del settembre 1938, convocata dai quattro grandi (Francia GB Italia e Germania), fu il vertice della politica di appeasement: le potenze occidentali cercarono di salvare la pace accettando le richieste hitleriane alle spalle del governo cecoslovacco. Monaco sembrò inizialmente un successo dell’arte negoziale, ma doveva ben presto diventare e rimanere il simbolo dei limiti di una diplomazia pericolosamente angusta ed illusoria. Nel 1939 l’aggressione alla Polonia fece dichiarare guerra alla Germania.

9.        Che cosa sostengono la «dottrina Monroe» e la «dottrina Truman»?

Gli Stati Uniti presero una prima rilevante posizione internazionale con la dottrina di Monroe (1823) à il principio della diversità dei due mondi, europeo ed americano, escludeva che si potesse ripristinare un controllo coloniale europeo in America, dove gli USA si candidavano alla guida di un nuovo sistema.

Nel 1947 un punto di non ritorno fu rappresentato dalla proclamazione americana della dottrina Truman, vero manifesto ideologico dell’impegno globale anticomunista, e dalla successiva proposta del piano Marshall – un progetto di ricostruzione europea secondo le linee di un capitalismo cooperativo ed integrato – che il ministro degli esteri sovietico Molotov rifiutò, chiudendo ogni spazio di collaborazione tra i mondi ideologicamente contrapposti. La Germania divisa vide i confini tra est ed ovest irrigidirsi fino alla costituzione di due stati (RFT, RDT 1949), divenendo con la sua divisione permanente il simbolo più chiaro della guerra fredda.

10.     Illustrate i tratti distintivi e l’evolversi della guerra fredda.

La Germania divisa vide i confini tra est ed ovest irrigidirsi fino alla costituzione di due stati (RFT, RDT 1949), divenendo con la sua divisione permanente il simbolo più chiaro della guerra fredda. I vent’anni successivi alla guerra configurarono un sistema di continua tensione, al limite dello scontro militare. La tensione restò altissima senza mai sfociare nello scontro militare diritto. La costruzione dei missili intercontinentali tra la fine degli anni50 e l’inizio del decennio successivo definì il cosiddetto equilibrio del terrore. La guerra di Corea (1950-53) fu l’episodio più serio di militarizzazione della guerra fredda, ma si fermò al di qua del confine di uno scontro globale. La politica americana di contenimento del comunismo continuò il progetto di riordinare il mondo in chiave di multilateralismo economico, unendovi la disponibilità a dispiegare localmente forze militari e a dare garanzie agli alleati minori per la loro sicurezza. La guerra fredda concise anche con una sorta di pax americana, dato che la leadership di Washington era determinante e politicamente creativa a livello mondiale, al di fuori del ridotto continentale sovietico. In questa logica si spiegano l’alleanza atlantica del 1949 ed il recupero all’Occidente del potenziale tedesco-occidentale e giapponese. Il primato produttivo americano reggeva il quadro delle interdipendenze tra i diversi paesi e tra le regioni sviluppate e quelle arretrate, collegato alla duratura collocazione del dollaro come moneta fondamentale dei pagamenti internazionali. Il blocco sovietico era più circoscritto geograficamente e restò condizionato dalla sua struttura staliniana. Il modello sovietico era sopravvissuto a molte sfide e l’aura della vittoria sul nazismo lo rendeva un punto di riferimento per la prima volta esportabile. Il volto drastico e brutale della sovietizzazione dell’est europeo e la sua forma chiusa suscitarono preoccupazioni e terrori. Dopo il 1955 la cosiddetta distensione non si sviluppò senza momenti di crisi anche per l’incontro scontro tra le due originali leadership: Chruscev e Kennedy: si pensi alla crisi del blocco orientale nel 1956 (con la destalinizzazione in Urss e le rivolte polacca e ungherese, sfociata nell’intervento militare sovietica Budapest), oppure alle crisi ricorrenti attorno al ruolo di Berlino (muro 1961). La guerra fredda raggiunse anche il continente americano, dopo che a Cuba il governo di Fidel Castro, che nel 1959 aveva sconfitto la dittatura di Fulgencio Batista, si trovò a schierarsi dalla parte sovietica giungendo ad una crisi internazionale nel 1962. Altra crisi si ebbe in Vietnam.

Nel 1985, con Gorbacev vi fu una svolta politica per rivitalizzare il sistema, restando all’interno della tradizione leninista, reinterpretata in chiave più aperta tramite i concetti di perestrojka (ristrutturazione) e glasnost (trasparenza): premessa di questo tentativo era l’abbandono delle velleità imperiali: ciò conduceva alla chiusura della guerra fredda. Nel giro di tre anni ci furono accordi spettacolari sugli armamenti, l’Urss ritirò le truppe dall’Afghanistan e ridusse la presenza militare nell’Est. La guerra fredda si concludeva in termini sostanzialmente pacifici. Nel 1989 i regimi comunisti crollarono rapidamente. La fine del blocco sovietico lasciava sul terreno un’unica super potenza: USA.

 
 
 
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