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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 29 Novembre 2004 da pitere

Poche scuse, solo gli uomini
possono difendere il climaInizia la trattativa tra i ministri a Cop 9. E' il caso di ricordare che le cause dei mutamenti sono diverse, ma solo su quelle determinate dall'uomo si può intervenire: vedremo

Semplifichiamo. Ci sono estati soffocanti, mari circumpolari che si scaldano, alluvioni e tifoni in aumento ecc. fra terre emerse, mari, atmosfera. Il tutto avviene in un ambiente “complesso”: basta che cambi in un punto per innescare effetti non lineari a cascata in molti altri punti dai quali partono retroazioni. Le cause possono essere parecchie.

 

Il ciclo di Milankovic, un’oscillazione ricorrente nella traiettoria dell’orbita terrestre, che ravvicina il pianeta al Sole e lo allontana. Corrisponde abbastanza all’alternarsi di ere glaciali e calde, ma sul clima a breve termine dice poco.

 

Una maggiore attività del Sole. Buona idea anche questa, attualmente allo studio, così come l’effetto delle tempeste solari sulla troposfera.

 

Una variazione nel percorso delle grandi correnti del Pacifico e dell’Atlantico, le “cinghie di trasmissione” delle temperature (e dei venti e dei monsoni, e di acqua più o meno salina, il che incide sul plancton e altri organismi e sulla loro produzione di ossigeno). Si fanno progressi, come dice Alessandra Giannini su Science, il 9 ottobre 2003.

 

Uno slittamento del polo magnetico terrestre che si allontana dai poli geografici. Effettivamente misurato, ma se i suoi effetti sullo strato liquido sotto la crosta terrestre sono noti, non sa come potrebbe influire su quello che avviene all’esterno.

Un calo nella frequenza delle eruzioni vulcaniche terrestri, per cui mancano le nubi di polveri, così utili per filtrare la radiazione solare. Purtroppo la documentazione sugli eventi passati è incompleta.

 

La sostituzione, con terreni destinati all’agricoltura, dei “carbon sinks” come foreste e vegetazioni dense, e dei “temperature buffers” come paludi, pianure alluvionali e altre terre umide.

 

Una produzione esagerata di “gas da effetto serra”. Sui ruoli rispettivi dei vari gas e sul loro assorbimento o meno da parte della vegetazione, la discussione ferve. C’è una tesi, più generale e meno controversa, del chimico dell’atmosfera e premio Nobel Paul Crutzen.

 

Dalla seconda metà del ‘700 “siamo entrati nell’Antropocene”, dice, perché è stata inventata la macchina a vapore, capace di usare energia per estrarne dall’ambiente in quantità molto maggiore di quella che consumava. Da allora aggiungiamo tanta energia a quella del sistema terre emerse-oceani-atmosfera da superarne le capacità omeostatiche. Cioè ne roviniamo il termostato.

 

La ricerca a questo punto fa così: inserisce nel computer le informazioni, globali e locali, raccattate durante le indagini, le caratteristiche delle possibile cause e il loro “peso” rispettivo (dati + modello interpretativo) e fa girare il tutto all’indietro nel tempo. Poi paragona i risultati con le misure fatte nel 1960 e nel 1910, per esempio.

 

Se coincidono, il modello è corretto. Non succede mai. Allora ricomincia, attribuendo una colpa minore o maggiore ai soliti sospetti, o aggiungendone uno nuovo. Una volta che i risultati del modello si avvicinano alle misure reali, lo fa girare in avanti nel tempo. Facendo finta che le varianti non varino troppo. E produce probabilità.

 

La ricerca, il suo compito lo fa. Quello della politica, presumo, è di tamponare gli effetti deleteri che già si notano. C’è una sola causa sulla quale può intervenire, non l’unica, non dimostrata al di là di ogni dubbio, ma scientificamente plausibile.

 

L’intervento che consiste nel ridurre l’energia aggiunta al sistema ha una probabilità, plausibile anch’essa, di rallentare il degrado del suo termostato. Perché non provare, non fosse che per l’effetto collaterale di risparmiare risorse facendone un uso più intelligente?

 
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