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Messaggi di Settembre 2006

Pilar la Mutante.

Post n°181 pubblicato il 25 Settembre 2006 da pilarmivida

Dovete sapere che un tempo Pilar era strasfigata. Ok, lo è ancora, ma un po' meno e soprattutto ora la prende con ironia.
Gli anni del liceo sono stati abbastanza difficili. Abbastanza, perchè un po'se ne fregava. Era stravergognosa, impacciatissima e spaventosamente imbranata. Indossava vestiti troppo grandi per lei perchè si sentiva sempre goffa e inadatta. Così finiva con l'esserlo davvero. Era incazzata con tutto l'albero genealogico perchè non aveva (ha) le gambe belle e gli occhi azzurri della mamma, perchè aveva il fisicaccio del papo e soprattutto perchè non aveva i capelli dritti e lisci, ma rastosi e perennemente attapirati; così metteva jeans sempre un po'larghi e bruttini, maglie troppo grandi e portava i capelli legati in una triste coda di cavallo. Aggiungete gli occhialini da secchiona ed eccola davanti a voi: l'esempio della sfigata per eccellenza.
In una scuola dove andava di moda essere fighetti/alternativi, si sentiva sempre fuori luogo. Quando tutti facevano la patente, lei andava in bicicletta. Quando tutti andavano in discoteca, lei andava da tutt'altra parte. Quando era il massimo avere i capelli lunghi lunghi, lei li ha rapati (che idee del cazzo, Pil...).
Oltretutto, abbassava sempre lo sguardo quando incrociava quello di un ragazzo; non si faceva le canne; non si metteva in mostra e non moriva dalla voglia di limonare col suo compagno pluriripetente.
Però era la stessa fatina, che mentre fa una cosa, ne pensa altre diecimila; che soffre di quella rara malattia detta Autoironiasarcastica, che ama la musica, il cinema e l'arte e che se le fai un solo sorriso diventi il suo migliore amico. Però così nessuno la notava o dava cenni di interessamento. Era esattamente la stessa, solo che non si accettava per com'era.
Poi...
Succede che Pil si dà una svegliata, se ne frega dei capelli, smette di infagottarsi in vestiti enormi e di sembrare quella che non potrà mai essere.
Scioglie i capelli e li lascia selvaggi. Indossa vestiti decenti. Cambia gli occhiali e a volte mette addirittura le lenti a contatto.
Rinasce.
E allora succede una cosa nuova. La notano. Ok, non è una strafigonza, ma è certamente meglio di prima.
E accade anche questo: incontra uno che frequentava il suo liceo, che ai tempi non la salutava nemmeno, ed ecco il dialogo...

lui: scusa...ma tu sei...no, non sei tu, scusa,scusami...
Pil: hai fatto la scuola VG... anche io...
lui: cazzo, ma sei davvero tu??
Pil: (sì, ma se mostrassi meno stupore faresti una figura meno barbina)
lui: oddio, non ci posso credere...
Pil: (la pianti?? chiudi la mascella che sembri un babbeo) madonna, ma è così strano?
lui: Ehffiga, come sei cambiata!!
Pil: (eccolo, lo stilnovista di turno) Hem... quanto stupore...
lui: ehccazzo!
Pil: (aridaje...) Vabè, mica son così diversa...
lui: ehnno!!

E via così.
Ora.
A quanto pare, il cambiamento è evidente. Ok, la fatina vi ringrazia.
Però dovete per forza fare quella faccia ingessata dallo stupore? Così quello che dovrebbe essere complimento si trasforma in una presa in giro.
Non è una cosa facile da spiegare, ma in questi casi la fatina non riesce ad essere emozionata o grata per l'apprezzamento dimostrato.
A volte s'incazza dentro e vorrebbe donare amorevolmente un paio di sberle al soggetto in questione. Altre volte s'incazza con se stessa: doveva proprio essere una sfigata coi controfiocchi...

 
 
 

Suor Psycho

Post n°180 pubblicato il 19 Settembre 2006 da pilarmivida

Quell'estate Pilar era andata in campeggio in Toscana, e ne era tornata con una bolla gigante che occupava piedino cicciotto: un oggetto non ben identificato l'aveva punta tra un dito e l'altro e si era presa un'infezione coi controfiocchi (le ladys li chiamano fiocchi). Per questo motivo, non potendo calzare scarpe o sandali, la fatina era costretta ad andare in giro solo con delle infradito.
Il dottore le aveva dato una pomata che avrebbe dovuto far sparire l'infezione e sgonfiare quella bolla fastidiosa, così Pilar (che era proprio una braaaava bambina) ogni giorno faceva impacchi, disinfettava e impomatava il piedino-salamino.
Anche all'oratorio non poteva giocare come si deve, ma tanto la tiritera quotidiana non le avrebbe permesso di sfogarsi come avrebbe voluto, quindi in effetti non ne soffriva particolarmente. Se ne andava in giro con le sue ciabattine coi gioppini colorati e non rompeva l'anima a nessuno.

Un giorno, quando Pilar era tutta intenta a cercare di ricamare quelle meledimmerda su un tovagliolo grande quanto un fazzolettino della Barbie, arriva davanti a lei una suora che prima di quel giorno la fatina aveva visto solo di sfuggita. Grossa, panciuta, coi capelli bianchi che si intravedevano sotto il velo scuro, le si era messa davanti, le aveva teso la mano gonfia e macchiata dalla vecchiaia, e le aveva detto: "Cara, so io cosa fare al tuo piede. Vieni, dai, che io sono brava, tra poco ti faccio passare tutto".
Sentendosi in soggezione di fronte a una tale autorità (data dalla vecchiaia, dalla gentilezza e dall'imponenza), la piccina acconsente e prende la mano della suora, attraversano insieme il cortile assolato ed entrano nell'asilo del paese, in una stanzetta fresca e che puzza di candeggina. La bimba viene messa su una brandina coi piedi penzoloni. Sta zitta e tiene gli occhi bene aperti per studiare ogni gesto della suora, che le prende il piedino e le versa sopra un po'di disinfettante.
"Ecco fatto, così va già meglio, vero?". Bha, veramente non è cambiato molto, ma ora Pilar è più sollevata: se la suora voleva fare solo questo, non c'è più motivo di preoccuparsi. La fatina si rilassa, abbassa le ali, e fa dondolare il diede per rinfrescarlo ancora un po'. Quale momento migliore per colpire?!
Ecco che la suora si gira con in mano una siringa di dimensioni gigantesche. Senza che Pilar abbia tempo di capire le sue intenzioni, le blocca il piede e, brandendo l'arma micidiale, le buca la bolla.
Una volta fa già male, brucia. Lei ripete più volte il colpo. Pilar è in soggezione: non vuole piangere perchè pensa che quando uscirà in cortile, tutte le bambine la prenderanno in giro, ma allo stesso tempo si sente disarmata, impotente di fronte alla violenza (in che altro modo si potrebbe definire?)... così le lacrime cominciano a uscire, le guanciotte s'arrossano e non riesce a smettere di singhiozzare. La suora le dice di non fare tante storie, che almeno così il piede è un po'meno gonfio... ma la fatina sente bruciare tutto e Quellalì non la smette di schiacciare il piede con il cotone. Ma brucia, cazzo!
Quando finalmente Pilar viene fatta uscire, è completamente sconvolta: il piede brucia, perde un po'di sangue, si è gonfiato tutto e le prude come mai prima. Ha la faccia rossa, la maglietta bagnata di lacrime e dentro un sentimento completamente nuovo: ODIA quella suora. La odia e non riesce nemmeno a compatirla per la sua ignoranza. Odia e basta. Incredibilmente, non le fa nemmeno più paura... Solo, la odia.

Il giorno dopo la fatina deve andare al pronto soccorso: l'infezione durante la notte si è estesa, il piedino è diventato gonfio e viola e non può camminare nemmeno con le ciabattine.
Pilar non avrà più a che fare con suor Psycho, ma questo episodio concorrerà a farle sviluppare un'insofferenza nei confronti del clero, dell'oratorio e delle signore che non si fanno i cazzi loro.


N.B: è probabile che la "siringa di dimensioni gigantesche" sia stata una normalissima siringa per punture, e che la suora imponente sia stata solo un po'cicciotta di media altezza: i sei anni d'età e la fervida fantasia della fatina può darsi che abbiano ingigantito un po'le dimensioni... Resta il fatto che il racconto è vero. Incredibile, sì, ma vero.


Reach out touch faith
Your own personal Jesus
someone to hear your prayers
someone who cares...
[
Depeche Mode]

 
 
 

L'incontro con la Religione.

Post n°179 pubblicato il 18 Settembre 2006 da pilarmivida

Pilar ha sei anni.
S'è trasferita in Brianza da poco e per lei l'estate in quel paesino è solo noiosissima.
Niente parchi giochi. Non ha nemmeno frequentato la scuola, perchè viene da Lecco, e questi bambini vanno tutti all'oratorio. Si sente esiliata.
Pilar non va nemmeno in chiesa (la sua famiglia è praticamente atea) MA piuttosto che restare a casa a contare le mosche, chiede alla mamma di andare all'oratorio.
La mamma ce la accompagna, paga qualcosa e una suora dà alla fatina uno zainetto, una maglietta troppo grande per lei e un cappellino stropicciato. Pilar è contenta, finalmente non sarà più emarginata!
Ma ecco che, sebbene la fatina sia piccina e ingenuotta, nota subito alcuni particolari che la lasciano perplessa:
1- all'oratorio ci sono solo femmine. I maschi stanno dall'altra parte del paese. Mha... cosa strana, per lei che all'asilo è stata abituata a giocare con tutti...
2- la giornata si sviluppa seguendo sempre la stessa tiritera: si cantano le canzoni della chiesa, si ricama, si prega in chiesa, una bambina grande esce dal cancello grigio per andare a prendere i ghiaccioli per tutte e poi si cantano ancora le canzoni paolotte. Alle cinque tutte a casa.
3- le suore hanno un certa avversione per chi, come Pilar, è mancina. "La sinistra è la mano del diavolo!!" le dice una suora. "Questa mi è nuova" pensa la fatina "mica succede qualcosa di male se uso 'sta mano anzichè l'altra...bho...". Così si sforza di usare la manina destra, ma se prima aveva capito che il ricamo non era cosa per lei, ora ne è ancora più convinta. I fili le si ingarbugliano, confonde il sopra col sotto, il davanti col retro e per di più quelle bambine la prendono in giro. Sgrunt.
4- Le suore vogliono che anche lei entri in chiesa, che preghi con tutte le altre e che cerchi di convincere i suoi genitori ad inserirsi nella comunità cristiana del paese "Perchè - dicono - "TUTTI DEVONO andare in chiesa".
Pilar è disturbata da questo "DEVONO", ma ci prova lo stesso. Va a messa vestita bene (tengono a sottolineare le suorine), ma non ci capisce nulla: tutti cantano canzoni che non conosce, parlano una lingua strana (e rimarrà un mistero anche al liceo), ogni tanto si alzano/siedono/inginocchiano e poi vanno a mangiare qualcosa. Pilar però non può mangiare, le dicono. Non le spiegano il motivo, ma la fatina resta lì sulla panca di legno.
5- La suora psicopatica. Ma questa è un'altra storia, che segnerà definitivamente la sorte di Pilar nel paese, a scuola e con gli altri coetanei...

 
 
 

Autunno e pioggia.

Post n°178 pubblicato il 15 Settembre 2006 da pilarmivida

I was angry when I met you
I think I'm angry still
We can try to talk it over
if you say you'll help me out

Don't worry baby
no need to fight
don't worry baby
we'll be alright

This is the noise that keeps me awake
my head explosed and my body aches
push it, make the beats go harder
push it, make the beats go harder


La gola di Pilar brucia ma chissenenfrega.
Grida Pilar mentre fuori piove.
Urla Pilar mentre l'autunno ingrigisce tutto.
Stona Pilar mentre aggiungi una coperta al letto.


Quando finiva l'estate Pilar non è mai stata triste, nemmeno quando doveva ricominciare ad andare a scuola. Le piaceva preparare i quaderni, le penne, l'astuccio pulito, i libri ricoperti...
Nemmeno oggi che c'è 'sto tempo da lupi che fa venire il raffreddore solo a guardar fuori, la fatina non ha rancore. Perchè ha sempre pensato che tanto un'altra estate arriva tra qualche mese e che intanto ci saranno le gite tra i boschi a raccogliere castagne, i camini accesi, le bevande bollenti (Pil è drogata di punch = acqua e rum caldo e zuccherato), i piumoni, i cappotti e i berretti scemi, le feste di rito, la neve.
Questo senso di ciclicità ha sempre rasserenato Pilar.
"L'estate sta finendo e un anno se ne vaaa"? Mapperpiacere.


 
 
 

Ricorda.

Post n°177 pubblicato il 14 Settembre 2006 da pilarmivida

Ricorda che era dicembre, ma forse gennaio. Comunque faceva un freddo cane.
Aveva finito la lezione di Civiltà Greca alle seiemmezza.
Aveva cominciato a nevicare già dal pomeriggio e ora Milano era un po'magica, anche se sembra un po'una cazzata smielosa.
Milano, la neve e le luci.
Lei aveva trascorso la serata con lui, e la mamma stava a casa col pensiero che "Piuttosto che saperla a casa di Lui, meglio che corra il rischio tornando qui in macchina".
Non sia mai...!
Ricorda che stava in macchina con qualche fiocco di neve ancora addosso, stretta nel cappotto.
Pochissime macchine e ogni tanto la luce di qualche lampione. Silenzio. Anche le ruote della macchina, passando sulla neve, non facevano rumore.
Lui che silenzioso guidava stando ben attento alla superstrada innevata e lei che ogni tanto lo guardava col la coda dell'occhio. Non voleva distrarlo o dargli fastidio, però non poteva trattenersi.
Lui concentrato e lei con la testa per aria, come sempre.
E intanto la neve continuava a cadere.

 
 
 
 
 

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