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poesie spassosissime
 

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L'AUTORE: GAETANO CUCINOTTI

Post n°146 pubblicato il 10 Marzo 2014 da antoninobertino.com

 

 

 L’ A U T O R E: G A E T A N O  C U C I N O T T I

 

     L’Avvocato Gaetano Cucinotti, nato a SAPONARA (ME) il 21 - 01 - 1893 e morto a MESSINA il 28 - 02 - 1963, celibe, è stato certamente un uomo “ sui generis “.

     Discendente da una famiglia benestante, appartenente, almeno a partire dal 1700, alla categoria dei Notai per circa un secolo e mezzo, e quindi ad una categoria sociale di alto livello, tanto che aveva uno zio paterno che fu Segretario Comunale a Saponara e un padre che fu Direttore dell’ Ufficio Postale dello stesso Comune. Laureato in giurisprudenza, iscritto all’Ordine degli avvocati di Messina dal 21 – 12 – 1929 da cui fu cancellato il 16 – 09 – 1963 perché deceduto, esercitò la professione munito di ottima cultura generale e specifica, come si evince dalla lettura delle sue poesie.

     Ma, oltre a tutto questo, ebbe una dote che pochi possiedono: la “ genialità, l’arte, cioè, di trovare ed esprimere pensieri originali, punti di vista strabilianti, battute esilaranti, che suscitavano tra i suoi ascoltatori la meraviglia e il riso a crepapelle, per cui tutti lo stavano ad ascoltare quando parlava, ma anche quando suonava con maestria la chitarra, il mandolino e il flauto.

     La genialità di quest’uomo, che, quando era vivo procurava piacere ai suoi stimatori, procura ancora piacere ai fortunati che leggono ancora oggi le 27 poesie che compongono il volumetto

MOMENTI  UMORISTICI –

bozzetti in versi dialettali siciliani “,

pubblicato per la prima volta il 15 – 01 – 1948 a Messina e ripubblicato dall’autore di questo blog nel febbraio del 2013 presso la

BookSprintEdizioni,

arricchito di TRADUZIONE ITALIANA e NOTE, per dare anche a chi siciliano non è il piacere di ridere di cuore e di avere qualche altra informazione in più per capire appieno anche ciò che non è espressamente detto.

     Però, l’unica volta che parla di se stesso, cioè nell’ultima poesia del volumetto, fa intravedere un diverso scenario della sua esistenza:

AL MIO CLICHE’

           Unni mi mèntu mèntu mi sdurrùpu !

         a tùtti ‘i bànni tròvu àcqua e vèntu !

      ma òra… pòzzu mòriri cuntèntu:

                    ammènu…, quànnu nènti…,fìci un pùpu !

     E’ un lampo che fa intravedere un’esistenza tribolata, molto diversa dall’immagine allegra che dava di sé quando era in compagnia degli amici. Forse era, come si dice in Sicilia, “ spàssu ‘i fòra e trìulu d’ìntra “: allegro fuori casa, ma moto triste e scontroso dentro; anche se un guizzo umoristico si trova nell’ultima parola: “ pùpu “: una immagine bella, pur se ridotta come un pupattolo.

     E siccome dei suoi eventuali guai non parlava con nessuno, tutti lo ricordano allegro e spensierato che intrattiene allegramente coloro che lo circondano. E’ un destino che tocca a tanta gente che non vuole mettere in piazza i propri crucci.

     A risentirci.

 

 
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