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L'AUTORE DELLA RIEDIZIONE

Post n°147 pubblicato il 10 Marzo 2014 da antoninobertino.com
Foto di antoninobertino.com

 

 

 

 

 L' A U T O R E   D E L L A   R I E D I Z I O N E

    

     Prima di pubblicare la riedizione di " MOMENTI UMORISTICI ", il Prof. Bertino ha realizzato un'altra opera dal titolo  " L'  ANTA, 'U FUSSUNI, 'A ZZIMMA ", per raccontare la genealogia della sua famiglia a partire dal 1700, anno in cui cominciano i registri di battesimo, di matrimonio e di morte della Parrocchia del centro abitato di SAPONARA, che adesso è la sede del Comune omonimo, ma anticamente faceva parte della Arcipretura di ROMETTA, che anch’essa, adesso, è il principale centro abitato dell’omonimo Comune. Oltre ai registri parrocchiali ha consultato, per completezza, anche i registri similari del Comune di Saponara, che nasce nel 1824, cioè, come tanti altri, dopo l’era napoleonica, .

Era un sogno che aveva coltivato per lungo tempo e che ha potuto realizzare quando è andato in pensione, cioè negli ultimi anni ’90. E’ un volume di otre 400 pagine che l’autore si è dovuto inventare di sana pianta ( essendo completamente digiuno di tali lavori ) per ciò che riguarda il tipo e il modo della ricerca, la selezione e l’accoppiamento dei dati, la stesura dei risultati, l’impaginazione e la numerazione delle singole famiglie che oggi appartengono a 19 rami di discendenze ( distinguibili dai SOPRANNOMI ) da un primo capostipite di nome FRANCESCO.

Oltre a questo filone a cui appartiene la sua famiglia, ci sono riportati allo stesso modo altri quattro gruppi di famiglie BERTINO molto meno numerose.

E’ ovvio notare che tale ricerca riguarda unicamente le discendenze dei soli figli maschi che portano e danno il cognome ai discendenti, per cui oggi si può dire che tutti i BERTINO di Saponara possono conoscere la loro ascendenza.

Siccome la famiglia più numerosa dei BERTINO ha praticato in prevalenza l’attività artigianale del “ carbonaio “, il sottoscritto ha voluto intitolare il volume con le parole " L’ ANTA ", “ ‘U FUSSUNI ", “ A ZZIMMA " che facevano parte del linguaggio dei carbonai.

L' " ANTA " era una striscia della fiancata di una montagna, dal fondovalle alla cima, che veniva assegnata ad un carbonaio perchè ne ricavasse il suo carbone.

Il " FUSSUNI " era uno spiazzo circolare che il carbonaio ricavava anche sui crinali più ripidi per piazzare la " FOSSA ": la massa di legname a forma conica accatastata ad arte per la cottura del carbone.

Alla base della " FOSSA " venivano messe tutt' intorno delle pietre, a breve distanza l'una dall'altra e sugli intervalli tra l'una e l'altra venivano messe altre pietre in modo che rimanessero dei fori per la circolazione dell' aria all' interno della fossa . Al di sopra di esse cominciava la copertura della legna con zolle di terra rovesciate con l' erba verso l'interno ( " màzzi " ) per creare la parete di chiusura della " fornace "; solo in cima si lasciava un breve cerchio coperto di solo fogliame per il tiraggio dell'aria.

L' accensione della " FOSSA " veniva fatta attraverso un cunicolo alla base che arrivava al centro dove erano poste delle frasche su cui erano stati posti dei legnetti in modo che il fuoco arrivasse subito in cima, perchè la cottura della legna avveniva a partire dall' alto.

Quando il fuoco aveva preso per bene la legna in cima, l'apertura veniva chiusa con zolle e, con un punteruolo di legno, si praticavano dei fori su tutta la circonferenza a circa mezzo metro più in basso in modo che il fuoco, spinto dall' aria che entrava dai buchi lasciati alla base, si propagasse verso il basso.

Quando attorno ai buchi la terra diventava nera perchè il fuoco era arrivato fi là, si chiudevano quei buchi e se ne aprivano altri circa un metro più in basso. Quando il fuoco arrivava a questi nuovi buchi, questi venivano chiusi e restavano aperti solo quelli alla base. Quando il fuoco arrivava alla base e quindi tutta la legna era cotta, si apriva uno spazio in cima e si buttava dentro acqua per spegnere il fuoco, poi si copriva ancora con terra la cima e la si lasciava riposare per la nottata.

La mattina dopo si " scabbunàva ", cioè si tirava via la terra di copertura e si estraeva il carbone accantonandolo su un lato fino a liberare il " fussùni ".

Il carbone poi veniva messo in sacchi di iuta che i " mulattièri " con le loro bestie portavano a valle per distribuirlo agli acquirenti, che erano le famiglie che abitavano in città o comunque benestanti, quelle cioè che abitavano in case in cui c'era il sottotetto, per cui non si poteva bruciare legna che avrebbero riempito la casa di fumo; il carbone invece bruciava senza emettere fumo.

'A ZZIMMA “ è una parola quasi certamente di origine germanica, “ zìmmer “ = camera, e sarà rimasta nel linguaggio locale dai tempi di Federico II°, come tante altre parole straniere, conseguenza delle varie dominazioni che nei secoli si sono succedute in Sicilia. Era una capanna costruita con rami e frasche coperta con “ màzzi “, adibita ad abitacolo per proteggersi dalla pioggia e dal freddo.

 

 
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