territorialità e città (1) »

territorialità e città (2)

Post n°1 pubblicato il 29 Maggio 2010 da handicapemental

         Ora, tutte queste differenti modalità di percezione dello spazio che si manifestano nell'organizzazione della comunicazione e degli spazi abitativi e lavorativi, continuano nell'organizzazione dello spazio urbano, anche lì con una varietà sorprendente di combinazione e forme di adattamento. Infatti, se negli spazi intimi e personali i termini di riferimento principali sono ovunque pieno/vuoto, negli spazi sociali e pubblici i termini di riferimento principali diventano mobile/immobile(1).
         Nel sistema culturale occidentale si è al sicuro nel momento in cui si è immobili, appena si è obbligati a  cambiare questo stato (per esempio attraversare una strada o un incrocio) ognuno sa di passare ad un livello di attenzione necessaria maggiore. Per un arabo la sicurezza è rappresentata da fatto di muoversi, dunque è quando si muove che ha la precedenza su tutto, per il semplice fatto di muoversi, le strisce pedonali o i semafori rientrano nella clasificazione "arredo urbano" esattamente come per un occidentale potrebbero esserlo i manifesti pubblicitari, e il discorso non cambia se si tratta di spostarsi a piedi o in macchina. Quando un inglese trasloca è facile che i vicini se ne accorgano dopo giorni, esperienza impossibile se a traslocare è una famiglia egiziana.
         La sensazione di spaziosità che un americano ammira a piazza S.Marco è strettamente legata al fatto che ci si possa camminare liberamente a piedi in ogni suo centimetro. Un giovane giapponese incontrato nel treno per Napoli che aveva suscitato la mia curiosità essendosi letteralmente incatenato alla sua valigia mi spiegò che era la quinta volta che faceva il viaggio e che il piacere che trovava a passeggiare per i vicoli di quella città valeva bene la pena di una notte in treno incatenato alla valigia, essendo per lui la valigia come il giardino di casa sua e le catene niente altro che qualcosa come i corridoi per assicurarsene l'accesso. La densità abitativa di città come Tokyo o l'abitudine di alcuni hotel giapponesi (in genere riservati comunque ai giapponesi stessi) di avere stanze in tutto e per tutto comparabili ai loculi occidentali (Capuseru hoteru) mi diventò improvvisamente più comprensibile.

        Alla luce di tutto questo è evidente che la globalizzazione determinata dalle migrazioni (qualunque origine esse abbiano, sia per necessità che altro) e il conseguente riversarsi a ritmo esplosivo nelle città sta determinando in tutto il mondo una serie di "fogne del comportamento"più micidiale e fatale della stessa bomba H. L'uomo si trova di fronte ad una reazione a catena che non è in grado di controllare, non conoscendo quasi nulla della struttura degli atomi culturali che la producono. La sistemazione di questi nuovi cittadini non comporta soltanto problemi economici ma investe la totalità del modo di vivere: essi si trovano di fronte a strani e complicati sistemi di comunicazione, ad un'organizzazione dello spazio non congeniale e in genere vivono uno strano e profondo malessere.

        La prima soluzione che l'uomo trovò per combattere l'anarchia della gente che viveva sempre più pigiata nelle città dell'antica Mesopotamia fu l'introduzione del codice di Hammurabi. Da allora si fece sempre più pressante la necessità di rafforzare l'apparato della legge per reprimere i costumi tribali, disciplinando la vita delle città e le leggi e gli apparati repressivi sono oggi presenti nelle città di tutto il mondo ma non sempre possono essere all'altezza dei problemi che devono affrontare e risolvere.
         Un potente aiuto, quando esiste, potrebbe essere l'"oasi" etnica, essa dovrebbe funzionare infatti come stazione di transito e di formazione che permette alla seconda generazione di immettersi nella vita della città. Il problema è che queste "oasi" sono dentro le città e che il loro spazio è limitato, vivono anch'esse dunque la questione del sovraffollamento al loro interno. Il risultato è che la situazione della "giungla" si riproduce e le forze repressive non riescono sempre a fronteggiarla. A New York solo un poliziotto portoricano può provare ad entrare nel quartiere portoricano mentre a Napoli i "falchi" si avventurano tra i vicoli.

         Quando le "oasi" sono costruite fuori le città, corrispondono cioè ad una estensione della città, come si vede in innumerevoli casi di rinnovamento urbano in Europa, il prezzo da pagare non è molto diverso.
Se volete aumentare la densità di una colonia di sorci conservandoli fisicamente sani, basta rinchiuderli in tanti box, in modo che non possano vedersi l'un l'altro, tenere pulite queste gabbie e dargli abbastanza da mangiare. Potete mettere in fila queste cassette per tanti piani quanti ne volete. Disgraziatamente gli animali in gabbia diventano stupidi, anche quest'ordine perfetto sempra dunque un pò troppo caro. (Edward T. Hall, La dimensione nascosta)


          Fin dove possiamo spingerci sulla strada della privazione sensoriale per incasellare la gente in tante file ordinate? L'uomo ha urgente ed assoluta necessità di princìpi urbanistici che servano a conservare una densità salubre, una sana frequenza di scambi interpersonali, una giusta misura di coinvolgimento con il prossimo e l'impressione di continuare a vivere nel proprio ambiente etnico (2).
         In effetti, l'uomo, per quanti artifici possa mettere in opera, non può sdradicarsi dalla propria cultura perchè essa è cosi profondamente penetrata nelle pieghe del suo sistema nervoso da determinare la sua propria percezione del mondo: le persone non possono agire e interagire in un qualsiasi modo significativo se non servendosi del tramite della cultura. Le case, le città, la tecnologia, il linguaggio non sono separate dall'essere umano, sono come estensioni con le quali l'uomo interagisce. La crisi etnica, urbana, scolastica sono facce di una crisi più ampia, risultato dal contrasto tra l'ampiezza e la potenza di una nuova dimensione sviluppata dall'uomo, la dimensione culturale, e l'incomprensione che l'uomo ha di questa sua stessa dimensione.

      Fino a quando potremo permetterci di ignorare noi stessi ?



(1)Sostanzialmente i modelli urbani di base sono due: a stella nel modello franco-spagnolo, a griglia in quello asiatico, adottato dai romani ed esportato in Inghilterra. Il primo, tipicamente latino, ha una funzione di attrazione sociale, tiene raccolti e collegati tutti i centri e le funzioni della città. L'altro una funzione piuttosto opposta, tende infatti a dislocare e separare i vari centri attivi della città alleggerendo il centro "geografico". Il passaggio da un sistema all'altro non è affatto automatico ed evidente: sbagliare di direzione, anche in maniera minima, in una città come Parigi può portarvi al punto esattamente opposto a quello desiderato, quello che si dice "partire per la tangente", mentre a New York è estremamente facile ritrovare "la retta via".

(2)Il primo fattore su cui lavorare per il benessere delle città a detta degli specialisti riguarda i mezzi di spostamento ed infatti il binomio principale per l'essere umano nelle sue distanze sociali e pubbliche è proprio mobile/immobile. Ognuno di noi quando deve spostarsi si trova di fronte per prima cosa la scelta del mezzo: a piedi, in macchina o con i mezzi pubblici. Tutti conosciamo l'espressione "città a scala umana" o "città a misura d'uomo" quando vogliamo esprimere il nostro apprezzamento per le città in cui si può passeggiare a piedi e l'idea di costruire un bel parcheggio al centro di Piazza S.Marco a Venezia potrebbe essere una buona provocazione per scatenare una reazione probabilmente a livello mondiale. Ma chi ha mai camminato per un giorno o una settimana di seguito per spostarsi da una città all'altra per esempio? In quel caso la macchina è il mezzo facilmente prescelto anche se l'organismo umano è fatto per muoversi nel suo ambiente ad una velocità di otto km/h: l'uso della macchina taglia fuori l'uomo da qualunque percezione sensoriale: egli è semplicemente nella corrente del traffico. La privazione sensoriale è direttamente proporzionale alla velocità. Ma anche i contatti umani sono tagliati fuori: l'auto permette solo i tipi più rozzi e limitati dei rapporti di relazione, la rivalità, l'aggressività e lo spirito di distruzione. Se si vuole ricondurre il genere umano alla possibilità della reciproca conoscenza bisogna affrontare per prima cosa il problema posto dall'automobile. (Edward T.Hall, La dimensione nascosta)

        Altra cosa importante è fare un uso costruttivo delle oasi etniche. Esiste infatti praticamente una identificazione che l'uomo fa tra se stesso e lo spazio che abita, sviluppare il senso di identità culturale o la sua energia creativa potrebbe essere una strada.
Ampliare, conservare e prevedere spazi cittadini aperti, ampi, sgombri e agiati. Questo si scontra direttamente con l'aumento della criminalità e della violenza, prodotti diretti delle nostre "fogne" cittadine che rendono pericolosi parchi o spiagge. Ciò non fà che aumentare il senso di sovraffollamento dei cittadini, tagliati fuori dalla possibilità di sfogo.
Preservare i vecchi edifici o quartieri ancora utili dalla distruzione della .....ricostruzione urbana. Non tutto ciò che è nuovo è bello! Ciò darebbe un senso di continuità con il passato oltre che rendere più pittoresche e varie le nostre città. (Greater London Plan)

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

 

Ultime visite al Blog

sweetygamekrystellaiscariota.giudarenatodetomagiorgiomed2009rnbjunklacosadgl3telodoioilweb5handicapementaltainaikaikilacosadgl1Bonsaicaffecile54solo6parole
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963