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GOGOL / LE ANIME MORTE
GOGOL / LE ANIME MORTE
Nel cortile di un albergo di N., capoluogo dell'omonimo governatorato, fece il suo ingresso una carrozza leggera, piuttosto bella, ben molleggiata, da scapolo, di quelle che usano i tenenti colonnelli a riposo, i capitani in seconda, i proprietari di non più di cento anime e insomma, per farla breve, i signori di media fortuna. lLa carrozza era occupata da un tale, non una bellezza, ma neppure brutto, non grasso, ma neanche magro, né giovane né vecchio.
Inizia così, con una sapienza retorico - narrativa da lasciare basiti, uno dei grandi capolavori romanzeschi dell'800 russo, LE ANIME MORTE di Gogol. Non credo al via e vai dello spirito ideale, non credo all'andirivieni che bacia, in tempi diversi, altrettanti paesi. Resta il fatto, la percezione, della superiorità russa nei fatti letterari, almeno per quanto concerne gli ultimi due secoli. E non v'è distinzione fra i presunti generi, romanzo, poesia o dramma che dir si voglia: i russi hanno una marcia in più, non c'è scampo per le chimere altrui. E non importa, nel caso specifico, se il romanzo risulta incompleto, qua e là disperso in capitoli mancanti: la sua grandezza non sta nella storia, nella trama, bensì nello stile. E quando dico stile mi mordo le mani, pensando alla mia insipienza linguistica; quando dico stile intendo un preciso modo di rendere la pagina, un delineare i paradigmi e la geologia dell'essere umano attraverso un ritmo, un respiro che si nutre di sarcasmo e di grottesco ancor più che d'ironia, giacché il tragico del sottofondo ( le sofferenze e le condizioni bestiali delle classi inferiori, dei contadini, dei servi della gleba, delle anime che muoiono a stormi, solo che appena l'ordigno naturale si comprima un pelo oltre il dovuto ) viene vissuto in termini deformi dalle anime nobili e borghesi, in realtà covo di vizi, sentina del peggio del peggio del genere umano. Un grande affresco, cinico e senz'anima, o meglio: con l'anima sottosopra o sott'acqua, con l'anima che neppure quella viene lasciata, resa all'onore dei "nati mali"; con l'anima mercanteggiata, occorre tanto pelo sullo stomaco per fare il proprio dovere, occupare il proprio posto, far girare la propria ruota nella Russia del tempo, inferno delle grandi distanze e della stupidità ad ogni angolo. Finisce con un invito, una calorosa forma di presa di coscienza lasciata lì, a metà, a un non detto macerato nel buio della ragione. Finisce, ma non potrà avere mai fine: capita così, è destino, ai classici senza tempo.
In quanto russo, legato a voi da vincoli di parentela, da uno stesso sangue, mi rivolgo a voi. Mi rivolgo a quelli di voi che hanno idea di cosa voglia dire nobiltà di pensiero. Vi invito a compiere quel dovere che ovunque attende l'uomo. Vi invito a considerare meglio questo dovere, la responsabilità della vostra missione terrena, poiché noi tutti ce la figuriamo debolmente, e solo in parte...
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Inviato da: tecaldi
il 27/01/2016 alle 14:32
Inviato da: hatterinavampira
il 05/12/2014 alle 00:08
Inviato da: Pallavicini74
il 01/12/2014 alle 18:18
Inviato da: hatterinavampira
il 30/11/2014 alle 23:57
Inviato da: Pallavicini74
il 30/11/2014 alle 23:15