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TV E SANTITA' nel nostro tempo...

Post n°58 pubblicato il 01 Novembre 2006 da MDN86

Siamo chiamati “la generazione del Grande Fratello”, giovani attratti dalla volgarità, dalla superficialità, dal linguaggio scurrile, e da tutto ciò che è chiamato… trasgressione.

Cosa offre a noi giovani 20enni ma soprattutto ai ragazzi più piccoli e ai bambini la TV del 2006?

Domina sui palinsesti la logica economicistica dell’audience, e lo share è il motore della macchina televisiva. Per questo sempre più rari sono i programmi scientifici, i dibattiti politici, i documentari storici che vengono fatti slittare in seconda e terza serata per far spazio a Reality, Varietà, partite di calcio e ancor peggio Match di Wrestling e cartoni animati manga (come Dragon Ball) che occupano le fasce pomeridiane in cui l’audience, composta per lo più da bambini e ragazzi lasciati davanti le TV mentre i genitori lavorano, è molto alta.

In una società come la nostra, in cui l’immagine è divenuta ormai un valore, credo sia importante riflettere su questa tematica.

Ebbene, con ciò intendo dire soprattutto una cosa: se la TV spazzatura è ciò che è diventata, ovvero priva di valori da trasmettere e sempre più intrisa di superficialità, non senso, violenza e volgarità, non è solo “colpa” di chi regola i palinsesti.

Simmel, importante sociologo politico, riteneva che qualsiasi rapporto di dominio non è mai di dipendenza unilaterale bensì di interdipendenza. Ovvero, detto in soldoni, Il Grande Fratello, L’Isola dei Famosi, La Pupa e il Secchione, il Wrestling trasmesso alle 19.00 su Italia1 vengono inseriti in quelle fasce perché c’è chi le guarda.

Un po’ come la piaga della prostituzione: non smetterà di esistere fino a quando ci saranno i clienti.

Con ciò non voglio fare del moralismo. Ma semplicemente richiamare all’attenzione il concetto della responsabilità del compiere un’azione. Nel nostro caso la scelta di ciò che guardiamo alla TV ha dei riflessi importanti sui nostri figli – che non hanno gli strumenti cognitivi per vagliare ciò che la TV loro propina – e di riflesso, sulla società in cui i nostri figli e noi insieme a loro viviamo.

Svuotata di valori, la TV è lo specchio della nostra società “post-moderna”, la quale però a sua volta è attratta da questo vetro magico, da tutto ciò che è fama e vanagloria e ne fa un modello di riferimento.

Sin da piccolini ognuno di noi ha inconsapevolmente imitato i comportamenti di un suo genitore, di un suo parente, di un suo simile. In noi, definiti da Aristotele “animali razionali”, c’è l’istinto di identificazione in modelli che la nostra mente e il nostro essere sociali crea naturalmente.

La TV è stata uno di quei punti di riferimento negli anni ’50, in cui è nata, nei cui programmi la gente comune, appena uscita dalle Guerre Mondiali, ritrovava il sorriso (con i Varietà) e allo stesso tempo veniva istruita, alfabetizzata (Portobello); e per i bimbi c’erano i primi cartoni animati in bianco e nero (come Calimero), ma esisteva per loro anche un senso del limite, segnato dal Carosello.

Dietro ciò ovviamente c’era un preciso contesto socio-culturale ed economico profondamente diverso dal nostro sul quale è bene fermarsi a riflettere.

 

Oggi, nel 2006, lo spirito culturale vigente da un lato è quello dell’esaltazione estrema dell’Individualismo, e dall’altro, opposto a ciò una sempre più estesa omologazione della massa che viene fuori evidente nei ben noti fenomeni di massa quali la moda, i concerti, (taluni ritengono anche i fenomeni religiosi) nei quali l’individuo si perde in nome di un credo, di una ideologia, di un sentire o di passioni comuni.

Il vuoto dominante però è quello che incontrano i giovani di oggi nel loro sempre più difficile cammino di crescita, i quali si identificano nei modelli televisivi in vista della loro voglia di fama e dell’”essere qualcuno”, del “diventare qualcuno”.

La Chiesa e la società lanciano messaggi diametralmente opposti da questo punto di vista.

Per la società le cosiddette “posizioni acquisite” sono quelle che ti fanno diventare “qualcuno”: se hai una macchina potente, una moglie bella e dei bei figli, se vivi in una villa con piscina…se sei ricco, se hai un lavoro che permette a te di campare bene (avvocato, medico, ingegnere…lo si diventa perlopiù per motivi di retribuzione alta non per passione)…allora sì che sei qualcuno.

Ma anche la pubblicità volge sempre più in questo senso. Induce la gente a comprare non tanto in un’ottica quale quella dell’utilità del prodotto, quanto quella dello status simbol: o quell’oggetto ce l’hai e sei “in” oppure nella società vieni automaticamente considerato “out” e…sei escluso, un fallito, un derelitto, un perdente (logica che influisce moltissimo sui bambini e sugli adolescenti laddove già dai primi anni di vita lo zainetto o il grembiulino indossati sin dalla scuola dell’infanzia devono essere firmati “come quelli del mio amichetto” altrimenti il bimbo si ritroverà da solo).

Questo dunque per la nostra società l’essere qualcuno.

Per la Chiesa “essere qualcuno” significa invece essere se stessi nel sentire l’Amore di Dio pervadere e sciogliere il nostro cuore.

La Chiesa mette al centro l’individuo, sì, ma un individuo guidato dall’Amore di Dio e che per questo diventa unico e irripetibile. In questa società dove tutto sembra perduto la Chiesa insiste molto sulla Santità. Ci ripete: “ Siamo tutti chiamati alla Santità” e ancora, “Siate il sale della Terra”, “Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate il vostro cuore a Cristo”.

 

Ecco, mi chiedo…bombardato da messaggi di violenza e superficialità… ha ancora senso parlare di santità?

Sì. Per me sì. A mio avviso essere Santi significa Vivere il proprio tempo con la convinzione che non si è soli nel cammino; con la convinzione che il Potere dell’Amore di Dio, se unito alla volontà dell’individuo di camminare nella Fede, con rettitudine sentendosi amato e amando può cambiare il nostro quotidiano, e i messaggi di morte lanciati dalla Tv e dalla nostra società acquisteranno sotto lo sguardo d’Amore un altro significato.

 

La Riflessione sul nostro tempo e la Testimonianza di vivere l’Amore crocifisso sono sempre più rare, anche per la paura di soffrire. Ma con queste due armi noi giovani della GMG possiamo gridare al mondo con la Chiesa che davvero “Tutti siamo chiamati alla Santità”.

 

 

MDN,

1 Novembre 2006

 
 
 
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