paese reale

Rimarranno nella memoria collettiva degli avellinesi le scene di giubilo sfrenato che hanno accompagnato la vittoria al ballottaggio di Gianluca Festa, per i suoi supporter “Gianlucone”, a piazza Libertà. Non si era mai visto un politico gioire così tanto, perdendo ogni inibizione per abbandonarsi, col volto travisato, ad urlare, come un vero ultrà, cori trionfanti all’indirizzo degli avversari affacciati ai balconi della sede del loro comitato elettorale, dall’altra parte della piazza. Fra brindisi e spumante, striscioni che dileggiavano il rivale sconfitto, e addirittura una lunga sequenza, non autorizzata, di fuochi d’artificio, sparati proprio lì, a fianco dell’affollatissimo marciapiede dove si festeggiava il successo per poco meno di settecento voti. 

In attesa che Avellino metabolizzi l’avvenuta elezione e lo stesso “Gianlucone” si renda conto di quanto è accaduto, lui, ex giocatore della Scandone ed ex vicesindaco ai tempi di Galasso, ha espresso i suoi primi intendimenti rispetto al mare di cose da fare: innanzitutto, “normalizzare la città”, pacificare gli animi divisi dalla dura contesa elettorale e mettere mano alla macchina amministrativa, valorizzando le professionalità presenti al suo interno. 

Poi passerà a rispettare le promesse, che hanno convinto a votarlo 11.707 elettori contro gli 11.015 che hanno preferito Cipriano. In ballo ci sono le solite case popolari da assegnare, qualche posticino negli uffici comunali o magari in un supermarket di prossima apertura, come riferiscono le malevoli dicerie di questi giorni.

Sta di fatto, però, che, preso dalla foga agonistica con cui ha condotto la sua doppia campagna propagandistica, Festa non ha avuto modo di spiegare ancora i punti essenziali del suo programma. Per cui sarà di grande curiosità il momento in cui dovrà sottoporre al nuovo Consiglio i propri indirizzi programmatici: quelli che il predecessore Ciampi copiò clamorosamente dal comune di Verona. 

Del resto, già durante la sfida con il rivale, fatta quasi esclusivamente di accuse reciproche e pochi momenti costruttivi, i temi sono apparsi identici, pressoché in fotocopia, essendo, tra l’altro, sia Festa che Cipriano figli del centro-sinistra locale a trazione popolare-democristiana. Con il nuovo primo cittadino, trattato come un eretico dalla segreteria provinciale del Pd, sebbene risulti tuttora tesserato al partito di via Tagliamento; mentre l’altro ne era uscito all’atto della sua precedente candidatura a sindaco, alla guida della civica “Mai più”, per divenire il prescelto proprio da parte del Pd. 

La verità è che anche stavolta, come succede da anni, sulla corsa alla carica di sindaco, è stato determinante l’oggi 91enne “Signore” indiscusso di Nusco, Ciriaco De Mita, che, dichiarando il suo appoggio a Festa, ha consumato una cocente vendetta nei confronti dell’alto “tradimento” del consigliere regionale Maurizio Petracca, reo di aver impedito la formazione di una lista di demitiani al primo turno delle amministrative, per schierarsi con l’“odiato” Cipriano. E, alla luce dell’esito del ballottaggio, non si può negare che Avellino continui ad essere parte integrante del feudo demitiano, in piedi da decenni.  

Ma, accantonata l’intensa mobilitazione demitiana, che pure un ruolo decisivo ha giocato nell’elezione di Festa, prepariamoci alla annunciata “normalizzazione” della politica amministrativa. Il neo-sindaco potrà contare su una maggioranza estesa e compatta, condizione ideale per svolgere al meglio la propria “missione”. A saperla, però. 

Già la scomparsa dalle cronache di quasi tutti gli esperti presentati alla città, ad eccezione di Buondonno e Di Falco, con quello più prestigioso, Giulio Baffi, dimenticato dalle prime indiscrezioni sulla prossima giunta Festa, non contribuisce a sfatare i dubbi e le incertezze.