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PONTE MAMMOLO

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LA RIVOLTA SCUOTE IL NORD AFRICA

Post n°946 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da ponte.mammolo

L'onda non si ferma. E ancora una volta sono numerosi gli Stati nordafricani e islamici interessanti da impressionanti rivolte di piazza. La situazione più complessa, al momento, si registra in Bahrain (nella foto): i morti nei recenti scontri sono almeno otto, mentre i feriti sono centinaia. In migliaia, invece, hanno passato la notte nella piazza della capitale Manama: con loro hanno tutto il necessario per rimanerci a lungo, come cucine da campo e tende.
MAROCCO - In Marocco, almeno cinque persone sono morte in seguito ai disordini avvenuti nella città di Al Hoceima, nel nord del Paese. I cadaveri carbonizzati sono stati trovati all'interno di una banca in cui è stato appiccato un incendio. In migliaia hanno manifestato a Casablanca, Rabat, Marrakech e Lara. La folla ha chiesto una riforma politica e di limitare i poteri del re. Nel corso degli scontri di ieri si contano 128 feriti, 115 dei quali agenti di polizia, e 120 arresti.
IRAN - Centinaia di persone sono state arrestate nel corso delle proteste antigovernative di domenica a Teheran. L'opposizione è tornata in piazza per commemorare la morte di due attivisti nel corso delle proteste della scorsa settimana. L'agenzia d'informazione Herana, che si occupa di diritti umani in Iran, parla di 150 fermi. Secondo diverse fonti, in manette sarebbe finita anche Faezeh Hashemi, figlia dell'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani. La polizia ha lanciato lacrimogeni contro i manifestanti, che per ore hanno assediato diversi luoghi cruciali della Capitale tra cui la strada in cui c'è la sede della Tv di Stato.
YEMEN - Un morto e diversi feriti. E' questo il bilancio degli incidenti verificatisi ad Aden, una delle città principali dello Stato. Nella Capitale Sanaa, migliaia di persone in piazza hanno chiesto la caduta del regime. Il presidente Ali Abdallah Saleh ha affermato che non intende dimettersi prima delle elezioni.
ALGERIA - Altre tre persone hanno tentato di suicidarsi nel paese del nord dell'Africa. Si tratta di disoccupati che reclamavano per non essere stati richiamati al lavoro, in una società pubblica. Nelle ultime settimane almeno trenta persone hanno tentato di uccidersi dandosi fuoco, e tre sono morte.
 

 
 
 

LIBIA: BOMBE SUI MANIFESTANTI

Post n°945 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da ponte.mammolo

Sta assumendo i contorni di un massacro senza precedenti l'ondata di rivolte in Libia. Secondo Al Jazeera, infatti, jet dell'esercito stanno compiendo dei veri "raid aerei" sui manifestanti che stanno riempiendo le piazze. Le notizie sono ancora frammentarie ma raccontano della reazione spropositata da parte dei militari: sembra che dai jet i militari stiano mitragliando e lanciando bombe contro i dimostranti. Il vice-ambasciatore libico all’Onu ha invocato un intervento internazionale contro il "genocidio" perpetrato in questi minuti dal Governo e ha chiesto che venga istituita una no fly zone su Tripoli. Due jet hanno fatto scalo a Malta e lì hanno chiesto asilo politico, rifiutandosi di aprire il fuoco sulla folla.
La stessa tv araba ha parlato di almeno 250 morti solo a Tripoli e solo nella giornata di oggi (che vanno ad aggiungersi ai 300 caduti negli incidenti degli ultimi quattro giorni). Al Arabiya parla di "centinaia di vittime". Le reti televisive, inoltre, raccontano che miliziani vicini a Gheddafi stanno aprendo il fuoco sui dimostranti.
Da parte dell'Unione europea e del segretario generale dell'Onu Ban-Ki Moon giunge a Muammar Gheddafi la richiesta di far cessare "immediatamente" le violenze. E' proprio la sorte del rais, inoltre, uno dei gialli delle ultime ore: alcune fonti lo vorrebbero già in Venezuela (ma il Governo di Chavez avrebbe smentito), secondo altre invece "è a Tripoli e lotta contro i teppisti".
DISORDINI A TRIPOLI - Nella Capitale sta bruciando la sede del governo, così come la sede della Tv di Stato e un commissariato nella zona est, nel sobborgo di Souk al-Jamma, mentre i manifestanti libici hanno attaccato a due riprese un cantiere edile sudcoreano ferendo quattro stranieri. Testimoni oculari riferiscono di migliaia di persone in Piazza Verde, nel centro di Tripoli. Secondo alcune organizzazioni non governative, molte città (tra cui Bengasi e Sirte, che ha dato i natali a Gheddafi) sono in mano ai rivoltosi. Contrario ai metodi con cui i militari stanno affrontando la protesta, il Ministro della Giustizia Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil ha annunciato le sue dimissioni.
L'ITALIA SI MOBILITA - "In tutte le basi aeree italiane il livello di allarme sarebbe massimo in relazione alla crisi libica": è quanto si apprende da fonti del Ministero della Difesa. Secondo le stesse fonti, una consistente quota di elicotteri dell'Aeronautica militare e della Marina militare in queste ore avrebbe ricevuto l'ordine di spostarsi verso il sud. Questa misura, però, viene definita "un provvedimento dovuto" da parte del Ministero. Nel tardo pomeriggio sono stati allertati al "massimo livello di prontezza" gli Stormi dell'Aeronautica militare di Trapani e Gioia del Colle (Bari), da dove partono i caccia che devono intercettare velivoli entrati senza autorizzazione nello spazio aereo nazionale. E' quanto L'Italia, inoltre, è "pronta con un piano nazionale di garanzie a tutela dei nostri concittadini": lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, precisando che sono già stati disposti "rientri in patria di una parte del personale non strettamente necessario di grandi aziende come Eni e Finmeccanica". I primi voli speciali per rimpatriare gli italiani ci saranno martedì.
DISCORSO IN TV DEL FIGLIO - Un diplomatico libico a Pechino ha annunciato alla rete tv Al Jazira di essersi dimesso. Hussein Saduq al Musrati, questo il suo nome, ha aggiunto di augurarsi un intervento dell'esercito e che Gheddafi "potrebbe aver già lasciato il Paese". L'ambasciata della Libia a Pechino non ha smentito la notizia. A farlo ci ha pensato, direttamente da Tripoli, il figlio del colonnello, Saif al Islam, che in un discorso in diretta tv alla nazione ha annunciato che suo padre "guida la lotta" contro gli insorti nel Paese:"Muammar Gheddafi sta guidando la lotta a Tripoli e vinceremo". Saif al Islam ha parlato al Paese in tv, in nottata, per oltre 40 minuti.
La situazione per il regime, però, è  difficilissima. Saif ha confermato che equipaggiamenti bellici, tra cui carri armati e pezzi di artiglieria, sono stati sottratti alle forze forze di sicurezza da parte di "civili e teppisti". Tutta opera di un non meglio precisato "movimento separatista" che avrebbe ordito un "complotto" ai danni di Gheddafi.
BILANCIO PESANTE - Intanto si fanno sempre più drammatici i bilanci degli scontri. Secondo gli ultimi aggiornamenti, sarebbero 61 le vittime soltanto nella giornata di oggi, mentre secondo le Ong negli ultimi quattro giorni si contano tra i 300 e i 400 morti. A Bengasi, epicentro dei disordini, i morti nella ieri sono stati almeno sesanta, mentre è di 18 lavoratori asiatici feriti il bilancio degli scontri registrati nella notte a Tripoli, dove un gruppo di rivoltosi armati ha attaccato un cantiere di una società della Corea del Sud: tre feriti sono sudcoreani, 15 del Bangladesh, due dei quali si trovano in gravi condizioni. 
RIPERCUSSIONI IN BORSA - Sono numerose le società italiane che hanno interessi in Libia o partecipazioni libiche al proprio interno. La rivolta nel Paese nordafricano, dunque, sta avendo ripercussioni economiche. Il titolo peggiore è stato Impregil, che ha perso il 6,17%. Pesante anche il rosso di Eni (-5,12%) e di Unicredit (-5,75%). La Juventus è arretrata del 3,34%, mentre Finmeccanica ha lasciato sul terreno il 2,69%. L'indice Ftse Mib ha chiuso in calo del 3,6%: la Borsa italiana è stata la peggiore tra le europee, che pure hanno chiuso tutte col segno meno. Il Ftse 100 di Londra ha perso l'1,12%, il Cac 40 di Parigi l'1,44%, il Dax di Francoforte l'1,41%. Male anche Madrid, con l'Ibex in ribasso del 2,33%. Il petrolio ha superato quota 90 dollari al barile.
ITALIA, VERTICE SU IMMIGRAZIONE - Si svolgerà martedì pomeriggio o in serata, a Palazzo Chigi, un vertice per discutere del rischio immigrazione dopo la rivolta libica. Al summit parteciperanno il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, quello della Difesa Ignazio La Russa e quello degli Esteri Franco Frattini. Il titolare della Farnesina, nella mattinata di martedì, sarà in Egitto.
LE REAZIONI INTERNAZIONALI - Alla luce di questi avvenimenti, Barack Obama è pronto ad intervenire. Gli Stati Uniti stanno valutando "tutte le azioni appropriate" in risposta alla violenta repressione delle manifestazioni e analizzando le dichiarazioni fatte in nottata in tv dal figlio di Gheddafi, per vedere se ci sono prospettive di una riforma significativa. Lo rende noto un funzionario Usa. "Sarà fondamentale avviare il processo di riconciliazione", ha commentato in mattinata il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini. La Farnesina, intanto, ha sconsigliato "qualsiasi tipo di viaggio" nel Paese, sottolineando la "gravità della situazione in Cirenaica, in particolare nelle città di Bengasi, Ajdabya, Al Marj, Al Beida, Derna e Tobruk". L'Eni ha fatto scattare il rimpatrio per tutto il personale non essenziale e i familiari.

 
 
 

IRAN: LIBERATI DUE GIORNALISTI TEDESCHI

Post n°944 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da ponte.mammolo

"Compassione islamica": è questa la motivazione con cui sono stati liberati i due giornalisti tedeschi della Bild, arrestati a seguito di una intervista illegale al figlio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna condannata a morte con l'accusa di adulterio. Il tribunale iraniano ha commutato la pena a venti anni in una sanzione di 50mila dollari: i due cronisti erano accusati di crimini contro la sicurezza nazionale iraniana. La pena, che prevedeva la detenzione in carcere, è stata tramutata in una multa dopo la dimostrazione - da parte della stessa corte - che i due non avevano intenzionalmente voluto compiere crimini contro la sicurezza nazionale della Repubblica sciita.
Il Ministero degli Esteri tedesco ha confermato la notizia aggiungendo che i due sono stati raggiunti da un funzionario del consolato di Berlino a Tabriz e che in giornata dovrebbero raggiungere l'ambasciata tedesca a Teheran. Entro pochi giorni dovrebbero tornare in Patria.

 
 
 

LIBIA E' MASSACRO

Post n°943 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da ponte.mammolo

La tensione in Libia schizza alle stelle. Violenze, scontri e morti, dopo aver insanguinato il Maghreb e parte del Medio Oriente, si espandono anche in Bahrein, Yemen e Kuwait. Fonti citate da al Jazira riferiscono che a Bengasi, sabato sera, le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco con mitragliatrici su un corteo funebre lasciando a terra decine di vittime in quello che un testimone ha definito "un autentico massacro".
LIBIA - Le autorità libiche nei primi due giorni della protesta sarebbero state responsabili della morte di almeno 84 manifestanti, alle quali si devono aggiungere quelle di sabato sera a Bengasi (pare che le vittime siano 15): il bilancio totale sale oltre 100 vittime. A far trapelare il nuovo bilancio è l'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, che ha interpellato fonti mediche e testimoni. Nel dettaglio, il regime del colonnello Muammar Gheddafi avrebbe ucciso almeno 70 manifestanti a Bengasi, seconda citta della Libia. Anche questa rivolta sta venendo integralmente coperta dall'emittente Al Jazeera, che conferma, grazie a un testimone, il tragico bilancio. Sarebbero almeno 70 i cadaveri, e le forze dell'ordine avrebbero impedito alle ambulanze di raggiungere i luoghi di protesta.
CACCIA A GHEDDAFI JR - Nella rivolta contro il Colonnello Gheddafi sarebbe direttamente coivolta anche la famiglia. Venerdì sera è stato assediato dai manifestanti l'albergo Uzu nella città di Bengasi, e secondo quanto riporta il sito Libya al-Youm, vicino alle opposizioni, all'interno della struttura c'era Saad, uno dei figli del leader libico e tra i fedelissimi del regime. Saad e i suoi uomini sarebbero riusciti a fuggire dall'hotel, ma pare siano ancora bloccati in città, dove si sarebbe scatenata una vera e propria caccia all'uomo. Per liberare Gheddafi Jr, il governo ha spedito 1.500 uomini della sicurezza guidati dal generale Abdullah Senoussi. Il compito dell'ufficiale è quello di riportare sano e salvo a Triboli Saad.
INTERNET OSCURATO - Al Jazeera sostiene anche che, alla stregua di quanto accadde in Egitto, il regime avrebbe oscurato il segnale dell'emittente e anche il sito web. Secondo una società americana il web sarebbe stato paralizzato in tutto il Paese.
TUNISIA, BEN ALI MORTO? - Sulla Tunisia, teatro delle prime proteste che poi si sono estese a macchia d'olio in tutto il Maghreb e fino al Medio Oriente, è arrivata la voce che l'ex presidente, Zine al-Abidine Ali, sarebbe morto in un ospedale di Gedda, in Arabia Saudita. Sarebbero già in corso negoziati per la sepoltura in Tunisia. La voce è stata riferita da molteplici fonti, non ancora verificate, che circolano sul web. Ben Ali, da due giorni in coma, era fuggito all'estero lo scorso 14 gennaio dopo che la rivolta popolare aveva messo fine ai suoi 23 anni di potere nel Paese nordafricano.

 
 
 

YEMEN: UNO STUDENTE UCCISO A SANAA

Post n°942 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da ponte.mammolo

Ancora scontri e vittime nel nono giorno di proteste in Yemen. Nella mattinata di sabato uno studente è stato ucciso negli scontri tra i manifestanti anti-regime e la polizia, vicino al campus universitario di Sanaa. Almeno cinque i feriti.
VENERDI' - Sono invece morte quattro persone durante gli scontri di venerdì, in cui centinaia di persone hanno protestato nelle maggiori città del paese. Oltre che nella capitale Sanaa, le proteste si sono scatenate anche ad Aden e  Taiz, la seconda città più grande del Paese. La richiesta dei manifestanti sono le dimissioni presidente Ali Abdullah Saleh, alleato degli Stati Uniti e al potere da 32 anni. Un appello pubblicato sui social network Facebook e Twitter chiede agli yemeniti di unirsi a diverse rivolte di "un milione di persone" nel "venerdì della rabbia" in tutte le città dello Yemen.
BAHREIN - Nel Paese, la coalizione Wefaq, il principale gruppo di opposizione sciita, ha posto una condizione non negoziabile: "Il governo dovrà rassegnare le dimissioni e ritirare i soldati dalle strade di Manama": Viene così respinta l'offerta di dialogo avanzata da re Hamad, riferisce l'emittente Bbc. Negli scontri di venerdì i feriti sono stati almento 50: gli scontri sono scoppiati durante i funerali dei 4 manifestanti uccisi nei giorni precedenti.
GRAN PREMIO - Il primo Gran Premio della stagione 2011 dovrebbe tenersi il 13 marzo proprio in Bahrein. Attualmente non ci sarebbero le condizioni di sicurezza per disputare la gara, che potrebbe saltare e non essere recuperata. Venerdì sera, il patron del circus della Formula 1, Bernie Ecclestone, si è detto "più ottimista" sulla possibilità di disputare il primo Gran Premio. "Spero che non dovremo modificare il calendario", ha chiosato Ecclestone.
ALGERIA - Anche nel centro di Algeri ci sono stati feriti e cariche della polizia. Circa 400 manifestanti hanno sfidato il divieto di manifestare nella capitale, raccogliendosi in piazza 1° maggio, luogo simbolo per l'opposizione. Secondo le testimonianze, le forze di sicurezza algerine cercano di impedire ai manifestanti di sostare. I passanti vengono picchiati, riferiscono dei testimoni. "Il dispositivo di sicurezza",  spiega il sito del quotidiano indipendente Al-Watan, "è presente in modo massiccio, molto più numeroso della settimana scorsa, ed ha di fatto chiuso quasi ermeticamente la piazza".
KUWAIT E OMAN- Le proteste sono dilagate anche in Kuwait. L'epicentro, una manifestazione a Jahra, a nordovest di Kuwait City, dove i feriti sarebbero una trentina e gli arrestati oltre 50. La protesta sarebbe stata alimentata dai beduini a cui non viene riconosciuta la nazionalità kuwaitiana. La protesta si espande a macchia d'olio e tocca anche l'Oman, dove si tengono cortei anti-governativi dove la richiesta è sempre la stessa: "Democrazia". I manifestanti vogliono anche "soldi e lavoro".

 
 
 

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