Creato da: Serj_Tankian il 07/01/2006
Lettere all'amico immaginario e altri racconti scontati

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La sfiga

Post n°2 pubblicato il 24 Aprile 2006 da Serj_Tankian

 

Pioveva a diritto in quel buio mattino di gennaio, la strada che passava davanti a casa era intasata da un serpente d'auto che ruggiva e bestemmiava al ritmo di marmitte fumanti. Non avevo l'ombrello, o meglio, l'avevo lasciato lontano un miglio nell'auto che dovevo andare a prendere. Coglione! La giornata volgeva decisamente al pessimo. Misi piede sul marciapiede con l'intenzione di scrollarmi di dosso la voglia di girare i tacchi. Un furgoncino passò in quel momento con grande fretta, infilò una bella buca e sollevò un muro d'acqua che m'inondò di rabbia. Pessimo andante. Avrei voluto rincorrere il colpevole ma ebbi solo la forza di insultarlo con un blando “quella puttana di tua zia”. Troppo poco per soddisfare la mia sete di sangue. Sarei stato capace di uccidere in quel momento, ma le persone che correvano sotto ombrelli ed impermeabili non sarebbero mai state dei bersagli soddisfacenti. Mentre li incrociavo, a testa bassa per ripararmi dalle sferzate di pioggia orizzontale, mi sembrava d'essere un ombra tra le ombre, anime dannate che si sfiorano senza incontrarsi mai. Che senso di desolazione avevo nel cuore. Il peso dell'acqua si faceva sentire sui miei vestiti, sulla mia pelle e sul mio morale senza soluzione di continuità. Cercavo di scrollarmi di dosso quel peso, ma non riuscivo neppure a vedere dove stavo andando, avevo gli occhiali zuppi e le lenti imbrattate. Dopo diversi passi, numerose riflessioni nefaste e parecchie anime incrociate, finalmente giunsi in vista della mia auto. Piccola scatolina, ancora di salvezza, riparo, speranza nostra amen. Mai stato tanto felice di poter mettere il culo nella mia secchio-mobile( come l'avevo ribattezzata) preferita. Misi le mani in tasca e come per incanto mi fulminò il ricordo delle chiavi appese al chiodo alla sinistra della porta di casa. Bestemmiai forte e ad alta voce, ero furente. L'anima dannata di mezz'età che transitava in quel momento mi guardò serenamente borbottando qualcosa riguardo la maleducazione. La fulminai con lo sguardo e le mostrai i denti come un cane farebbe con un gatto. Lei accelerò il passo e cambio marciapiede. Rimasi fermo per qualche istante ad osservare la beffa che mi rimaneva dinanzi. La pace sfiorata. Alzai bruscamente la testa e guardai il cielo. “ ah è così che la metti?” pensai rivolto a Dio e a tutto il cielo plumbeo, “non mi faccio fottere io!”, urlai. Con uno scatto fulminante iniziai la mia corsa verso casa, verso le chiavi, contro la maledetta giornataccia. Non avevo più fastidio della pioggia, la sfidavo, battagliavo con la sua violenza senza più chinare il capo ma le correvo contro a testa alta e col piglio di un guerriero. Superai la vecchia rompicoglioni con un balzo. Quasi le venne un colpo, quasi ne fui contento. E subito il portone, chiavi di casa, apri portone, sali le scale, apri porta, chiavi della macchina, chiudi porta, scendi le scale, e via di nuovo fuori. Non respiravo quasi più per l'affanno ma a quel punto avevo tutta la spinta del mondo. Le gambe giravano disinvolte tra i poveri dannati e le macchine in fila. Completamente zuppo mi destreggia vo deciso che avrei vinto quella stupida, piccola, insignificante, decisiva battaglia di tutti i giorni. Ero positivo, vincente, un idiota che correva nel temporale a testa altissima e col sorriso sulle labbra. Le anime dannate si affannavano a scansarsi dalla mia traiettoria. In un baleno ero di fronte al mio mezzo di locomozione. Avevo caldo nonostante la pioggia gelida. Infilai le chiavi nello sportello e girai. Si aprì senza fatica e mi infilai dentro. Le gocce di pioggia cadevano dai miei lunghi capelli in tutte le direzioni. Mi tolsi li giubbino e cercai un fazzoletto per pulire gli occhiali. Dopo essermi relativamente sistemato decisi che era ora di partire. Il lavoro mi aspettava e il mio ritardo sarebbe stato sempre e comunque notato. Accesi il quadro ed avviai, o meglio cercai di avviare, la mia vecchia auto. Lei in tutta risposta emise un verso strano simile al rantolio di uno gnu gravemente ferito che esprime il suo ultimo desiderio. Il motorino 'avviamento era fermo. Batteria scarica? Cinghia rotta? Sfiga totale? Comunque fosse la storia ero incastrato tra due auto in discesa e senza aiuto per spingere. Impantanato nella merda! Il furore divenne disperazione. “Che cazzo ti ho fatto di male brutto stronzo”, chiesi a Dio che dovrebbe esserci sempre, “ perché oggi devo perdere il lavoro? Il mio primo lavoro?”. Sapevo che non mi avrebbe risposto ma non sapevo più con chi prendermela. Rimasi cinque minuti in silenzio a fissare il parabrezza appannato mentre il suono ritmico delle gocce sul tettuccio si trasformava da una rumba ad un valzer. Dopo poco iniziai a sentire freddo. Scesi dall'auto con l'ombrello e mi avviai verso casa. Ero di nuovo dannato tra i dannati. La mia baldanza, la forza che mi faceva sfidare le forze della natura era stata distrutta dalla debolezza dell'elettromeccanica prodotte dall'uomo. Come dire che ci siamo fottuti con le nostre mani. Il mio passo strisciante si posò sul primo gradino delle scale prima che potessi accorgermi di essere arrivato a casa. Che sensazione di merda, sconfitto su tutti i fronti mi ritiravo. Ormai il mio ritardo ammontava ad un'oretta. Presto sarebbero state due. Mentre aprivo la porta ero completamente consapevole che non sarei andato a lavorare, che sarei stato licenziato e che dopotutto voleva dire che la sfiga oggi aveva vinto. Questa consapevolezza mi diede d'improvviso un senso di pace. La pace della sconfitta, la serenità della rinuncia. Mi infilai sotto la doccia deciso a dedicarmi una giornata di tutto relax e lusso. In fondo sarebbero state grame le prossime settimane. Per un operaio semplice ormai ci vogliono miracoli per trovare un lavoro. Mi sentivo stranamente bene e mentre mi mettevo l'accappatoio mi vedevo già sdraiato in poltrona con un bel panino e una sigarettina mentre vedevo E-Team in perfetto stile anni ottanta. E allora al diavolo la S.E.R.F. costruzioni. Oggi e la mia giornata, sfigata magari, ma sempre la mia giornata. Andai in cucina e mi preparai un panino super con tutto quello che avevo nel frigo. Presi una bottiglia di succo e mi accomodai in poltrona. Accesi la TV e inizio la sigla del telefilm. Poi si interruppe bruscamente ed apparve un giornalista: “Interrompiamo la programmazione per una notizia straordinaria”, e che cazzo la sfiga mi perseguita oggi, pensai, “ gravissimo incidente alla SERF costruzioni, la più grande azienda del centr'Italia, una esplosione ha coinvolto la gran parte della struttura incendiando tutta la zona circostante e sprigionando una enorme nube tossica. Dalle prime indiscrezioni pare non ci sia alcuna possibilità di sopravvissuti nel raggio di un chilometro dall'esplosione....”. Ero impietrito, gelato, salvo e fottutamente fortunato.

 
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