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LA CARICATURA DI DIO

Post n°7237 pubblicato il 10 Marzo 2013 da psicologiaforense

SI racconta che Nietzsche, aggirandosi ormai folle per Torino, si rivolgesse ai passanti dichiarando: "Sono Dio e ho fatto questa caricatura". Nel dire "questa", indicava se stesso.....

UNA MALATTIA DI NOME NIETZSCHE

“POC'ANZI sono passato vicino alla Mole Antonelliana, l'edificio più geniale che sia stato forse costruito - strano, esso non ha ancora un nome - per un assoluto impulso verso l'alto, - non ricorda nient'altro se non il mio Zarathustra. L'ho battezzata ''Ecce homo'' e l'ho circondata nel mio spirito con un immenso spazio libero”. Così scriveva Friedrich Nietzsche  che com'è noto, amava la «quieta e aristocratica» Torino, i suoi portici «spaziosi», le sue piazze «severe e solenni», le strade tagliate ad angolo retto che «sembrano correre direttamente alle Alpi»: ma in tanta severità e in tanta solennità quell'edificio incongruo e altissimo dev'essergli sembrato assolutamente straordinario. E affascinante. Quando Nietzsche arriva a Torino, nell'aprile del 1888, il cantiere della Mole è in piena attività. Il vecchio Antonelli (ha ormai novant'anni) non si muove più di casa, e la direzione dei lavori è affidata al figlio Costanzo. L'edificio è pressochè completato, perlomeno in altezza, ma i lavori di rifinitura sono ancora lunghi: per un'ironia del destino, finiranno soltanto nel settembre del 1900, un mese dopo la morte di Nietzsche a Weimar. Della Mole Nietzsche deve aver colto l'intrinseca follia. Antonelli la comincio' nel 1863, ma da almeno dieci anni ne coccolava in cuor suo il progetto: costruire l'edificio in muratura più alto del mondo. Nel corso degli anni, Antonelli non si curo' troppo della destinazione della Mole (prima sinagoga, poi museo nazionale): gli importava soltanto che crescesse ogni giorno di più. Sulla sua inutilità, non possono esserci dubbi: ed è facile immaginare il vecchio architetto che se la ride mentre la sua creatura sale verso il cielo. Nietzsche aveva colto la situazione, e ne era rimasto affascinato. Nel Crepuscolo degli idoli, scritto a Torino, osserva che l'architetto «deve rendere visibile l'orgoglio, la vittoria sulla gravità, la volontà di potenza»: aveva in mente la Mole. E un'eco della Mole si puo' cogliere anche quando Nietzsche scrive, nel pamphlet contro Wagner, che l'arte di cui c'è bisogno dev'essere «irridente, leggera, fuggitiva, divinamente indisturbata, divinamente ingegnosa, che come una pura fiamma avvampa entro un cielo sgombro di nubi». NIETZSCHE, che giunse a proclamare la cucina piemontese «la migliore del mondo», mangiava spesso al ristorante «Della Pace», in via Rossini, a due passi dal cantiere: dobbiamo immaginarcelo che cammina, un poco ricurvo, i baffoni spioventi, un soprabito marrone e un cappello a cencio, e improvvisamente alza gli occhi al cielo provando la meraviglia e l'entusiasmo di un bambino. Il piccolo NIETZSCHE, del resto, amava giocare con le costruzioni: in un breve abbozzo autobiografico del '59 ricorda che «ancora piccolissimo costruii una piccola cappella. Più tardi vennero splendidi templi con vari colonnati, alte torri con le scale a spirale e infine castelli». E che cos'è la Mole se non un castello che salendo diventa una torre?

 
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