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STERMINARLE O ADOTTARLE?

Post n°7382 pubblicato il 07 Maggio 2013 da psicologiaforense

Ha quasi 100 anni   la storia della NUTRIA o Castorino in Italia. E' un grosso roditore acquatico a metà tra un topo e un castoro, che, promosso come un metodo sicuro per fare fortuna vendendone la pelliccia, ha dato origine a molti allevamenti e relative fughe. Il risultato è che oggi fiumi e laghi del centro Italia fino a tutta la pianura Padana ospitano una popolazione forse più florida di quella che resiste in America latina, patria natia. E le nutrie sono ormai arrivate a Milano come  al Tevere e ai laghetti di Villa Pamphili, nel centro di Roma.....


VACCINO, ALIMENTAZIONE E MICROCHIP: IL "VADEMECUM" PER CHI ADOTTA UNA NUTRIA

Tante richieste arrivate alla Provincia di Treviso che sta preparando un documento che spiegherà alle famiglie come curare i roditori


I cittadini di Treviso vogliono farlo: sono pronti ad adottare una nutria fra quelle catturate dalla polizia provinciale e destinate all'abbattimento. Le richieste arrivate alla Provincia di Treviso sono molte, tant'è che l'Ente ha commissionato la realizzazione di un "vademecum" destinato ad accompagnare il percorso di adozione.   Il documento, in fase di elaborazione a cura dell'ufficio caccia, pesca e ambiente, spiega fra l'altro come accudire igienicamente l'animale, quali vaccinazioni praticare, che tipo di alimentazione fornirgli e in che modo procurarsi il chip da far inserire sottopelle da un veterinario, come avviene di norma per i cani. Impossibile da praticare, invece, secondo gli esperti provinciali, una efficace campagna di sterilizzazione, non per ragioni di costo ma per la difficoltà di catturare tutti gli esemplari, data la loro alta velocità di riproduzione.

 NOTA INTEGRATIVA

“IL NUTRIA O CASTORINO": è il titolo di un libretto del 1954 che celebra l'allevamento di questo simpatico animale da pelliccia. Sono passati gli anni, le promesse di facili guadagni del dopoguerra sono amarezze del passato e le pellicce per fortuna non si usano più. "Là nutria (tutti oggi la chiamano al femminile) però è ancora tra noi. Non più in gabbia, ma libera, grassa, sana e prolifica, vorace e numerosa. Un po' per colpa delle alluvioni, che hanno divelto gli allevamenti sugli argini, un po' per sbaglio, le nutrie sono scappate. Molte sono state messe in libertà, per quel buonismo tipico di certi allevatori, che quando vogliono disfarsi di animali esotici si sentono meno colpevoli se li restituiscono alla vita selvaggia. Tant'è che in Italia ci sono nutrie un po' dappertutto. Sono animali della stessa famiglia dei castori, e a vederli nuotare ispirano simpatia. Essendo un "rosicante", rode. Non lo fa solo per ingordigia, ma anche per necessità: in questo gruppo animale gli incisivi sono a crescita continua e quindi vanno limati continuamente, rosicchiando arbusti, canneti, cortecce e radici, di tutto un po'. L'incontro tra l'uomo bianco e la nutria sembra essere avvenuto nel sedicesimo secolo: i primi coloni spagnoli che risalirono il Rio della Plata, il Paranà e i loro affluenti, ne videro innumerevoli colonie specialmente nel territorio chiamato poi Entre Rios, tra i fiumi Paranà e Uruguay, zona ricca di laghi, di acquitrini e di foreste, habitat ideale di questo animale. I coloni lo chiamarono "nutria", con il nome spagnolo della lontra con cui lo scambiarono. Il nome è rimasto, al maschile o al femminile che sia. "Coypu" è il nome di casa, quello con cui lo chiamavano gli indigeni dell'America Latina, che è ricordato nel suffisso specifico, mentre il prefisso Myocastor sa un po' di topo e un po' di castoro, come è giusto che sia. All'inizio del secolo il miraggio della sua pelliccia lo porto' nel sud degli Stati Uniti, in molte nazioni Europee, nell'ex Unione Sovietica, in Medio Oriente, in Giappone e in Africa. In Italia i primi esemplari vennero importati nel 1928 sotto l'egida del Ministero di Agricoltura e Foreste e con l'assistenza tecnico-scientifica dell'Istituto Nazionale di coniglicoltura di Alessandria, oggi soppresso. La nutria ha un successo strepitoso per la sua plasticità e adattabilità, accompagnate dalla mancanza di predatori naturali, oltre che di virus, batteri e microrganismi specifici che la facciano ammalare, e che sono rimasti nella sua terra d'origine. In più si riproduce due volte l'anno senza difficoltà mettendo al mondo da sei a nove piccoli per volta, che, benedetti dalla natura, si trovano le mammelle della madre disposte quasi sul suo dorso, laterali, di modo che si possa poppare, nuotando di conserva, tenendo la testa fuori dall'acqua.

 
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