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« POST PUBBLICATO DA ARZA1SEMPRE DI VENERDI' NOTTE.... »

SEMPRE DI VENERDI' ...

Post n°244 pubblicato il 06 Luglio 2007 da psicologiaforense

ORRORE  TRA LE FORZE DELL'ORDINE...

ANTEFATTO, UNO BIANCA: La banda cominciò a compiere i suoi crimini dal 1987, dedicandosi nelle ore notturne alle rapine dei caselli autostradali lungo l'autostrada A14 per poi raggiungere il mare per festeggiare consumando la colazione. Il primo colpo messo a segno dalla banda fu la rapina al casello di Pesaro, consumata a bordo di una Fiat Regata. Dapprima il nucleo era composto da tre uomini. Nel 1988 la banda decise di utilizzare come mezzo una Fiat Uno bianca, in quanto era un'autovettura che si forzava facilmente e per accenderla era sufficiente una tessera telefonica. Da allora le loro imprese criminali si identificano come quelle compiute dagli uomini della Uno bianca. Si trattava di personaggi piuttosto efficienti e privi di scrupoli, che non sembravano prediligere un particolare obiettivo, dedicandosi bensì a rapinare banche, caselli autostradali, supermercati, pompe di benzina, ecc. I loro attacchi furono molto cruenti e spesso pieni di morti e feriti. Tra essi qualche testimone oculare, come nel caso di Primo Zecchi, assassinato il 6 ottobre 1990 perché stava annotando il numero di targa della macchina dei criminali. Ciò che emerse immediatamente all'occhio degli inquirenti è la totale assenza di scrupoli di questi individui, che dimostravano di padroneggiare le armi, di agire con precisione e di saper uccidere senza tentennamenti. I colpi messi a segno, in genere nell'area compresa tra Pesaro, Rimini e Bologna, non frutteranno mai grosse cifre. In cerca di armi rapinarono l'armeria in via Volturno di Bologna, sparando al dipendente e alla titolare del negozio. Dopo l'omicidio Roberto Savi andò in servizio in Questura, quando giunse la segnalazione dell'accaduto si portò sul posto in divisa assieme agli altri colleghi della volante. I criminali si evidenziarono inoltre per vere e proprie azioni punitive senza nessun fine di lucro. Il 23 dicembre 1990 assaltarono un campo nomadi alla periferia di Bologna, spararono verso le roulotte una pioggia di colpi per vari minuti, lasciando a terra 2 morti. Il 18 agosto 1991 uccisero due immigrati senegalesi dopo averli seguiti a bordo della loro auto. Durante il processo i fratelli Savi non si definirono razzisti ma giustificarono queste azioni come necessarie per liberare la società da parassiti inutili. I Savi a seguito di una rapina non riuscita ad un ufficio postale, punirono il direttore della filiale uccidendolo a sangue freddo sul portone mentre rientrava nella propria abitazione. Numerose furono le vittime appartenenti alle forze dell'ordine, tra cui una pattuglia dei Carabinieri, in normale servizio di perlustrazione del territorio (Castel Maggiore, 20 aprile 1988). Rimasero uccisi due militari: Cataldo Stasi e Umberto Erriu.
La strage del Pilastro : Il 4 gennaio 1991 intorno alle 22, presso il quartiere Pilastro di Bologna, una pattuglia dell'Arma dei Carabinieri cadde sotto le pallottole del gruppo criminale. La banda si trovava in quel luogo per caso, essendo diretta a San Lazzaro, in cerca di un'auto da rubare. All'altezza delle Torri, in via Casini, l'auto della banda fu sorpassata dalla pattuglia dall'Arma. La manovra fu interpretata dai criminali come un tentativo di registrare i numeri di targa e pertanto decisero di liquidare i carabinieri. Dopo averli affiancati, Roberto Savi esplose alcuni proiettili verso i militari, sul lato del conducente (Otello Stefanini). Nonostante le ferite gravi subite, il militare cercò di fuggire, ma andò a sbattere contro dei cassonetti della spazzatura. In breve tempo l'auto dei Carabinieri fu investita da una pioggia di proiettili. Gli altri due militari, Andrea Moneta e Mauro Mitilini, riuscirono a lasciare l'abitacolo ed a rispondere al fuoco, ferendo tra l'altro Roberto Savi. La potenza delle armi utilizzate dalla banda però non lasciava speranze ed entrambi i militari dell'Arma rimasero sull'asfalto. I tre carabinieri furono finiti con un colpo alla nuca. Il gruppo criminale si impossessò anche del foglio di servizio della pattuglia e si dileguò, aiutato dalla fitta nebbia della notte. La Uno bianca coinvolta nel massacro fu abbandonata poche centinaia di metri più in là ed incendiata; uno dei sedili era sporco del sangue di Roberto Savi rimasto lievemente ferito all'addome durante il conflitto a fuoco. Il fatto di sangue fu subito rivendicato dal gruppo terroristico "Falange armata". Tale rivendicazione fu però ritenuta inattendibile, in quanto giunta dopo il comunicato dei mass media. La strage rimase impunita per circa quattro anni. Gli inquirenti seguirono delle piste sbagliate, che li portarono quasi ad incriminare quattro soggetti estranei, di cui un camorrista. In seguito saranno gli stessi assassini a confessare il delitto durante il processo.

psicologiaforense                      ( segue con la cronaca di oggi............. )

 
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