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RIFLESSIONI, CULTURA, COSTUME E SOCIETA', POLITICA, LINGUAGGI,

Post n°2727 pubblicato il 28 Agosto 2009 da psicologiaforense

I LINGUAGGI ASTRUSI E FURBASTRI

"Nulla è più irricevibile dell'imperdibile
ineludibile".
Non s'impegnino i miei 25 lettori  nella decifrazione che non c'è: si tratta semplicemente dell'accostamento di tre termini, aggettivi qualificativi spiegherebbe l'antica maestra di scuola, ormai inevitabili nelle conversazioni correnti, nelle dichiarazioni solenni, negli annunci categorici che il linguaggio commercial-reclamistico sta mutuando da quello politico. Perché accade, che ci s'innamori d'una parola: come avveniva qualche tempo fa per il participio passato «coeso» estratto da un verbo difficile da trovare nel vocabolario.

Deve possedere tale capacità d'attrazione questo forbito esprimersi, da transitare subito dalla bocca dell'uomo politico a quella del cronista radiotelevisivo, illuminato da improvviso arricchimento discorsivo, quasi un salto con l'asta rispetto all'appiattimento del suo dire. In ogni modo sarà irricevibile un'assennatezza di parte avversaria: non potendosi negare la sua obiettiva validità, la si fa irricevibile a causa d'inghippi paventati o trascorsi. Vengono in mente le studiate mosse sulla scacchiera. Inoltre, il no assoluto è poi arduo da convertire nell'opposto, mentre ci possono essere eventualmente altri canali per essere ricevuti.

Ineludibile è a sua volta elegante neologismo  al posto di inevitabile: ma in esso fa capolino anche il significato di furbesco inganno, al pari d'uno scacco matto a cui è impossibile rispondere. Perciò pure qui occhieggiano scappatoie delle quali servirsi senza smentirsi.

 C'è poi l'imperdibile: che se non si pone attenzione nella scioltezza fonica, suona persino all'incontrario, simile a cosa che non si può prendere, imprendibile appunto: se nella soffice linea di confine sta la dotta sottigliezza dell'occasione che non si può perdere, ma nemmeno la si può acciuffare. Ecco perché i maghi della pubblicità, di scuola diplomatic-correctly, si sono messi in gara a servirsene per primi, così da incidere nel pensiero subliminale dell'ascoltatore, del lettore.

Peccato che, nonostante i meritevoli sforzi d'innovare nella ripetitività dei concetti, nella sostanza questi siano eternamente gli stessi. Tanto di spazio a uno, cronometro alla mano, tanto all'altro in maniera decrescente in base alla forza parlamentare dei rispettivi schieramenti. Nulla cambia rispetto a ieri, forse neppure quando sarà domani. Per fortuna sono in pensione da un bel po' l'obsoleto, la competitività, il nuovo soggetto sempre embrionale, il giustamente. Gli auguriamo un'imperdibile quiescenza.

 
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