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COMMEMORAZIONE PROF. GIUSEPPE FARA, LUTTO,
Post n°2943 pubblicato il 30 Settembre 2009 da psicologiaforense
COMMEMORAZIONE DEL PROF GIUSEPPE FARA CHE LASCIO AL MIO AMICO FRATERNO FERDINANDO CAMON: Temo che a Padova, dove oggi al Bo' si è reso l'estremo saluto al prof. Giuseppe Fara, non tutti conoscano la delicatezza, la sapienza, la tecnica freudianamente perfetta con cui il grande psicanalista lavorava. A me Fara fu consigliato da Cesare Musatti e devo dire che tra Fara e Musatti ho riscontrato un abisso. Da Musatti erano andati tanti amici illustri, scrittori fra i più grandi di questo tempo, Pasolini, Ottieri...: a mio modesto parere (ma mi dichiaro subito un profano), Musatti commetteva spesso gravi e letali errori. Fara mai. Musatti entrò in scontro aperto con Pasolini, quando Pasolini introdusse il problema della propria omosessualità. Non voleva parlarne, voleva condurre l'intera analisi tenendo fuori il massimo problema della sua esistenza. Assurdo. Ma era lui, lentamente, che doveva scoprire l'assurdità. L'avrebbe capita, e avrebbe affrontato il dramma. Invece Musatti aprì lo scontro: “Perchè non vuol parlarne?”, “Perchè è natura”, “Invece è cultura, ne parlerà comunque”. Pasolini entrò in un'angoscia insostenibile, e non si presentò più. E' mia opinione che da quel momento cominciò a morire, il suo corpo massacrato sul lido di Ostia è il punto terminale di una retta che comincia lì. Ottieri è il perfetto esempio di "analisi interminabile": uno va in analisi, si trova bene, ma se smette sta male, e allora continua per tutta la vita. Ottieri non smise mai. Beveva. Musatti mi raccontava che la moglie (l'unica persona a cui Pasolini abbia scritto una lettera sincera e drammatica sulla propria omosessualità) nascondeva le bottiglie di alcol e allora Ottieri beveva le boccette di profumi. In seduta con Musatti, sentivo queste confidenze come una letale infrazione delle regole: uno psicanalista che rivela la psicanalisi altrui è peggio di un confessore che rivela le confessioni degli altri. Musatti stava lontano da Padova, oltre duecento chilometri. I viaggi mi stancavano. Quegli errori mi allarmavano. Cercammo qualcuno più vicino. Musatti mi consigliò Fara. Nella guida del transfert, quanto Musatti era pasticcione, tanto Fara era geniale. Non sbagliava un gesto, una parola, una correzione, un intervento. Un silenzio. E' il protagonista assoluto del mio romanzo “La malattia chiamata uomo”. Nelle lingue in cui il libro veniva tradotto, controllavo che fossero esatte le frasi che si riferivano lui, a me davo minore importanza. Dove veniva recitato in teatro (Francia, Spagna, Argentina), controllavo i gesti, i movimenti, le pause di lui. La piece è stata anche filmata, da un grande regista francese, Claude Miller. A Parigi, ha fatto teatro pieno tutte le sere, per quattro anni. Nelle sedute, capitava che raccontassi un sogno, senza capire niente. Minuti di silenzio totale, pensavo che lui fosse andato via. Poi la sua poltrona scricchiolava, lui si chinava in avanti, e sussurrava due-tre parole. Come se, in un tunnel buio, uno accendesse un fiammifero. Vedi qualcosa, poi un po' alla volta gli occhi s'adattano, finchè vedi tutto. Uscivo dal tunnel. Se uscivo da un'uscita sbagliata, lui sostituiva una parola, e io tornavo indietro. L'analisi è una tecnica con cui dici di te quel che non sai, sbagliare è facile ma è anche comodo, se non sai è perchè hai interesse a non sapere; non sapendo stai meglio, sapere ti angoscia. Ma devi sapere, perchè il sapere ti libera. Fara era questo sapiente liberatore. Ho letto il diario di Fellini in analisi: Fellini ha fatto l'analisi con Ernst Bernhard, è un'analisi truccata, Fellini correggeva e nascondeva i punti scabrosi dei suoi sogni e Bernhard accettava queste coperture. Un'analisi-bluff. Quand'è morto Bernhard, Fellini è corso a salutarlo piangendo: “Mio vero, unico padre”. Doveva dire: “Mio complice”. Vero, unico padre è Fara, per coloro che han fatto l'analisi con lui. Era saggiamente crudele: “Ho tre cose da dire, una la tengo per ultima”, “Mi dica subito quella che vuol tenere per ultima”. L'analisi è la creazione di un Anti-Stato: nell' Anti-Stato sei libero di dire e rivelare cose che nella Stato è proibito anche solo pensare. Il paesaggio dell' Anti-Stato è un caos. Nel caos ti perdi. Specialmente se chi ti guida non sa leggere i segnali, non conosce gli incroci. A un incrocio sbagliò strada Pasolini, a un altro Ottieri ... Fara non gliel'avrebbe permesso.
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Inviato da: Nuvola_vola
il 09/01/2019 alle 19:15
Inviato da: moltiplicazeri
il 16/12/2018 alle 17:51
Inviato da: monellaccio19
il 01/11/2018 alle 07:57
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il 06/09/2018 alle 23:51
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il 24/04/2018 alle 10:49